Essere genitori ai tempi del Covid-19: la sfida continua!

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La quarantena sta andando avanti ormai da due mesi ed è probabile che non ne usciremo né tanto presto né così facilmente, non solo dall’isolamento, dalla pandemia, ma anche da tutto ciò che questa avrà lasciato e preso dentro di noi e intorno a noi.

In questa fase non ci viene più chiesto di adattarci ai cambiamenti causati dal Covid-19, ma di resistere, di sostenere il loro perdurare.

Reggere cambiamenti imprevisti, stravolgenti, non desiderati è molto faticoso, dal momento che comportano soprattutto privazioni – di libertà, di spazio, di autonomia, di scelta, di rapporti, di contatti – e impongono ad ogni genitore di vivere costantemente in modalità multi-tasking: ci si occupa di smart working, ma anche di home schooling, house-keeping, baby-sitting

Tutto questo, convivendo con uno stato emotivo che lascia via via meno spazio alla speranza, all’ottimismo e sempre di più alla preoccupazione, alla tristezza, alla rabbia.

Naturalmente anche i bambini, nonostante la loro resilienza, prodigiosa capacità di adattarsi a tutte le situazioni, anche fortemente critiche, stanno risentendo di questa situazione, per cui è comprensibile aspettarsi da loro delle regressioni, se si mostrano più irritabili, richiedenti di attenzioni, presenza e rassicurazioni, meno disponibili ad accettare regole, compiti.

Essere genitori in questo periodo sta diventando una sfida sempre più impegnativa. E’ possibile che in casa aumentino tensioni e che si inneschino più facilmente conflitti e che il genitore perda la pazienza.

Come possiamo continuare a prenderci cura del rapporto con i nostri figli? Come continuare a garantire che il loro percorso educativo e di crescita possa proseguire in modo costruttivo anche in questo periodo così stressante?

Ecco di seguito tre spunti per prevenire e gestire le situazioni sfidanti con i nostri figli, quelle che possono attivare in noi risposte rabbiose e non funzionali a mantenere un ambiente sereno.

ACCOGLIERE LE EMOZIONI CHE PROVIAMO

Non ha senso giudicare le nostre emozioni, neanche quelle che ci piacciono di meno, come la rabbia nei confronti dei nostri figli. Ciò che proviamo non dipende da un atto di volontà – per cui se mi impegno posso non arrabbiarmi più – ma da una reazione automatica, e quindi non controllabile, in risposta a qualcosa che accade fuori o dentro di noi.

Restando sulla rabbia, sappiamo che ciò che la fa attivare può cambiare da persona a persona; proviamo a fare degli esempi: il pensiero della “rispostaccia” ricevuta ieri dalla figlia (stimolo interno) oppure la vista di un figlio che spintona il fratello più piccolo, nonostante i nostri ripetuti inviti a fermarsi (stimolo esterno).

Non possiamo imporci di non sentirci come ci sentiamo, e non ha senso colpevolizzarsi, ritenendo di essere cattivi genitori o di non amare abbastanza i propri figli.

Non possiamo neanche pretendere che loro non facciano mai nulla che ci generi rabbia, perché neanche questo è possibile.

Ciò che invece è realizzabile è riconoscere e accogliere il fatto che possiamo arrabbiarci. Già solo questo può ridimensionare la pressione interna ed è una valida strategia preventiva, per mitigare il rischio di esplosioni d’ira.

ESSERE AUTENTICI CON I PROPRI FIGLI

Ci sono tante risorse che i bambini possiedono, possono esercitare o sviluppare per confrontarsi con il mondo in cui vivono e con le persone che hanno accanto. E’ importante che un genitore riconosca queste loro capacità e potenzialità, perché può essere di grande aiuto per fronteggiare le dinamiche del vivere insieme.

Fare finta di non provare rabbia, fare in modo che non se ne accorgano, o negare se ce lo chiedono è una modalità inefficace; è importante piuttosto rendere la nostra rabbia una preziosa occasione di educazione emotiva e trovare il modo e le parole, adeguati all’età, per condividere autenticamente come ci si sente e magari il bisogno di allontanarsi e stare soli per un certo tempo.

Dichiarare che un comportamento può essere sopportabile fino ad un certo punto e poi non più, perché genera reazioni spiacevoli e che quindi si ha necessità di prenderne le distanze, può aiutare nello sviluppo dell’empatia e della modulazione del comportamento del bambino. Evita inoltre la sfuriata rivendicativa, in preda alla quale ci alziamo improvvisamente e ce ne andiamo, che lascia in noi malessere e sensi di colpa e priva i nostri figli di un buon esempio per crescere.

RECUPERARE LA SERENITÀ

I bambini hanno bisogno e diritto di essere protetti da tutti quei comportamenti degli adulti per loro dannosi e a rischio di compromettere la loro crescita sana e il loro benessere psico-fisico. Questo accade se si adotta uno stile educativo sistematicamente autoritario e punitivo.

Ciò che accade più spesso invece, e la situazione che viviamo attualmente mette tuti i genitori più a rischio, è che a volte si ceda ad una sfuriata, ad un volume di voce più alto, ad un tono indispettito, nonostante si cerchi abitualmente di evitarlo, usando tutte le strategie possibili per decomprimere la rabbia quando arriva.

In queste situazioni è importante allora trovare la propria modalità per prenderci cura di quanto accaduto, a posteriori, insieme ai nostri figli, dialogando, partendo magari dal proprio diritto di essere imperfetti, rileggendo quanto accaduto e recuperando un contatto sereno.

Stiamo nel mezzo di una camminata in salita e allora, prendendo in prestito le buone regole del trekking, incoraggiamoci ad andare avanti, cercando con tenacia di trovare il passo che va bene per noi e mantenerlo, cercando di regolarizzare il respiro per evitare di restare senza fiato e, quando sentiamo la stanchezza, invece di puntare i piedi e bloccarsi a mezza via, magari rallentiamo o facciamo piccole soste rigeneranti e prendiamo dallo zaino qualcosa che rimetta in corpo energia per proseguire.

Articolo a cura di Pamela Scarozza, psicologa psicoterapeuta, e sperta di Child Safeguarding, Cooperativa sociale E.D.I. Onlus

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