Gli orfani di femminicidio vanno tutelati, anche dai media. Inaccettabile l’intervista a Parolisi.

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Ogni volta che sentiamo notizia di un femminicidio, dobbiamo ricordarci che, quasi sempre, in una tale tragedia sono coinvolti anche dei minori, i così detti orfani speciali, figli e figlie delle vittime, che oltre a perdere una madre, perdono anche un padre violento.

Ieri sera nel programma Chi l’ha Visto è andata in onda un’intervista a Salvatore Parolisi, condannato in via definitiva per l’uccisione della moglie Melania Rea nel 2015, dopo tre gradi di giudizio.  L’intervista, dove tutto si gioca nel racconto di tradimenti, mancate relazioni sessuali, “diritti del maschio” nei confronti della femmina e dove l’intervistato si racconta come una vittima,  non tiene minimamente conto della possibilità che anche la minore coinvolta in questa vicenda (la figlia) possa vedere l’ intervista. La pubblicazione di questo contenuto che oggi imperversa sui social media, non rispetta in alcun modo il dolore della famiglia alimentando invece la visione machista e malata per cui sono le donne uccise ad essere in qualche modo responsabili di ciò che è successo

Per queste ragioni Fedele Salvatore, coordinatore del progetto Respiro,  ha scritto oggi alla conduttrice del programma, Federica Sciarelli “Ogni giorno ci confrontiamo col dolore e la solitudine dei bambini e ragazzi rimasti orfani e proviamo a supportare loro e i loro “caregivers” in una vita ormai segnata dalla tragedia. Le scrivo di getto e “di pancia” per esprimerLe la nostra indignazione per la trasmissione dell’intervista a Salvatore Parolisi di ieri sera. Io non ho seguito la trasmissione, ma stamattina ho ampiamente ascoltato l’intervista, che ormai impazza sui social (era questo il fine dell’intervista?).
Ripeto, qual era l’intento dell’intervista?
Come è possibile che una giornalista del suo spessore e della sua professionalità permetta che vada in onda un’intervista intrisa del peggior maschilismo, dove non viene pronunciata dal Parolisi neanche una parola di pentimento, dove tutto si gioca nel racconto di tradimenti, mancate relazioni sessuali, “diritti del maschio” nei confronti della femmina, dove l’intervistato si racconta come una vittima?
Come è possibile che non si sia pensato che queste immagini e queste parole sarebbero state viste da una ragazza (figlia) ormai grande e da familiari, che stanno facendo ancora grande fatica ad elaborare un lutto così devastante? Perché si dà tanta voce e parola ad uno che racconta e si racconta solo come uno “sciupafemmene”?
Ancora una volta lo strapotere degli “adulti” crea danni ad un’infanzia alla quale non viene riconosciuto nessun diritto. Il punto di vista dei bambini e delle bambine non viene tenuto in nessun conto quando tragedie di questo tipo segnano un’intera esistenza e tutto viene dato in pasto al peggior sciacallaggio mediatico e dei social.
Gli orfani dei femminicidi e dei crimini domestici non si meritano tutto ciò. E noi faremo di tutto per tutelarli, proteggerli, curarli in questa società che continua ad essere totalmente adultocentrica”.

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