“Tesoro ti dico di no”: le regole sono come un abbraccio

di

di Valentina Arena e Silvia Fabbretti
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Perché per un genitore è difficile dire dei “no” ai bambini? Perché l’affetto spinge a desiderare di vederli sempre sereni e appagati nei loro bisogni.  Ma se un adulto non si assume la responsabilità di dire dei no, non riuscirà ad instaurare un rapporto educativo con i bambini che si affidano a lui, e dunque non li aiuterà a crescere.

“Tesoro ti dico di no!” è una frase che sintetizza questa apparente contraddizione – che tale non è – tra affetto e autorevolezza. Ed è il titolo di un percorso in due incontri organizzati, all’interno del progetto Radici di Comunità, dall’Associazione Centro Ricerche sulla Famiglia e dall’I.C. “Artemisia Gentileschi” (via dei Glicini 60 – Plesso “Cecconi”), un grande ed attivo istituto scolastiche che si trova nella zona di Centocelle, a Roma: il 21 e il 28 marzo genitori, insegnanti e operatori del territorio avranno la possibilità di incontrare due psicologhe, Valentina Arena e Silvia Fabbretti, per parlare di “regole e limiti che aiutano i bambini a diventare grandi”.

 

PRIMO INCONTRO: le regole sono un abbraccio. La parola “regole” porta con sé, normalmente, un’idea di rigidità e costrizione. Ma quando si parla di bambini occorre sottolineare che la regola è qualcosa di più profondo, che trova le sue radici nei bisogni primari.

Per un bambino, che si affaccia alla vita, le regole sono infatti la cornice di riferimento, che insegna quello che si può e quello che si deve, che fa conoscere i valori e i limiti dell’esistenza. Nella crescita del bambino, il limite svolge diverse importanti funzioni, in primo luogo quella di contenimento. Si può infatti paragonare la regola a una casa, a una strada o addirittura a un abbraccio: cioè a qualcosa che contiene e rassicura. Il ruolo del genitore quindi è quello di segnare una cornice di riferimento, uno spazio ben delimitato entro cui il bambino è libero di muoversi con sicurezza e serenità.

Il limite svolge una funzione molto importante anche nel processo di individuazione di sé. Inizialmente il bimbo è un tutt’uno con la figura di riferimento, che soddisfa ogni suo bisogno ed allevia ogni sua frustrazione, come il senso di fame, sete, sonno, calore… Il fatto di percepirsi come un individuo distinto dalle persone che si prendono cura di lui è una conquista progressiva, che passa anche attraverso la scoperta dei limiti. Sentirsi dire di “no” e – imparare a sua volta a dire di no – è infatti per lui un modo di comunicare di essere un essere distinto, separato.

Riconoscere e sviluppare la padronanza dei propri sentimenti, desideri ed impulsi richiede una certa competenza. Sta all’adulto affiancarsi al bambino nel favorirne un contenimento all’interno di limiti tollerabili e gestibili, non troppo disorganizzanti e travolgenti. Il genitore che dice sempre sì, pensando di risparmiare al figlio una sofferenza, in realtà lo priva dell’opportunità di sviluppare degli strumenti per far fronte alla frustrazione e alle avversità.

 

SECONDO INCONTRO: fare i conti con le aspettative. Nel secondo incontro il focus si sposterà sulla scuola: un mondo fatto di regole e limiti, ma anche di affetti, aspettative ed emozioni, che investono il bambino e la sua famiglia. Il bambino passa dalle regole della casa a quelle della scuola – e non sempre i due sistemi combaciano. Passa dall’avere su di sé tutte le attenzioni dei genitori a doverle condividere con il gruppo dei pari. Entra in un mondo dove in primo piano c’è l’apprendimento e dove deve rivolgere le sue energie ad un’attività specifica. Come gestirà tutto ciò? Quale il ruolo della famiglia e quale quello degli insegnanti? Come trovare il giusto equilibrio tra la  ricerca di autonomia dei bambini e il loro bisogno di dipendenza? Proveremo a riflettere insieme su questi e altri importanti interrogativi.

 

Gli incontri si propongono non di impartire ricette su come si fa a dire di no, ma di aiutare il gruppo a riflettere su di sé e sulla propria famiglia, in relazione alla capacità di dare dei limiti. Non può esistere una soluzione univoca nell’educazione dei bambini: quello che conta è che ciascuno trovi ed utilizzi le proprie modalità e i propri strumenti per guidare il bambino, dandogli dei confini entro i quali sentirsi al sicuro.

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