Insegnare italiano alle donne straniere, perché partecipino alla vita dei figli
di cemeadelmezzogiorno
di Elisa Elia
_________
A partire dallo scorso aprile una delle azioni di Focus-Casa dei Diritti Sociali, all’interno del progetto Radici di comunità, ha iniziato un laboratorio per insegnare italiano alle donne straniere nel quartiere Centocelle di Roma. Si è lavorato con 30 donne, provenienti da Bangladesh, Marocco, Egitto e Pakistan. Per due volte a settimana si sono recate nell’Istituto comprensivo Artemisia Gentileschi, partecipando al corso di livello A1 o a quello di livello A2.
PERCHÈ L’ITALIANO ALLE DONNE STRANIERE. Perché si è deciso di rivolgersi a sole donne? Tutto è nato dalla necessità di rendere i genitori dei bambini, che frequentano l’istituto, più partecipi della vita scolastica (e non solo) dei loro figli, cosa resa difficile dal fatto molte e molti di loro non parlano la lingua italiana. Un modo, insomma, per contrastare la povertà educativa da più punti di vista: quello del bambino stesso, ma anche quello dei genitori, come fattore di mutua crescita e scambio.
In particolare, ci si è rivolti a sole donne in quanto più soggette a restrizioni familiari, essendo potenzialmente difficoltoso per loro prendere parte ad una lezione di italiano all’interno di un gruppo misto, fatto di uomini e donne. Per questo, in contemporanea alle lezioni, era previsto un servizio di baby-sitting per i figli e le figlie da 0 a 3 anni.
NUOVE RELAZIONI. All’interno di questa cornice, gli insegnanti sono riusciti a creare un rapporto fiduciario con le donne partecipanti alla lezione di italiano, costruitosi lentamente nel tempo. Ugualmente, fra le donne del corso si è instaurato un rapporto di sostegno reciproco, all’interno del quale le più ricettive scambiano le proprie idee e conoscenze all’interno del gruppo.
«Non è un elemento da poco che loro vengano a lezione due volte a settimana e che riescano a mantenere, almeno alcune di loro, questa continuità», spiega Marco, uno dei volontari del servizio civile che affianca una docente nel corso. «Alcune di loro certamente sono più motivate e per questo sono più costanti e apprendono meglio: all’interno di un gruppo è normale che succeda, ma comunque sono tutte partecipi, lo possiamo vedere dalla loro attenzione durante la lezione.»
Marco, Miriam, Federica e Paolo si dedicano alla parte riguardante l’insegnamento e si confrontano di volta in volta con le donne in classe. «Abbiamo notato anche che molto dipende dalla comunità a cui appartengono», spiega ancora Marco. «Le donne bangladesi sono tendenzialmente più schive, timide, mentre con le marocchine c’è più apertura: sono state loro a portare dolci tradizionali all’inizio e alla fine del Ramadan, condividendolo con noi e con la classe.»
Ti potrebbe interessare
Un Comitato Locale Integrato per costruire comunità educante
di cemeadelmezzogiorno
Si chiamano Nuova Latina e Nascosa, ma sono meglio conosciuti come Q4 e Q5. Sono due quartieri di Latina, popolati di...
Latina. Con il “patto di territorio” si può cambiare la comunità
di cemeadelmezzogiorno
Gaeta, 17 Luglio 2021. Presso la Sala Conferenze dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale nel Castello Angioino, si è svolto l’incontro...
A ROMA, UNO SPORTELLO TELEFONICO PER NUTRIRE LA SPERANZA
di cemeadelmezzogiorno
Cari genitori, cari insegnanti, viviamo un momento di grande incertezza, ci sentiamo sospesi e impotenti, abbiamo bisogno di mantenere le nostre certezze...