Fuori mi annoio? Lezioni di sguardo nuovo
di natiperleggere
“La scuola rappresenta l’ultimo, purtroppo sempre l’ultimo, ma il più importante baluardo per rimanere comunità e costruire socialità“. Ne è convinta Laura Malavasi, pedagogista, formatrice, scrittrice che rappresenta una voce autorevole per una riflessione attorno al tema della progettualità educativa, specie in questa fase di profondo cambiamento e di incertezza.
Attraverso la sua voce e la sua capacità di trasmettere i propri saperi e al tempo stesso tirar fuori, quasi maieuticamente, le potenzialità di ascolto degli educatori e delle educatrici, la Malavasi prova a tracciare un possibile percorso per interpretare questo tempo. A partire dalle parole. Le soppesa, le cura, ne seleziona alcune e ne tralascia altre. Una ricerca che è già essa stessa lezione e formazione. Nel lavoro aperto indica già una strada, ma come è possibile nell’attuale situazione sanitaria, fare del cambiamento una leva educativa?
“E’ una questione che pone il tema della significazione e intenzionalità in chiave di progettualità – afferma la pedagogista – gli scenari attuali ci fanno porre domande. Una è relativa a che tipo di progettualità potrò costruire in considerazione della situazione attuale che è ovviamente molto diversa rispetto a quella precedente. Però voglio porre l’attenzione sulla parola differente: è un termine che prende posizione e cerca di considerare aspetti diversi e in parte nuovi, ma non necessariamente va inteso con un’accezione negativa. Voglio dire che è possibile ripartire; ciascuno dalla propria eredità culturale, quella che ci siamo costruiti nel tempo e che ciascuno ha scritto nella propria storia personale per costruire un innesto per idee sperimentali. Non tutto è perduto. Guardare indietro con gli occhi della nostalgia e della malinconia non ci aiuta. Ci viene richiesto nel tempo odierno un atteggiamento di grande responsabilità. Ma non siamo nella condizione di abdicare ad una dimensione di progettualità. Voglio dire che è possibile costruire contesti buoni per la relazione e l’apprendimento che si fondano sulla storia di ognuno di noi ma che trovano nuove forme e nuovi strumenti. E’ un’opportunità per confrontarci e costruire nuovi scenari. Scrivere nuovi testi e avere la voglia, lo sguardo e l’intenzionalità e la competenza per nuove scritture“.
Dello sguardo verso un “altrove”, verso il “fuori” e dell’importanza dell’educazione naturale la Malavasi ha fatto teoria. E ha in un testo operativo e affascinante dal titolo “Fuori mi annoio” raccolto gli strumenti utili per tradurre lo stupore dello sguardo dei bambini in mappe, schede, cartoline. Il titolo è una provocazione bella e buona. Bella perché ribalta ciò che ciascuno di noi pensa dell’esterno, buona perché stimola la voglia di approfondire. Il fuori è la dimensione della scoperta, del confine oltrepassato, di una dimensione sensoriale nuova, capace di parlare senza il linguaggio e quindi inclusiva.
E’ l’adulto che non riesce a “rinchiudere” tutto quel mondo in una categoria e a leggerlo con i propri schematismi…annoiandosi. “Fuori mi annoio nasce anni dopo “L’educazione naturale nei servizi e nelle scuole dell’infanzia” e tiene traccia del lavoro costruito in dialogo formativo con scuole dell’infanzia e nidi – racconta la Malavasi – Lo scopo è stato provare ad accompagnare alcune riflessioni che costruiscono il perimetro attorno al tema “quale tipo di conoscenza possiamo offrire ai bambini” con la natura e il territorio. Volevo dare strumenti di lavoro operativi per gli adulti e così dentro “fuori mi annoio” sono presenti materiali differenti per rigore e metodologia per far sì che l’adulto possa allenarsi ad avere cura del proprio sguardo che più diventa preciso e fa pulizia di ciò che sta intorno più riesce a cogliere storie di ricerca, di scoperta che permettono di re-interrogare la didattica quotidiana che progettiamo.
La grande domanda è: ‘Che cosa pensiamo ancora di poter dire su di un tema che negli ultimi anni è stato molto presente nelle ricerche e nelle scuole, ma che rischia di essere di tendenza, e quindi fragile. Una patinatura che fatica ad andare ad innestarsi nelle didattiche e nelle pratiche quotidiane dove si costruiscono apprendimenti e conoscenze. Abbiamo la necessità di uscire e armarci di volontà, desiderio e perseveranza per abbattere quei luoghi comuni e frasi fatte che hanno una loro legittimità, dal “non abbiamo tempo per stare fuori” “dobbiamo seguire un programma” “come verifico le competenze” per poi ammettere che fuori a volte gli adulti si annoiano”.
(le immagini sono tratte dal profilo Instagram di Laura Malavasi)
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