Il diritto alla paura

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In questo tempo sospeso e di emergenza, possiamo avere paura, i bambini possono sentire la nostra paura, possono provare paure diverse dalle nostre. Questo avviene anche nella vita senza emergenze.

 

La paura è un’emozione primordiale e indispensabile per la sopravvivenza della specie e l’evoluzione dell’essere umano, ci permette di difenderci dai pericoli e di sperimentare il coraggio. Come tutte le emozioni, produce dentro di noi una reazione fisiologica che guida i nostri comportamenti. Per gli adulti è importante conoscere come funziona il meccanismo fisiologico della paura per evitare che la stessa attivi meccanismi di pensiero negativi. Per i bambini è importante che la paura possa esprimersi, costituisce una preparazione psicologica e intellettuale necessaria ad affrontare situazioni stressanti e pericolose. Se superata rafforza la stima in se stessi.

Le paure dei bambini

Non sono paure piccole, ma sono proporzionali alla loro età e alla loro percezione del mondo, ed è importante che non vengano sminuite dallo sguardo dell’adulto. Si possono esprimere in modi diversi, ad esempio, rifiutando di fare ciò di cui si ha timore, verbalizzando la paura stessa, oppure manifestando sintomi fisici come mal di pancia, mal di testa. A volte, le paure sono nascoste dietro alcuni comportamenti quali: enuresi notturna, difficoltà alimentari, mancanza di curiosità, passività ed eccesso di adattabilità, impazienza e irritabilità, eccessivo attaccamento alle figure adulte.

Una forma primaria di paura

Presente fin dal primo anno di vita, è quella relativa alla perdita dello stretto rapporto con i genitori, rapporto veicolato dal contatto fisico (tatto, voce, odore). L’indipendenza e l’autonomia passano attraverso le inevitabili e progressive separazioni: dall’unità con i genitori alla permanenza al nido, all’ingresso alla materna e così via.  Le paure legate alla separazione si ripresenteranno più volte nel corso dello sviluppo, specialmente nelle fasi di transizione, di passaggio, le cosiddette “crisi di sviluppo”. Paradossalmente, in questo periodo in cui siamo tutti a casa vicini, la suddetta paura potrebbe manifestarsi per la mancanza di separazione, che può minare l’indipendenza e l’autonomia dei bambini e la sicurezza in loro stessi. Potrebbero emergere timori condizionati dalla relazione con i genitori, collegabili a diversi tipi di atteggiamento, quali per esempio: un atteggiamento di disinteresse da parte degli adulti, disinteresse che crea nei bambini sensazioni di solitudine e vuoto emotivo; un atteggiamento educativo permissivo, che il bambino può vivere come indifferenza; uno stile educativo basato su minacce e punizioni, con particolare ricorso alla minaccia di non voler più bene; un’aspettativa esagerata sul piano intellettivo che può lasciare inappagate le necessità affettive del bambino; uno stile educativo iperprotettivo che non riconosce autonomia al bambino, lo rende dipendente e limita il suo sviluppo.

Jotakà

Di fronte a comportamenti di paura cosa possiamo fare?

Possiamo cercare un contatto attraverso il tatto, la voce, l’odore, a casa ci si può ancora abbracciare, tenere per mano, stare seduti vicini. Possiamo inventarci storie, filastrocche e ninna nanne contro la paura. Possiamo raccontare storie di quando eravamo piccoli, mostrare foto della nostra famiglia. Possiamo prenderci un tempo e uno spazio per giocare assieme con ciò che piace ai nostri bambini, proponendo loro anche ciò che ci piaceva fare quando eravamo piccoli. Offrire sempre uno spazio e un tempo per il gioco autonomo, in base all’età dei bambini, ai loro interessi e alle disponibilità di spazio. Si possono organizzare angoli a loro uso esclusivo, ben vengano tane, fortini, tende e rifugi. Ripensare le nostre case come luoghi di vita, sfruttando le porzioni di luce che filtrano da tende e finestre, la luce è vita e può offrire forti sensazioni di benessere (per esempio, spostare il tavolo dove si mangia di fronte alla finestra). Non sottovalutare le domande dei bambini, offrire loro ascolto, non fornire subito risposte, possiamo ragionare con loro, offrire la nostra esperienza. Possiamo parlare del coronavirus quando loro ce lo propongono come argomento di discussione e dire ciò che sappiamo con parole semplici, dirette e coerenti con la realtà, accompagnando i bambini stessi attraverso i loro ragionamenti. Si può disegnare con loro, quando a loro interessa farlo, per raccontare e raccontarsi. I bambini, come tutti gli esseri umani, sono predisposti all’empatia e attrezzati per rispecchiare e per condividere emozioni e intenzioni. Possiamo considerarli nostri compagni di viaggio e nostri alleati in questo “tempo Covid-19”, perché non sia un tempo perso ma un tempo ritrovato.

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