Shaken Baby Syndrome: la prima indagine italiana
di terredeshommes
E’ stata presentata a Roma il 21 settembre, la prima indagine in Italia sui bambini e bambine vittime di Shaken Baby Syndrome (SBS) o sindrome del bambino scosso. Lo studio è frutto della consolidata collaborazione tra la Fondazione Terre des Hommes e la Rete Ospedaliera per la Prevenzione del Maltrattamento all’Infanzia che la Fondazione ha creato e che, ad oggi, conta un gruppo di eccellenze ospedaliere in prima linea nell’intercettazione, diagnosi e cura del maltrattamento. La rilevazione, condotta nella primavera del 2023, ha preso in considerazione 47 casi di Shaken Baby Syndrome diagnosticati dagli ospedali partecipanti nell’arco di tempo dal 2018 al 2022.
“Questo studio è pionieristico per il nostro Paese, perché per la prima volta ci permette di raccontare la Shaken Baby Syndrome al grande pubblico e alle istituzioni facendo riferimento a dati reali e prassi che ogni giorno vengono adottate da chi è in prima linea nell’intercettarla negli ospedali italiani.” Afferma Federica Giannotta, Responsabile Advocacy e programmi Italia di Terre des Hommes
I dati raccolti
In 34 casi su 47 i neonati hanno meno di 6 mesi e per tutte le fasce di età identificate (da 0 a 2 anni) sono più frequenti vittime di genere maschile. Il 35% dei bambini e delle bambine risulta essere prematuro e con altre patologie, due fattori che aumentano il rischio di subire scuotimento.
Purtroppo, in 5 casi i gravi danni riportati hanno causato la morte dei lattanti, mentre in altri 25 casi a distanza di tempo si sono verificate gravi compromissioni del percorso evolutivo del bambino o della bambina.
L’accertamento fondamentale per rilevare sintomi da scuotimento è la risonanza magnetica, o la TAC, ma nel 40% dei casi tali esami sono stati fatti solo dopo 24 ore dall’ingresso in pronto soccorso, un ritardo che rende più difficile la diagnosi e quindi la corretta presa in carico della vittima.
Il contesto
Inoltre, frequentemente lo scuotimento avviene all’interno di un quadro di maltrattamento più ampio. Nella casistica presa in considerazione ben 29 casi su 47 presentano questa drammatica compresenza di diverse forme di maltrattamento.
1/3 dei casi rilevati era già stato in pronto soccorso o per altre patologie (21%) o per sintomi sospetti di scuotimento (15%). E si è accertato che 1/4 dei bambini e bambine arrivate in ps era già vittima di scuotimento.
L’indagine inoltre individua alcune caratteristiche delle famiglie di provenienza delle vittime, e nonostante la Shaken baby Syndrome non conosca barriere di tipo sociale, economico o culturale, i dati rilevano che la maggioranza dei nuclei famigliari coinvolti (33 su 47) presenta problematicità legate a marginalità sociale, violenza, dipendenza, delinquenza, patologia psichica (soprattutto depressione materna) o organica e spesso sono nuclei già noti all’Autorità Giudiziaria e presi in carico dalla rete dei Servizi Sociali.
Da ciò si deduce che parte fondamentale del percorso diagnostico è la collaborazione di Servizi Sociali e Autorità Giudiziaria per individuare e successivamente gestire fragilità famigliari, tali collaborazioni sono spesso presenti nei centri ospedalieri specializzati su abuso e maltrattamento ma dovrebbero essere presenti anche nei Pronto Soccorsi.
Le raccomandazioni
Lo studio indica anche una serie di raccomandazioni per far fronte al fenomeno in modo coordinato ed efficace
- Ogni Regione disponga di almeno un Centro Ospedaliero pediatrico referente per il territorio con specifica struttura ed expertise in materia di maltrattamento infantile.
- In aggiunta al Centro ospedaliero di riferimento regionale, ogni grande ospedale pediatrico disponga di equipe multidisciplinari e specializzate, dotazioni strumentali e facilities che permettano di formulare le opportune diagnosi di maltrattamento e attuare un pannello di diagnosi differenziale completo.
- Il maltrattamento all’infanzia sia previsto come materia di studio curriculare nella Facoltà di Medicina e Chirurgia onde garantire una preparazione di base degli aspiranti medici sul tema. Non è infatti sufficiente prevedere questa materia quale mero oggetto di studio nei percorsi facoltativi per i crediti universitari.
- La prevenzione del maltrattamento sia inserita nel Piano Nazionale di Prevenzione Sanitaria.
- Che per i casi di sospetto maltrattamento sia istituito un Codice specifico, sull’esperienza di altri già previsti per altre tipologie di violenza a danno delle donne.
- Che i Pronto Soccorso possano essere messi in rete, almeno a livello regionale, per poter identificare in tempo reale accessi sospetti di casi di maltrattamento, così da poter attivare una risposta diagnostica più mirata e tempestiva non solo per i casi di Shaken Baby Syndrome.
- La Rete Ospedaliera per la Prevenzione del Maltrattamento all’Infanzia sia riconosciuta dai policy makers quale stakeholder chiave nella definizione di politiche funzionali alla prevenzione del maltrattamento sui bambini e bambine, dal punto di vista medico e clinico.
LA RETE OSPEDALIERA PER LA PREVENZIONE DEL MALTRATTAMENTO ALL’INFANZIA
La Rete Ospedaliera per la Prevenzione del Maltrattamento all’Infanzia è composta da Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, Ospedale Vittore Buzzi di Milano, Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, Istituto Giannina Gaslini di Genova, Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer IRCCS di Firenze, Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Giovanni XXIII di Bari e l’Ospedale Santobono – A.O.R.N. Santobono-Pausilipon di Napoli.
L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio di: AGIA ( Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza), AOPI (Associazione Ospedali Pediatrici Italiani) SIMEUP (Società Italiana di Medicina di Emergenza ed Emergenza Pediatrica) SIP (Società Italiana di Pediatria) e CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche).
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