La metodologia NEST, la rete, la comunità educante, la creazione di un sistema integrato

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Nei quasi tre anni di lavoro del progetto Nest , uno dei cardini principali è stato il tentativo di estendere e rafforzare la rete di attori, pubblici e privati, presenti sul territorio. L’obiettivo era ed è quello di potenziare il sistema di servizi a disposizione delle famiglie intercettate nel tentativo di allargare non solo le possibilità di sostegno ma anche quello di mettere in campo una presa in carico realmente integrata frutto del lavoro di tutti, presa in carico sempre condivisa e co-costruita con le famiglie stesse.

Dopo un’attenta analisi dei bisogni espressi da parte degli utenti si è tentato di lavorare alla costruzione di piani individualizzati che tenessero dentro il maggior numero possibile di enti e servizi. La reale e concreta attivazione di un attore era poi la base per la costruzione di maggiori link e di nuove prese in carico. Ciò di cui ci siamo fin da subito resi conto era la difficoltà, più che nell’attivazione di servizi, nel mantenimento, nel tempo, di tali contatti. Anche in casi di grande complessità, infatti, capitava spesso che una volta attivato e reso effettivo il sostegno da parte dell’ente coinvolto, poi questo sostegno andava esaurendosi a meno che non vi era un nuovo intervento da parte del singolo operatore per sollecitare e riattivare. Nella gestione di ogni presa in carico sarebbe necessario che il case manager dell’intero processo fosse sempre individuato nell’ente pubblico presente (Asl, servizi sociali etc) anche se purtroppo la mole di lavoro a cui sono sottoposti gli attori pubblici e la scarsa flessibilità di molti servizi rende spesso impossibile o comunque altamente complicata la gestione del caso. Ci si è trovati, quindi, in situazioni di stallo nelle quali ci si rendeva conto che l’assenza del referente istituzionale finiva per bloccare o rendere estremamente farraginosi la maggior parte dei processi.

Questo ostacolo non ha bloccato il lavoro di un progetto come Nest anche se lo ha reso sicuramente più ostico.

Va inoltre tenuto conto del fatto che una parte centrale del lavoro che gli operatori del terzo settore fanno è quello di avvicinare le famiglie ai servizi pubblici, potenziando quanto è già presente sul territorio. Questo tipo di lavoro non è né scontato né semplice. Teniamo infatti conto delle resistenze che gli utenti hanno, della paura che molti servizi, come quelli sociali, incutono nelle famiglie. Quando poi si riesce a far comprendere all’utente l’importanza di un processo che solo il pubblico può rendere fruibile e proprio il pubblico fatica a rispondere, buona parte del lavoro di lenta e faticosa costruzione della rete rischia di perdersi.

Ciò che Nest ha costruito è, senz’altro, una metodologia di lavoro nella gestione dei casi di presa in carico integrata, metodologia che mette al centro la famiglia. Riteniamo sia fondamentale che la famiglia, soprattutto quella che vive una situazione di grave difficoltà, senta di essere parte attiva nel processo, senta che il patto di reciprocità che firma al momento della presa in carico non è soltanto un foglio tra i tanti ma è il cuore dell’intero ingranaggio. È in questo modo che il nucleo smette di essere fruitore passivo di una serie di servizi e diventa, quando possibile, parte attiva. È solo in questo modo che la rete può funzionare davvero, quando tutti gli attori territoriali iniziano a dialogare tra loro, comprendendo di essere ciascuno anello di una stessa catena.

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