NEST conclude positivamente il suo primo anno di attività e si racconta.
di Comunicazione NEST
Il 16 aprile 2018 partiva ufficialmente il progetto NEST (Nido_Educazione_Servizi_Territorio), un’iniziativa triennale di progettazione partecipata per il contrasto alla povertà educativa minorile promossa dall’Associazione Pianoterra, capofila di un partenariato nazionale comprendente 21 soggetti e selezionata dall’Impresa Sociale Con i bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile.
Oggi i territori che ospitano le azioni NEST stanno cambiando. Ce lo racconta Elisa Serangeli, coordinatrice nazionale del progetto NEST, dialogando con Debora Sanguinato, responsabile della comunicazione di progetto.
Domanda: Questo primo anno di progetto è stato estremamente sfidante per tutte le persone e gli enti coinvolti in NEST. Vogliamo tirare un primo bilancio?
Risposta: NEST è un progetto ambizioso e complesso che si svolge in quattro città italiane – Roma, Milano, Napoli e Bari – con l’obiettivo di creare un Hub educativo, un polo multisettoriale e interdisciplinare di sostegno alla genitorialità per le famiglie con bambini da zero a sei anni. Affinché le azioni siano integrate con le offerte dei territori, per rispondere ai bisogni espressi e inespressi delle famiglie è stato necessario un grande lavoro di rete, nonché un’accurata selezione dell’equipe di lavoro.
NEST è un progetto che accomuna 21 partner di diversa natura, ognuno dei quali svolge un ruolo importantissimo nel panorama progettuale. Ogni ente a sua volta coinvolge nel progetto del personale altamente specializzato e si fa promotore delle attività anche con altri enti che a livello territoriale interagiscono con NEST ma non ne sono formalmente partner. E’ una struttura a cerchi concentrici il cui nucleo – e mantra – è “servizi di qualità” e “ascolto del territorio”. Finora è stata una strategia vincente.
Gli Hub educativi di NEST si trovano in quartieri estremamente disagiati, in “periferie” sia se ubicate nel centro della città (Bari e Napoli) sia nel suo perimetro (Roma e Milano). Laddove interveniamo il tasso di vulnerabilità socio-economico è molto elevato e questo si riflette decisamente sulla qualità di vita di grandi e piccini.
La struttura dell’Hub educativo in questo primo anno ha funzionato abbastanza bene perché ha permesso di creare un legame con le famiglie e i bambini che vivono il quartiere. L’offerta di attività educative, socio-sanitarie e di sostegno al reddito hanno fatto comprendere alle famiglie che il nostro unico intento era quello di prestare servizi idonei ad individuare prima, e soddisfare poi, i loro bisogni. Si è creata così piano piano una relazione, che oggi possiamo definire di fiducia.
Adesso abbiamo comitati di quartiere che si stanno formando anche grazie all’attività di NEST. Negli Hub si respira un clima di apertura, interazione e comunanza tra famiglie migranti e non. Generalmente si registra un’attivazione da parte delle famiglie e del territorio più proattiva. Ancora non posso dire se questo trend sarà costante nel tempo, ma per il momento è il terreno fertile su cui dobbiamo seminare.
Domanda: Per rendere l’azione di NEST sostenibile è necessario il coinvolgimento degli attori territoriali, istituzioni locali comprese. Qual è stata la loro risposta?
Risposta: Tutti i partner che nelle quattro città di progetto implementano le azioni di NEST hanno lavorano fin da subito con lo scopo di attivare una rete territoriale efficace in grado di favorire la sostenibilità delle azioni nel tempo.
Attualmente abbiamo stipulato 2 protocolli di intesa con attori istituzionali, coinvolto 25 enti del terzo settore, 20 enti pubblici e 115 operatori. Molte delle famiglie che si sono rivolte a NEST sono giunte all’Hub principalmente tramite l’invio dei servizi sociali, dei consultori, dei centri antiviolenza e delle altre associazioni del terzo settore a dimostrazione del coinvolgimento attivo e sinergico degli attori locali. E’ un gran da fare, ma non ci scoraggiamo perché vuol dire che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.
Domanda: Il tema della povertà educativa è centrale nelle azioni di NEST. Come pensate di contrastarla?
Risposta: Una delle specificità di NEST è l’attenzione ad un intervento precoce, multidisciplinare e integrato di contrasto alla povertà educativa, orientato non soltanto ai bambini ma anche alle loro famiglie. In particolare la sfida del progetto è stata quella di focalizzare l’attenzione sull’intervento quanto più precoce possibile. Il fiore all’occhiello del nostro lavoro è il Servizio educativo e di custodia per i bambini da zero a tre anni (SEC) dove l’intervento non è solo dedicato al bambino, ma coinvolge attivamente i genitori. Sappiamo perfettamente che in questa fascia di età l’evoluzione del bambino è talmente delicata e veloce che, se accompagnata in maniera appropriata possiamo stimolare le sue capacità di resilienza e il sano sviluppo psico-fisico. Questo vuol offrire ad un bambino che vive in situazioni di forte vulnerabilità una tangibile opportunità per migliorare le sue condizioni di partenza.
Oltre al SEC abbiamo offerto alle famiglie diverse attività e servizi, tutti gratuiti, la cui partecipazione è stata superiore alle aspettative: 230 bambini hanno seguito le attività negli Hub (laboratori di musica e lettura, arte, percorsi ludici e ricreativi); 74 bambini tra 0 e 3 anni si sono iscritti al servizio educativo e di custodia (SEC); 283 genitori hanno partecipato agli incontri di rafforzamento delle competenze genitoriali gestiti da pediatri, ginecologhe, nutrizioniste, psicomotricisti, psicologhe. Abbiamo attivato 17 reti familiari e 31 percorsi individuali di empowerment e autonomia dei genitori. Questo significa che se si offrono delle opportunità educative, gratuite e di qualità, il successo è garantito.
Domanda: Relativamente al tema della comunità educante: come entra NEST in questo processo?
Risposta: NEST nasce con l’obiettivo di sviluppare un sistema educativo e di cura/accudimento delle famiglie e dei bambini in condizione di forte disagio socio-economico che si basa su 3 pilastri: educativo, sanitario e sociale.
E’ con questi presupposti che tutte le risorse umane coinvolte sono state formate e incentivate nell’assumere un ruolo educativo in armonia con la mission e le finalità del progetto. Gli Hub, in alcune città, sono ospitati da strutture pubbliche in raccordo e in rete con le autorità locali e gli altri enti e servizi (consultori, assessorati, scuole, terzo settore). Infine, l’intero nucleo familiare è coinvolto nelle attività e nelle iniziative e supportato nel suo ruolo genitoriale. Il protagonismo delle famiglie, l’assunzione di responsabilità degli operatori coinvolti, Il dialogo e la collaborazione tra gli interlocutori territoriali, hanno dunque permesso di costruire coalizioni miste e integrate capaci di trasformare i contesti educativi territoriali in comunità educanti.
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