CHI EDUCA CHI?

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Parliamo di comunità educante. Termine sempre più utilizzato, forse abusato, nei progetti legati ai giovani.

“…La scuola è una comunità educante di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno, con pari dignità e nella diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio, lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e il recupero delle situazioni di svantaggio” (art.3 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, CCNL Scuola)

Le interviste svolte da Elena Anconelli e Greta Nicodemi di Iress (ente valutatore del progetto MeltingPot) con insegnanti, educatori e membri di associazioni che costituiscono la comunità educante dell’azione DISPOSITIVI EDUCATIVI, hanno fatto emergere alcune trasversalità interessanti che rivedremo nel rapporto di valutazione a fine progetto.

C’è però un fil rouge tra le interviste svolte; il “concedere potere ai ragazzi” è un esercizio di modalità lavorative quotidiane che non possono essere legate solamente a progettualità – per definizione estemporanee. Il progetto ha un inizio e una fine, far partecipare realmente i ragazzi significa vedere la scuola come contesto da vivere e sperimentare in maniera attiva. E proprio alla domanda “Cosa si aspetta lei come insegnante/educatrice da questi percorsi di scuola aperta e partecipata?” nasce un ragionamento stimolante anche per future progettazioni.  Le azioni costituiscono però un punto di partenza per continuare a costruire quella comunità educante che per essere tale ha bisogno di una rivisitazione costante del proprio sguardo sul mondo giovanile. Allora “chi educa chi?”. Dal riposizionamento dello sguardo degli adulti nascono necessariamente delle modalità di lavoro più aderenti alle necessità dei giovani, dalle azioni di un progetto nascono nuovi pensieri condivisi sull’educare…l’azione mette in moto un pensiero in un’ottica di circolarità.

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