Le interviste di Libera il Futuro | parliamo con il Professor Marco Musella
di Arciragazzi Roma
Il progetto #liberailfuturo riprende il suo percorso di interviste con esperti del settore. Oggi intervistiamo il Professor Marco Musella, ordinario di economia politica all’Università Federico II di Napoli. Lo presentiamo in questa intervista realizzata dal responsabile della comunicazione del progetto Stefano Bernardini.
Chi è Marco Musella?
Il professor Marco Musella, ordinario di economia politica all’Università Federico II di Napoli e Presidente Iris Network – network italiano degli istituti di ricerca sull’impresa sociale.
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L’intervista
STEFANO BERNARDINI: Allora professor Musella, cosa si intende per povertà educativa? Come si manifesta?
PROF. MUSELLA: Secondo la mia visione che guarda all’ottica seniana, di Amartya Sen tramite cui comprendo una serie di fenomeni economici e sociali, la povertà è la mancanza di opportunità sempre. Nel caso di povertà educativa la intendo come carenza di opportunità di formazione, educazione, istruzione, coltivazione dei propri talenti e se parliamo di una povertà educativa di tipo minorile, allora ci riferiamo soprattutto ai giovani, ragazzi e bambini dato che tanti studi ci sottolineano quanto l’infanzia sia fondamentale per consolidare le proprie potenzialità. Bisogna che i bambini, i giovani amplino la fantasia, le conoscenze….
Secondo un’ottica, sempre seniana, si parla di capacità corrosive, nel senso che ci sono delle capacità, come quelle appena citate, che se non vengono coltivate già da piccoli corrodono la capacità di poterne sviluppare altre o di accrescere quelle che già si hanno nella vita.
La povertà educativa si manifesta nel rapporto con la scuola, nella dispersione, nella difficoltà di proseguire e seguire determinati percorsi scolastici. Si manifesta anche con una scarsa capacità di linguaggio, di esprimere i propri sentimenti ed emozioni, con una parziale possibilità di essere se stessi. Per esempio i bambini, tramite il loro linguaggio o altre forme di disagio, ci testimoniano tali difficoltà e carenze che poi diventeranno un problema quando affronteranno in futuro il mercato del lavoro, la vita familiare e sociale.
STEFANO BERNARDINI: A proposito delle famiglie. Quanta responsabilità hanno le famiglie, la scuola, i media nell’atteggiamento di questi ragazzi che tendono all’abbandono scolastico e hanno difficoltà dal punto di vista culturale e educativo?
PROF. MUSELLA: Le agenzie educative hanno tutte una grande responsabilità. I media, per esempio, oggi più di ieri sono fondamentali nella capacità di trasmettere qualcosa che non siano degli standard, dei messaggi sempre uguali i quali non offrono la possibilità di sviluppare una capacità critica dei ragazzi. Con le famiglie e la scuola si gioca una partita molto importante. Sappiamo però che oggi sono protagoniste di crisi profonde, difficoltà profonde sulle quali si spera che anche le politiche intervengano per facilitare le possibilità, sia delle famiglia ma anche delle scuole stesse, nel fornire i mezzi necessari ai ragazzi per sviluppare competenze.
STEFANO BERNARDINI: Che relazione c’è tra mancato sviluppo dei territori e divari educativi?
PROF. MUSELLA: Questa è una relazione importante anche dal punto di vista prettamente economico. Il capitale umano oggi è visto come un fattore di sviluppo importante. Il capitale umano è proprio la dotazione di abilità, capacità e competenze che le persone, entrando nel mercato del lavoro, esercitano al fine di essere produttivi e partecipare ai processi produttivi.
Allora è chiaro che quando noi vediamo divari educativi sappiamo che questi si tradurranno domani in percorsi di sviluppo diversi; chi è giù negli standard educativi, per raggiungere la capacità di trasmettere competenze e conoscenze, avrà più problemi di sviluppo. Come abbiamo detto sono meridionale, dunque se ragioniamo anche sull’emigrazione di “cervelli”, un fenomeno molto diffuso dalle mie parti, ci renderemo conto che spesso “i migliori” e dunque quelli con cui l’istruzione ha avuto successo, vanno via dal loro territorio e a loro volta i territori si privano di queste risorse. Questa è un’altra dimensione importante che conferma che i divari educativi tra i territori tendono a generare divari anche nei percorsi di sviluppo del territorio stesso.
STEFANO BERNARDINI: In che modo l’abbandono della scuola influisce sulla formazione dei cittadini del futuro? Quali soluzioni si possono adottare per aiutare ai giovani per contrastare la povertà educativa?
PROF. MUSELLA: L’abbandono scolastico purtroppo è cresciuto molto anche a causa della pandemia perché i divari di accesso agli strumenti tecnologici, i divari tra bambini poveri e meno poveri in termini di spazi in casa per poter seguire al meglio le lezioni a distanza, hanno colpito ancora una volta le problematiche relative alla povertà educativa, soprattutto in territori più fragili e disagiati. Contesti molto evidenti nel mezzoggiorno. Per esempio, qui a Napoli abbiamo avuto più di un contesto territoriale in cui il fenomeno della povertà educativa è cresciuto nel periodo della pandemia nonostante piani di intervento, da parte delle scuole stesse, che hanno provato a mettere in campo delle azioni che la contrastassero.
L’abbandono scolastico influenza molto il cittadino di domani e la qualità della sua partecipazione nella società. Un po’ perché ci sono gli aspetti culturali legati al miglior inserimento nel mercato del lavoro; un po’ perché, alla fine, i processi di socializzazione, lo sviluppo di reti di relazioni e conoscenze, giocano un ruolo di “controllo sociale” positivo, dato dal senso di appartenenza alla collettività. Tutto questo viene molto indebolito dall’abbandono scolastico.
Tante ricerche hanno provato a quantificare in termini economici quanto l’abbandono scolastico possa influire nel sostegno delle spese della collettività in merito ad atti vandalici provocati da persone deviate e con disagi o che sono coinvolti in circuiti penali.
In questo senso penso che anche economicamente, per le ragioni già citate, cioè sul nesso tra educazione e produttività; un buon inserimento; un buono sviluppo dei territori; anche per questo e per le ragioni connesse al disagio sociale e devianza, che cresce al crescere dell’abbandono scolastico, sono necessarie politiche di contrasto a tale fenomeno per una giustizia sociale e per una riduzione dei costi che si affrontano.
STEFANO BERNARDINI: Volevo infatti chiederle… I ragazzi non studiano più, non vogliono lavorare e allora cosa fanno? Come possiamo aiutarli?
PROF. MUSELLA: I ragazzi non è che non vogliono lavorare. Non ci sono opportunità di lavoro dignitose per loro. Dignitose nel senso anche di un lavoro faticoso o di una gavetta.
Io sono un grande critico della categoria dei NET riferita a ragazzi che non vogliono fare niente. Non è vero. Anche nei ceti popolari poco disposti a lavorare sono davvero pochi. Ci sono comunque spesso persone fragili, che dopo aver fatto esperienze negative, in qualche modo si ritirano dal trovare un’altra occupazione o dall’accettare lavori considerati “umilianti”. Io penso che la società in cui viviamo dovrebbe investire in modo diverso sul mercato del lavoro e soprattutto sull’accesso dei ragazzi al mercato del lavoro. Accompagnarli nel processo di inserimento nella collettività soprattutto perché fragili. In economia c’è una classificazione tra outsider e insider: gli outsider andrebbero aiutati, sostenuti e accompagnati nel mondo degli insider, una cerchia molto stretta a causa di tante dinamiche che viviamo nella nostra società.
STEFANO BERNARDINI: Spero che la nostra società possa creare delle possibilità per favorire l’ingresso degli outsider tra gli insider, ma non solo nel mercato del lavoro anche nei percorsi di studi e dunque favorire un maggiore orientamento.
PROF. MUSELLA: Spesso i giovani non hanno reale consapevolezza delle loro qualità. Orientare, far comprendere e far conoscere le proprie potenzialità è un lavoro che andrebbe consolidato molto se vogliamo sostenere i ragazzi sempre più. Ci sono tante cose che si potrebbero fare, che si fanno poco e spesso male.
STEFANO BERNARDINI: Grazie della sua disponibilità. Mi auguro di poterla incontrare a Roma al prossimo festival del progetto #liberailfuturo. Presto la sua intervista sarà sui nostri canali. A presto!
PROF. MUSELLA: Grazie.
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