#civediamodacasa

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#Iorestoacasa ha tanti significati: responsabilità civica, paura, necessità, sicurezza, imposizione, casa, distanza.
Pensandoci bene (?), dopo i primi giorni di spaesamento, umano e progettuale, sono proprio le ultime due parole che ci hanno caricato pensando a come fare con i nostri ragazzi: chissà come stanno a casa, come facciamo a sentirci vicini, a farci sentire vicini?
Il gruppo Whatsapp – ci siamo dati il nome Kepler family, come lo scorso luglio ci chiamavamo al termine del laboratorio Radio web – parte così, spontaneamente, dalla voglia di risentirci insieme, di sapere come stanno, di vederli.

Con il collega Stefano ci siamo mossi e, superati i primi doverosi passaggi di verifica burocratica con la scuola, abbiamo iniziato a chiamare i genitori ?, per condividere l’idea di farci sentire vicini ai loro figli usando nuovi strumenti, creando nuove situazioni di incontro e relazione.

In questi primi dieci giorni di “ri-connessione” ci siamo chiamati, ci scriviamo, ci siamo visti ?… anche se qualcuno, chissà perché, ha qualche timore a mostrarsi in video: non c’è che dire, per alcuni si ricomincia? cercando di trovare la parola, la modalità migliore perché siano più sciolti possibile, non rispondano a monosillabi, non si sentano in imbarazzo. È successo anche che qualcuno ci abbia dato del “lei” ?

Il Laboratorio educativo e di studio pomeridiano, promosso nell’ambito del progetto Kepler 5-14, nuovi sistemi educativi per generazioni competenti si sta ricostruendo su nuove condizioni. In queste righe sento che è importante non tanto parlare di piattaforme e strumenti, per cui si sta ragionando e si cercano soluzioni efficaci, anche dagli altri, più bravi e smart di noi (di imparare non si finisce mai). La cosa su cui sento importante scrivere per condividere è un’altra: #iorestoacasa ci ha fatto entrare nelle case dei ragazzi, come mai avremmo potuto fare, non lo avevamo neanche mai pensato, #iorestoacasa ci unisce nella nuova relazione #civediamodacasa ??‍♂️?‍♀️

E in questi giorni con Stefano abbiamo attraversato diverse stanze, abbiamo visto diversi soffitti, loro ancora con la maglia del pigiama, appena svegliati sul divano, alle prese con problemi del computer per riuscire a mandare i compiti ai professori. Dare loro una mano per svolgere le lezioni di geometria diventa un’acrobazia, parlare e ragionare su come risolvere una questione informatica insieme al ragazzo e a sua mamma?‍?, ricevere una vagonata di foto e audio tutte in un colpo da chi non aveva ancora mai scritto in chat.
COVID-19 ci ha messo nelle condizioni di vedere e sentire il loro spazio, le loro confort zone o le loro difficoltà in presa diretta. La modalità #civediamodacasa ci ha fatto vedere i cani dell’educatore, Stefano, che sanno fare “i morti” a comando ?,  ha fatto vedere la collina dietro casa mia o sentire la voce dei miei figli che entrano in studio all’improvviso?‍?‍?

La modalità #civediamodacasa ci ha permesso di vedere e sentire i nostri ragazzi in modo diverso, un po’ più vicino, un po’ più in versione famiglia, connettendoci in modo diverso anche con la loro mamma, sorella o papà, con le loro voci, le loro preoccupazioni, le loro premure, le loro fatiche.
Non c’è che dire: #civediamodacasa ci sta facendo crescere come educatori.

Andrea Conficoni, educatore, La Esse

L’intervento è stato pubblicato su animazionesociale.it 

 

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