Che rabbia!

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Tutti noi conosciamo la rabbia, un’emozione intensa che si scatena in seguito alla percezione di un pericolo che porta a difenderci, generalmente attaccando. A farci arrabbiare non è solo una minaccia fisica, ma molto spesso situazioni in cui percepiamo di essere stati trattati in modo ingiusto o sgarbato, di essere stati umiliati oppure di essere stati frenati nei tentativi di raggiungere qualcosa di importante per noi. La rabbia ci prende con una sensazione di calore, di accelerazione del battito cardiaco, con tremore alle mani, tensione muscolare, una sensazione di caldo alla testa e voglia di urlare, di imprecare o di colpire qualcuno o qualcosa.

Siamo portati a pensare che la rabbia sia negativa,ed in effetti non ci fa stare proprio bene, ma ci prepara ad agire, a superare quell’ostacolo, ad affermare i nostri valori e a far valere i nostri diritti. La rabbia può essere di grande utilità se ci aiuta a proteggerci e a raggiungere ciò di cui abbiamo bisogno.

Lo stesso vale per la rabbia dei bambini. Le sue espressioni più tipiche durante l’infanzia, come pianto, calci, urla, morsi, sono fenomeni del tutto normali e fanno parte delle tappe di crescita fondamentali dei piccoli. Il bambino deve sentirsi libero di poterla esprimere, per poi poter acquisire con il tempo le strategie corrette per poterla controllare al meglio.

La possibilità di esprimere la rabbia in maniera più controllata dipende dalla maturazione di alcuni meccanismi del cervello, che permettono di valutare le esperienze e posticipare lo scarico della tensione. Finché non si sviluppano, il bambino ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a regolare le sue emozioni, che gli faccia vedere come fare, che stia con lui nei momenti in cui compaiono. Mentre l’adulto lo aiuta in questo processo di regolazione, il bambino impara a fare altrettanto. Ricordiamo che in generale i bambini imparano da ciò che vedono, per imitazione degli altri e in particolare degli adulti di riferimento.

Fare i conti con la rabbia dei più piccoli richiede quindi, agli adulti, la capacità di comprendere questa emozione, di saperne scoprire il senso, di saperci stare insieme e di saperla esprimere al meglio. La propria storia, il modo in cui si è sperimentato la rabbia, le reazioni che questa ha avuto nel proprio ambiente possono incidere  molto sul modo in cui si sta a contatto con la rabbia dei figli. Quello che si pensa sulla rabbia (ad esempio che chi la prova è cattivo, o che bisogna reprimerla) e quello che questo sentimento in noi e negli altri può evocare (ci sentiamo sfidati, impotenti, in colpa)finisce per essere una guida, per lo più inconsapevole, al modo in cui approcciamo alla rabbia dei bambini. Se pensiamo che provarla sia sbagliato tenderemo a vergognarcene e a reprimerla,quindi potremo etichettare come cattivi i bambini che si arrabbiano lasciando passare il messaggio che in loro c’è qualcosa che non va. Quindi pensare a questi aspetti e rifletterci su, può aiutare ad essere maggiormente consapevoli di quello che sta accadendo e questo può darci una mano a scegliere in maniera libera quali comportamenti adottare.

Dobbiamo sapere che quando ci arrabbiamo nel nostro organismo vengono messi in circolo degli ormoni  che ci mantengono arrabbiati per circa mezz’ora. Per cui è difficile che ci si riesca a calmare subito. La rabbia ha bisogno di un tempo fisiologico per passare. Inoltre, come per tutte le emozioni, essa ha un inizio, uno sviluppo e una fine. Esistono però delle indicazioni di tipo più pratico che possono trovare una certa utilità nel far fronte alle manifestazioni di rabbia dei piccoli e aiutarli così a moderare lo stress e la tensione.

Sintonizzazione emotiva: il genitore può sintonizzarsi sullo stato  d’animo del bambino, rispondendo con un’appropriata mimica facciale e un giusto tono di voce. Questo non significa essere aggressivi e mostrare rabbia a propria volta, ma significa far vedere al bambino che  si percepisce la qualità e la forza di quello che sta provando.

Convalida dell’esperienza: il genitore deve offrire al bambino l’esperienza di una comprensione profonda dei suoi sentimenti e delle sue ragioni, evitando di sottovalutare, minimizzare o screditare.

Contenimento emotivo: il genitore può esercitare una funzione di contenimento della rabbia del bambino ad esempio abbracciandolo, parlandogli con una voce calma, proponendogli un comportamento alternativo. Il figlio in questo modo può percepire che può arrabbiarsi e poi calmarsi e questo come abbiamo  detto gli consentirà col tempo di imparerà a controllarsi.

Mantenere la calma: è importante che il genitore non si arrabbi a sua volta. La rabbia purtroppo non si spegne con altra rabbia. Può essere utile farsi aiutare dall’altro genitore o da qualcuno che abbia più pazienza. Oppure quando non si può contare sull’aiuto di qualcun’altro, una possibilità diversa è quella di allontanarsi momentaneamente e fare respiri profondi per riacquistare la calma.

Tutto questo risulta efficace ed utile se inserito in un contesto relazionale accogliente e rispettoso. A poco servono se con le nostre azioni e il nostro modo di porci comunichiamo messaggi di squalifica, di prepotenza, di diniego, di superiorità e di intolleranza. L’obiettivo più importante per un adulto è aiutare i bambini a sviluppare rispetto per se stessi e per gli altri; e per raggiungere questo risultato i bambini devono essere loro per primi oggetto di rispetto, ed essere considerati come persone di valore con cui instaurare un rapporto basato sulla considerazione e l’onestà.

E a voi quando succede di sentirvi arrabbiati? Come esprimete questa emozione? Cosa fate? E con la rabbia dei più piccoli che rapporto avete?

Potete scriverlo nei commenti e segnalarci anche eventuali tematiche di cui vorreste conoscere qualcosa in più. Saremo pronte ad ascoltarvi e ad accogliere le vostre condivisioni.

A cura della dott.ssa Mariaregina Liberti

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