La sfida della comunità educante nell’emergenza Covid

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La comunità educante nell’emergenza Covid

Parlare di comunità educante e prendersi cura della prima infanzia al tempo della pandemia. Questa è la novità di contesto in cui ha mosso i primi passi il progetto Ip Ip Urrà che dallo scorso autunno ha elaborato pratiche e azioni in questa lunga fase di distanziamento, chiusure e crisi della socialità per garantire la sicurezza sanitaria.

Dad e “prigionia” delle relazioni.

La copertura nazionale di questo progetto dalla provincia di Bergamo a Messina rappresenta la base di una opportunità per trovare insieme nuovi sbocchi e soluzioni per il territorio, per le famiglie e per i bambini. La cronaca ci racconta di un grande disagio che provano le chiusure, squillano campanelli di allarme sulla condizione stessa dei bimbi e anche delle vita domestica schiacciata da smart working, Dad e “prigionia” delle relazioni.

 

Le periferie.

In alcuni contesti come Scampia e quelli di altre periferie e quartieri in cui il progetto si anima, si aggiunge la questione sociale e abitativa che fa emergere un confine molto labile tra crisi culturale ed economica, partendo dai bisogni materiali a quelli affettivi. In questo senso diventa non rinviabile e fondamentale la costruzione delle pratiche della rete di comunità educante. Una rete che connetta le scuole, oggi in grande difficoltà, i territori, le famiglie, le realtà educative.

 

Le traiettorie della comunità educante di Ip Ip Urrà

La storia che Ip Ip Urrà progetto nazionale neo nascente sta scrivendo si articola intorno a 4 traiettorie. Ovvero:  Il gioco, la cultura del sospeso, i talenti dei grandi dei piccoli, i viaggi di comunità tra famiglie e operatori disseminati lungo lo stivale.

Giocare negli spazi informali, dentro e soprattutto fuori le mura di casa, sperimentando in luoghi non convenzionali l’incontro, l’aggancio e l’ingaggio di bambini, famiglie, adulti in particolari delle fasce vulnerabili. Il nostro obiettivo è poter raggiungere chi normalmente è fuori dai circuiti sociali e culturali, alimentando intrecci di pratiche pedagogiche capaci di scatenare nuove energie.

Le azioni sono connesse da un filo rosso provare a “fare le città” a misura di bambini, bambine e famiglie attraverso pratiche educative e rigenerative in grado di incontrare i bisogni di famiglie e bambini soprattutto in momento così delicato e di forte incertezza determinato da questa pandemia.

 

Il metodo pedagogico della ricerca azione.

Per questo la rete di azione nazionale seguendo la metodologia della ricerca azione partecipata in una modalità atletica e creativa. Lo sta facendo adeguandosi alle continue restrizioni. Provando ad essere una presenza di riferimento, stabile, presente e utile, attraverso incontri on-line rivolti agli adulti, alle famiglie e ai più piccoli. Ma correndo immediatamente in strada, nei cortili, nelle sedi, nei parchi e nei giardini  appena si allargano le maglie delle restrizioni.

 

Letture nei ballatoi dei palazzi, allestimenti di piccoli giardini per renderli accessibili e fruibili soprattutto per le mamme e i loro bimbi, gare di piatti tipici delle tradizioni e della storia degli adulti coinvolti, laboratori per i più piccoli. Ma anche pratiche del dono e del mutualismo. Queste sono solo alcune delle azioni realizzate in questi primi mesi.

 

Un momento questo non semplice. Neanche per gli educatori e le organizzazioni che stanno affrontando rivedendo le tante  cassette degli attrezzi e dedicando un tempo necessario al confronto in equipe allargata in cui si mettono al centro le criticità incontrate. Ma anche mutuando dalle reciproche esperienze le buone pratiche e le azioni positive in grado di apportare benefici e cambiamenti positivi percepibili.

Siamo solo all’inizio della sfida…

Siamo all’inizio della sfida che certo non avevamo immaginato così. Ma la affronteremo ricorrendo al meglio delle nostre esperienze forti del lavoro di comunità di pratiche che stiamo passo dopo passo mettendo in piedi.

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