Marianna Giordano, presidente CISMAI: “Tra sperimentazione e strutturazione per sostenere bambini/e e adolescenti”
di Artemisia
Il CISMAI, Coordinamento Italiano Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia, lavora da 30 anni per la prevenzione, il riconoscimento, la valutazione e la cura delle varie forme di maltrattamento a danno di bambine, bambini e adolescenti, per individuare e diffondere le procedure e gli strumenti di prevenzione, tutela, riparazione e sostegno più adeguati.
Un po’ laboratorio e un po’ osservatorio, il CISMAI riunisce 128 Centri e Servizi diffusi su tutto il territorio nazionale e 199 Soci/e individuali. Dal 2017 ha ottenuto il riconoscimento come Società Scientifica in ragione del lavoro svolto per definire e ottimizzare procedure e metodologie di intervento e assicurarne la diffusione.
Il 27 maggio scorso il CISMAI ha eletto il suo nuovo consiglio direttivo e scelto Marianna Giordano come presidente. Assistente sociale esperta, Giordano ha una lunghissima esperienza nell’organizzazione e gestione di servizi per l’infanzia e le famiglie, consulenza e formazione per enti pubblici e privati nazionali e regionali. Napoletana, collabora dal 1997 con il Consultorio Familiare della Fondazione Eos ed è socia fondatrice de L’Orsa Maggiore, cooperativa sociale di Napoli.
Marianna Giordano, quali sono le priorità del mondo del sostegno all’infanzia nelle situazioni di abuso e maltrattamento ?
È una domanda complessa quindi provo a mettere a fuoco alcuni punti che come Consiglio Direttivo del CISMAI vogliamo sviluppare in questo triennio, nella consapevolezza che il fenomeno della violenza è multiforme e richiede continuamente di coniugare apprendimenti scientifici, esperienze e competenze relazionali per incontrare in modo autentico le persone (bambine e adulte) e con loro costruire dei percorsi di prevenzione, protezione e cura.
Una scelta fondamentale è la prevenzione, ovvero il buon trattamento, i legami nutrienti, il sostegno precoce alla genitorialità, il supporto a operatrici e operatori, come dimensione essenziale sul piano politico e operativo per intervenire precocemente nella dimensione strutturale, culturale e relazionale che produce il multiforme maltrattamento.
Un’altra scelta prioritaria è l’impegno contro il maltrattamento istituzionale nel sistema di tutela, declinato anche come difesa ideologica e corporativa di modelli di intervento, posizioni di potere, alleanze che non mettono al centro il preminente interesse dei bambini e delle bambine e producono vittimizzazione secondaria. È un tema complesso che mette in discussione l’organizzazione dei servizi e la soggettività delle operatrici e degli operatori chiedendo di ri-centrarsi su un ascolto autentico delle persone e sulla co-costruzione di processi di intervento dedicati, personalizzati, flessibili, competenti.
Il mondo del sostegno all’infanzia sta cambiando, anche in virtù del ruolo svolto dall’impresa sociale Con i bambini, attiva dal 2016 per attuare i programmi del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile con il supporto di Acri, l’associazione delle Fondazioni di origine bancaria. Secondo il 28° Rapporto annuale dell’ACRI relativo al 2022 pubblicato il 21 luglio scorso, al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile va l’8,8% del totale delle erogazioni. Al 2022, dopo sette anni di attività, il Fondo tramite l’impresa sociale Con i Bambini, che è il soggetto attuatore individuato da ACRI e partecipato al 100% da Fondazione Con il Sud, ha assegnato contributi per circa 387 milioni di euro, sostenendo 616 iniziative con il coinvolgimento di 8.7000 tra organizzazioni pubbliche e private, raggiungendo più di 500.000 minorenni svantaggiati/e in tutto il paese.
Come legge questi risultati, alla luce dell’esperienza del CISMAI?
È senz’altro un punto di forza la destinazione specifica all’infanzia delle risorse, perché questo nel nostro Paese avviene raramente; tuttavia non possiamo non rilevare che anche in questo caso la cifra è percentualmente ridotta rispetto alla necessità di investire sulle bambine e i bambini per il loro ben-essere e per il futuro del Paese. Quasi sempre le politiche sociali sono orientate al sostegno alle famiglie, senza una attenzione specifica su bambine, bambini e adolescenti. Quella di Impresa Con i bambini è dunque una scelta importante, simbolica e sostanziale, visto che tutti i bandi per progetti emessi finora hanno sempre avuto come indicatore d’impatto il benessere dei/lle minorenni, anche quando si tratta di progetti per il sostegno alla genitorialità.
Si tratta però, non dimentichiamolo, di risorse messe in gioco e gestite dalle Fondazioni bancarie, e dunque occorre monitorare il rischio di una delega al privato della promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: la regia delle politiche sociali che riguardano i/le minorenni deve restare pubblica, anche per evitare il rischio di una frammentazione degli interventi e di alimentare le disuguaglianze territoriali.
Nel CISMAI sono rappresentati sia organismi pubblici, afferenti alle aziende socio-sanitarie, che organizzazioni del cosiddetto privato sociale: enti del terzo settore, associazioni, cooperative. La dialettica “pubblico-privato sociale” è essenziale nella presa in carico delle situazioni di abuso e maltrattamento sull’infanzia. Cosa fare per renderla ancora più efficace?
La dialettica pubblico-privato sociale è una risorsa, anzi preferirei dire la dialettica istituzioni-terzo settore. Il maltrattamento di bambine/i e donne è un problema di salute pubblica che richiede una risposta di valore pubblico, risposta che per essere efficace ha bisogno di una regia pubblica – a livello statale, regionale o locale – mentre i servizi possono/devono essere erogati insieme al Terzo settore organizzato nelle sue diverse articolazioni.
Il maltrattamento e l’abuso sono problemi complessi e articolati, e dunque non possono essere gestiti con un solo “codice” – che sia istituzionale o del privato sociale. Gli interventi del Terzo settore nella promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, e ancor più nella prevenzione e contrasto del multiforme maltrattamento, sono interventi pubblici nel senso che vanno a incidere sulla salute delle persone – che è un bene pubblico – e garantiscono quella tempestività, flessibilità, alto livello di specializzazione, continuità e intensità che spesso le istituzioni da sole non riescono ad offrire. A loro tocca però sempre la regia, il monitoraggio e la valutazione.
Impresa sociale Con I Bambini con Bandi come Ricucire i Sogni promuove proprio la costruzione e manutenzione della sinergia tra istituzioni e terzo settore. Il progetto DREAM stesso lavora su più dimensioni in questo senso: azioni di capacity building per costruire un linguaggio condiviso, attuale e competente nella comunità professionale; emersione delle domande di aiuto, in particolare di cura, attraverso il lavoro dei servizi istituzionali; e offerta di una risposta sul piano terapeutico attraverso il Terzo settore.
Il meccanismo dei bandi e dei progetti, utilizzato ampiamente anche dall’impresa sociale Con i bambini, è spesso contestato dalle organizzazioni del terzo settore, che lamentano la carenza di interventi strutturali e di lungo periodo. Cosa fare?
I bandi e i progetti servono a sperimentare. Da questo punto di vista sono una modalità d’intervento essenziale per rispondere alle innovazioni necessarie. Una volta fatta la sperimentazione, però occorre selezionare le buone pratiche e stabilizzarle, ovvero includerle nell’offerta ordinaria dei servizi. In altre parole, le buone pratiche devono essere assunte dalla politica, con finanziamenti stabili anche perché spesso si tratta di servizi indispensabili.
Il tema del tempo è comunque sempre cruciale negli interventi per la fuoriuscita dalla violenza di bambini/e ed adolescenti, così come delle donne: non sono necessarie solo azioni di emergenza per una protezione immediata, ma percorsi anche lunghi per riparare i danni e costruire un progetto di vita libero dalla violenza. Questo è stato compreso dall’Impresa sociale Con i bambini, i cui bandi prevedono interventi che in alcuni casi possono essere realizzati nell’arco di 4 anni. Ma non vale purtroppo ancora per la maggioranza dei soggetti – pubblici o privati – che usano lo strumento del bando.
Il tema fondamentale comunque è che le sperimentazioni positive degli interventi progettuali si traducano in indicazioni operative che devono diventare strutturali e tradursi in livelli essenziali delle prestazioni e servizi indispensabili.
Il CISMAI ha investito moltissime energie per trasformare l’esperienza sul campo in direttive e proposte metodologiche che possano rendere omogenei gli interventi a livello nazionale. A che punto siamo?
È vero, il CISMAI ha investito moltissimo per definire Linee di indirizzo che nascono dall’intreccio tra operatività e ricerca che costituisce da sempre il cuore pulsante dell’associazione e che ha permesso il suo accreditamento come Società scientifica. Ma perché le diverse Linee di indirizzo diventino patrimonio comune, non è sufficiente scriverle, occorre accompagnarne l’utilizzo. Senza la formazione degli operatori e delle operatrici, le Linee guida rischiano di restare sulla carta. Perché in un campo così complesso, dove agiscono operatori e operatrici che sono portatori di modelli d’intervento diversi in ragione dei diversi percorsi universitari e professionali, è necessaria una formazione continua per mediare l’utilizzo delle Linee guida nell’operatività quotidiana, e dunque nelle scelte professionali che ciascuno/a fa.
Infine occorre tener conto che viviamo in una società in continua evoluzione: anche le Linee guida vanno dunque costantemente aggiornate. Il CISMAI è già intervenuto aggiornando le Linee di indirizzo pubblicate all’inizio degli anni Duemila. I fenomeni si evolvono continuamente e questo implica necessariamente una riflessione sugli apprendimenti maturati, sulle acquisizioni scientifiche e sui necessari cambiamenti nell’operatività.
Il CISMAI ha contribuito al riconoscimento e allo studio delle forme più gravi e traumatizzanti di violenza a lungo negate, quali abusi sessuali, trascuratezze croniche, violenza assistita, abusi perpetrati attraverso la rete. Cosa occorre fare per rafforzare la prevenzione di questi fenomeni?
Una prevenzione efficace è possibile solo inserendola esplicitamente nell’infrastruttura sociale, ovvero individuando percorsi e risorse dedicate, come è per la protezione, la cura, la fuoriuscita dalla violenza. In Italia invece vediamo interventi a macchia di leopardo, essenzialmente di tipo progettuale, localizzati, che non riescono quasi mai a diventare approcci strutturali e generalizzati. Per quanto riguarda poi specificamente il maltrattamento e l’abuso sui minori, ci sono quattro tipologie di intervento che stanno dando, là dove sono adottate, risultati positivi e interessanti:
1. L’home visiting come proposto dal CISMAI, ovvero un intervento precoce di sostegno alla genitorialità resa vulnerabile dalle esperienze di maltrattamento e violenze vissute dai genitori, che poi si riverberano potenzialmente sul ruolo genitoriale. Questo intervento è previsto anche dall’OMS fin dal 2003 come una delle strategie prioritarie per la prevenzione del maltrattamento infantile. In Italia è realizzato essenzialmente con progettualità del Terzo settore, pur essendo previsto nel Piano nazionale per l’infanzia e dal Ministero della salute, ma senza finanziamenti specifici.
2. Gli interventi precoci con i bambini e le bambine. In Italia c’è il progetto I porcospini che dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di primo grado insegna a bambine/i e ragazze/i a essere assertivi, riconoscere i pericoli, e dunque riconoscere la violenza. Coinvolge studenti, genitori, personale docente e la sua efficacia – nelle scuole che aderiscono a tutto il ciclo – è documentata direttamente sulle bambine/i. Per ora però si tratta di una sperimentazione, che dovrebbe diventare intervento strutturale in tutto il sistema scolastico nazionale.
3. La formazione/supervisione costante a operatrici e operatori, perché i fenomeni si trasformano, e cambia anche il modo in cui sono riconosciuti e codificati. Il PNRR prevede delle risorse dedicate alla supervisione per assistenti sociali e operatori e operatrici dei servizi, dunque la strada è stata tracciata… Ora occorre percorrerla in maniera intelligente dedicando una attenzione specifica alla formazione sul riconoscimento precoce della violenza in tutte le sue forme e gli interventi di prevenzione e contrasto e la supervisione specialistica da parte di professionisti competenti sia sulla materia sia sui processi di rete altrettanto indispensabili per la buona riuscita degli interventi.
4. L’adozione di Child Safeguarding Policy. Occorre che tutti i servizi che intervengono con i/le minorenni si dotino di questo strumento che da indicazioni operative per intervenire nel caso in cui emergano situazioni di abuso o maltrattamento interne all’organizzazione o vissute in altri contesti. È uno strumento che chiede alle organizzazioni l’adozione di una serie di criteri nella selezione del personale, prevede la possibilità per le bambine e i bambini, oltre che per gli operatori, di segnalare i maltrattamenti, impone una formazione specifica e la costruzione di una rete di soggetti che possa supportare il processo di aiuto e protezione.
Ti potrebbe interessare
A proposito di credibilità dei racconti dei bambini abusati sessualmente
di Artemisia
Pubblichiamo l’interessante articolo a cura di Cristina Pessina, neuro psichiatra infantile e psicoterapeuta, uscito su Scambi di Prospettive, il blog della redazione...
Gli interventi di Home Visiting nel periodo perinatale
di Artemisia
Nell’ottica di valorizzare e favorire la promozione del benessere e la prevenzione di esperienze sfavorevoli infantili, grazie al Progetto DREAM abbiamo realizzato...
Child Safeguarding Policy: l’etica che tutela i/le minorenni. Conversazione con Rocco Briganti
di Artemisia
Se si cerca online la traduzione di “policy” la prima parola che viene proposta in italiano è “politica”. Seguono poi “linea di...