WOZAP E UNA SCUOLA POSSIBILE

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Sono le 20 e 15 e siamo a tavola. Vibra il cell. E’ Fatima che invia una foto di una espressione matematica. Poi un vocale: “Plof – Fatima è una quattordicenne pakistana arrivata in Italia meno di un anno fa e pronuncia la “erre” al modo dei giapponesi – ho fatto il compito ma mi vengono numeri tanto glandi. Può contlollare se sono giusti?”. Non ho il tempo di pensare alla risposta che arriva un altro wozap. Apro, è Sara una delle ragazze che frequentano il centro pomeridiano del Donmilani2 che manda anche lei un vocale.

È una canzone in inglese, senza base, registrata da lei nel pomeriggio. Conosco Sara da un paio d’anni ma non l’avevo mai sentita cantare, la sua voce è bellissima, ogni tanto mi sembra che perda il ritmo ma trattengo il fiato dall’emozione: quanta energia, quanta vita.

Quanto valore nascosto fino ad oggi… e mentre penso a come si potrebbe, si dovrebbe valorizzare questa dote naturale, riprendo il problema di Fatima. Rispondo: “Ho visto il tuo calcolo, bene, il risultato è esatto, non preoccuparti se viene un numero grande”. Il cibo a tavola nel frattempo si è raffreddato, lo metto nel microonde e così ho un minuto di tempo per condensare un pensiero.

Questa è la mia vita, diciamo anche il mio lavoro. E mi domando se è anche scuola, percorso formativo, per loro. È scuola. Io, noi vediamo questi ragazzi e queste ragazze crescere settimana dopo settimana. Arrancano, alcuni hanno pesi troppo grandi sulle spalle, che certo io non saprei portare. Fanno fatica a stare dentro agli schemi previsti dalle “nostre” programmazioni didattiche, non hanno la minima idea di chi sia Garibaldi, figurarsi imparare una poesia di Carducci. Fatima e Sara come tanti loro amici che frequentano il Centro Donmilani2 di Exodus non vanno per niente bene a scuola.

I loro tragitti di vita non sono stati tranquilli come quelli dei nostri figli e i loro genitori già tanto che riescono a tenere un lavoro e non ce la fanno a stare accanto a loro nei compiti. Ma Fatima e Sara hanno così tanta voglia e capacità da spaccare le montagne, se solo diamo loro la possibilità, ne abbiamo la dimostrazione ogni giorno. Ne hanno più di molti altri loro compagni che vanno bene a scuola. E allora mi domando se non sia possibile sperare in una scuola dove Fatima non sia presa di mira perché parla male e si veste peggio, oppure Sara possa avere qualcuno accanto che sappia rispettare almeno un poco i suoi tempi. Basta un poco perché poi lei ce la fa! Non penso a grandi rivoluzioni organizzative. Non so, magari queste verranno.

Ma a una semplice idea di scuola che rispetti chi non ce la fa a stare al passo, che sia capace di scovare e far sbocciare le poderose potenzialità nascoste nelle ragazze e nei ragazzi, senza pregiudizi, stando vicino, guardando negli occhi. Senza la smania di insegnare, anche in silenzio.

 

Bruna Dentella, educatrice Polo Exodus Gallarate 

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