TENERE VIVA LA FIAMMA DELLA LORO INTELLIGENZA
di Exodus
Maria, Educatrice del Progetto Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie nella locride, ci racconta la sfida di lavorare a distanza con i suoi ragazzi ai tempi del Coranavirus, perchè a tutti i loro “no”, noi saremo sempre pronti a rispondere con i nostri “sì”
«Bovalino Marina è un posticino meraviglioso della Calabria», racconta Maria, Educatrice del Progetto Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie, selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini – Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Qui vivono 8800 persone. Ma questo piccolo comune in provincia di Reggio Calabria è uno snodo centrale. Lo è soprattutto per i ragazzi dei comuni limitrofi: Bosco Sant’Ippolito, San Luca, Ardore Superiore, Locri. È possibile che questi comuni li abbiate già sentiti nominare: roccaforte della criminalità organizzata. Cuore della ‘ndrangheta. Eppure c’è dell’altro. Deve per forza e sempre esserci anche altro. Qualcosa da costruire poco alla volta per quei giovani che questi paesi li abitano, ci vivono e alcune volte “con-vivono”.
«Potrebbe essere», continua Maria, «un luogo paradisiaco, fatto di mare, campagna e montagna, profumi, belle tradizioni, fatto dalle persone con un grande cuore e con tanto talento. Ma non c’è lavoro, la criminalità è prepotente e dopo l’emergenza Coronavirus i poveri sono ancora più poveri, i disperati sempre più disperati. Ma non è giusto che i ragazzi che abitano questi luoghi perdano quel pezzo di speranza verso il futuro che abbiamo costruito insieme. Oggi, forse ancora più di prima, è questo il senso del mio lavoro di educatrice, il mio obiettivo: tenere viva la fiamma della loro intelligenza».
Ma come può un educatore combattere da solo contro i mulini a vento? Come fa – soprattutto come riesce a farlo a distanza – a trascinare via i ragazzi dal vortice dell’appiattimento che l’assenza della scuola e la possibilità di mandare avanti i progetti in presenza si è portato dietro?
«I ragazzi che sto seguendo», racconta Maria, «sono a volte terrorizzati, altre turbati, poi c’è chi fa menefreghista (o il finto menefreghista), chi è apatico, chi addirittura si burla di tutta questa pandemia, forse solo perché ha più paura degli altri. La cosa più dolorosa è aver percepito in tutti la completa sfiducia in un futuro migliore per loro».
In un contesto dove la vita fuori dalle mura di casa, ma a volte anche in casa, ti porta a credere che la rassegnazione sia più facile della progettazione «dove», spiega Maria, «gli obiettivi con il Coronavirus sembrano ancora più ristretti, sembra che tutto si stai perdendo. Ma per invertire la rotta i primi a non perderci dobbiamo essere noi, gli educatori».
Per questo motivo Maria, insieme a Dominic, altro educatore del progetto, ha messo in piedi un calendario ancora più fitto fatto di video chiamate, corsi e progetti tramite Skype, lezioni d’inglese da remoto: «I ragazzi devono essere sempre stimolati. Io provo ad avvicinarli al mondo dell’arte, della cultura, o anche dello sport. Ogni telefonata però inizia con una domanda necessaria: “Come stai?”. Perché senza quella non si va da nessuna parte. Voglio capire come si sono svegliati quella mattina, com’è il loro umore, se sono riusciti a seguire le lezioni con la didattica a distanza e se hanno bisogno di una spiegazione in più, di un supporto sui compiti.
Però è da quel “come stai” che parte tutto. I ragazzi non sono macchine ma hanno bisogno di sentirsi addosso la nostra attenzione. Anche quando sembra che ti snobbino, che siano annoiati dalla nostra insistenza, in realtà devono solo percepire che a tutti i loro “no”, noi saremo sempre pronti a rispondere con i nostri “sì”. È importante che non lascino andare la scuola e che non si accontentino di un sei se hanno delle teste da dieci. Perché attraverso la cultura, e attraverso lo sforzo verso la cultura, si può aprire un mondo che alla fine è in grado di cambiare il loro di mondo».
Maria, Educatrice Progetto “Donmilani2: Ragazzi Fuoriserie”
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