“Apriamo”. Intervista a Giuliana Zaffuto
di Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci
“booq un luogo di pacificazione? Lo vedo piuttosto come una sfida per riaffermare i valori del welfare in una società che li sta smarrendo”. Così si esprime Giuliana Zaffuto, bibliotecaria di professione, quando descrive, con passione mista a entusiasmo, la nuova sede di booq – bibliofficina di quartiere – che sarà inaugurata domenica 27 settembre 2020, alle ore 11.
Cosa è una bibliofficina? È uno spazio per famiglie, gratuito e inclusivo, che comprende una biblioteca e mediateca, con spazi e servizi specificamente dedicati ai bambini e accessibili per le diversabilità. La struttura si propone di educare alla lettura, di favorire l’accesso alla cultura, la condivisione di pratiche e saperi ecologici, e svolgerà, tra l’altro, un servizio di prestito di attrezzi e altri oggetti utili.
booq, che già era attiva in vicolo della Neve all’Alloro, (ri)nasce in una sezione dell’antico convento delle Carmelitane Scalze di piazza Kalsa – poi diventato “Istituto delle Artigianelle” – grazie alla realizzazione del progetto “Dappertutto. Territori e comunità per inventare il futuro”, di cui è capofila il Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci, in partenariato con le associazioni Addiopizzo, booq, Clac, Handala, Per Esempio Onlus, Send, Ubuntu Centro Internazionale delle Culture, e con la partecipazione del Comune di Palermo e dell’Università degli Studi di Palermo – Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione. Il progetto è finanziato da Impresa Sociale Con i bambini, soggetto attuatore del “Fondo per il contrasto della Povertà Educativa Minorile”.
Giuliana, quali sono le prerogative di booq bibliofficina e quali servizi può attendersi una famiglia che la frequenta?
«booq è prima di tutto una biblioteca, con un’idea di intervento sociale. È presente un patrimonio librario che stiamo continuando a catalogare e ci sono i servizi connessi. C’è la possibilità di venire a studiare e a svolgere le proprie attività per tutte le persone e una sezione dedicata ai bambini. È anche un laboratorio sperimentale a cui partecipa la comunità del quartiere. È un’officina, perché ci sono degli spazi laboratoriali. Qui si possono svolgere attività manuali o artistiche, in spazi condivisi. Abbiamo un servizio di prestito di oggetti ed attrezzi che possono servire per il fai-da-te. Ti trasferisci nella nuova casa? Hai bisogno di fissare dei mobili e ti serve un trapano per una settimana? Te lo vieni a prendere e poi lo restituisci. Si possono avere oggetti utili ai bambini: un seggiolino per l’auto, un servizio di piatti e bicchieri colorati per un party. Dopo averli usati, li lavi e li riporti».
E a che utenza vi rivolgete?
«A tutta la città. Noi non siamo una biblioteca di conservazione, non terremo tantissimi volumi. Abbiamo deciso di mantenere in sede alcune sezioni e di dislocare le altre altrove, basandoci sul concetto di biblioteca diffusa, che un po’ rimarrà all’interno del quartiere è un po’ no. Per esempio, da Addio Pizzo, altro partner del progetto Dappertutto, creeremo uno scaffale con libri che trattano il tema della criminalità organizzata. Abbiamo un patrimonio di donazioni di studiosi. Altre sezioni, come quella storica, sorgeranno in altri quartieri della città e questo non è un problema perché il catalogo è consultabile on line ed è unificato. Noi terremo una parte del nostro patrimonio bibliografico sulla letteratura, una sull’educazione e una più “politica” sulle scienze sociali, l’intercultura, la cooperazione, la solidarietà. Insomma, terremo ciò su cui ci documentiamo e ci aggiorniamo anche noi. Poi qui c’è la sezione bambini con delle collane specifiche e uno scaffale ad alta leggibilità per rendere disponibile il patrimonio librario anche ai diversabili».
Giuliana, il progetto Dappertutto ha rappresentato un arricchimento per te?
«Assolutamente, perché ho potuto coniugare due temi molto importanti per me. Quello a cui ho dedicato i miei studi da bibliotecaria e sull’educazione alla lettura, e quello della creazione di spazi di comunità e socialità, che è sempre stata oggetto delle mie attività non lavorative. Con Dappertutto ho potuto coniugare questi due temi unificandoli in un lavoro e mettendo la mia esperienza professionale specifica al servizio di questo progetto».
Quali sono stati i momenti emotivamente più intensi che hai vissuto grazie a booq e a Dappertutto?
«È stata emozionante la fine dell’iter di assegnazione della sede in cui stiamo inaugurando booq: una procedura molto complicata perché si tratta di un bene pubblico, storico e artistico vincolato. È stato faticosissimo ottenerlo in gestione. Poi, in un preciso momento, abbiamo realizzato che ce l’avevamo fatta: avremmo potuto veramente e finalmente aprirlo alla città.
Ricordo anche un momento del progetto in cui è stata organizzata una narrazione del quartiere attraverso i laboratori di Christian Picciotto di Per Esempio, partner del progetto. Venivano svolte diverse visite in luoghi scelti. Una di queste si è svolta qui. Un pezzo del quartiere è entrato qui mentre ancora i lavori erano in corso ed è stato inscenato un coro di musica rap. Questo momento emotivamente forte che mi ha fatto capire come sarebbe stato bello ospitare la gente qui dentro.
Noi abbiamo trovato questo spazio non tanto in cattive condizioni, ma un po’ buio, poco adatto alla frequentazione di famiglie e bambini. Lo abbiamo reso più luminoso, colorato e fruibile. In quell’occasione, quando sono venute le persone del quartiere a trovarci, abbiamo potuto vedere come poi venivano attraversati e fruiti, fisicamente, questi spazi.
In particolare, l’ingresso dei bambini in questo spazio per la prima volta, in occasione delle attività legate al progetto Scuola sconfinata, è stato un momento veramente intenso. Infatti, siamo già pronti da alcune settimane. Adesso stiamo solo allestendo e migliorando le stanze. Nelle scorse settimane abbiamo potuto organizzare laboratori con i bambini di un’età compresa fra 8 e 10 anni, quindi li abbiamo visti all’opera proprio qui, finalmente, durante i laboratori didattici.
Questa è storia recente: abbiamo iniziato il 14 settembre, per riavvicinare i bambini alle attività della scuola prima dell’apertura ufficiale.
Abbiamo potuto comprendere che solo vedendo i bambini all’opera qui si sono manifestate appieno la potenzialità di questo spazio, che è vivo, si sviluppa.
Come ogni laboratorio sperimentale, cresce e si modifica insieme alle attività che vi vengono svolte, con le persone e le professionalità che lo frequentano».
Parliamo dei lavori di restauro della sezione dell’ex convento delle Carmelitane Scalze di cui avete ottenuto la disponibilità. A quali princìpi vi siete ispirati?
«Abbiamo valorizzato la struttura. Il principio di base è stato quello di rispettare la storia del luogo e le sue componenti architettoniche. Ci siamo basati su un’idea di essenzialità. Non è stato necessario cambiare la disposizione degli spazi: è un luogo in cui ci sono grandi ambienti che comunicano attraverso ampie aperture. Questo ci ha anche permesso di valorizzare le diverse sfaccettature di booq. La struttura è a due piani e si compone di quattro grandi stanze. Ci sono una sezione biblioteca per bambini, in una stanza a sé stante, uno spazio per l’accoglienza e spazi dedicati ai laboratori,
Nella locandina dedicata all’inaugurazione abbiamo scritto la parola “apriamo” che è accogliente e rappresenta un pezzo di storia di booq, che si è sempre impegnata per l’apertura degli spazi pubblici alla città. Poi, sempre nella locandina, abbiamo scritto che Booq è un luogo fantastico, in omaggio a Gianni Rodari che ha teorizzato le vie del fantastico, riconoscendo il valore del gioco e dell’immaginazione non solo nella didattica, ma persino in politica, legandolo quindi al concreto quotidiano».
Giuliana, mettiti dei panni di un bambino che varca la soglia di booq per la prima volta. Cosa lo colpisce, cosa desidera fare?
«Il bambino entrando qui si sentirà libero. La prima cosa che vedrà è un giardino. Lo spazio è accogliente perché è leggibile a partire dal suo stato neutro e al contempo colorato.
Ci sono arredi morbidi e libri in basso perfettamente accessibili ai bambini, che si possono muovere in totale autonomia. È un contesto in cui hanno la possibilità di esplorare, di vivere avventure. Io li ho osservati quando entravano: si mostravano subito incredibilmente curiosi, attratti dalla stessa articolazione dello spazio».
Come avete immaginato l’evoluzione di booq dopo la fine del progetto Dappertutto. Come troverete le risorse?
«booq appartiene a un mondo in evoluzione che è quello del terzo settore. Noi facciamo un crowdfunding permanente, anche attraverso le stesse persone che lo frequentano. Noi soci mettiamo a disposizione il nostro lavoro ed eventualmente ci autotassiamo. Ci finanziamo tramite progetti e donazioni. Abbiamo richiesto una donazione alla Fondazione Sicilia, che l’ha già deliberata.
Per migliorare ulteriormente gli spazi contiamo sulle fondazioni bancarie, che spesso supportano questo tipo di interventi di restauro e manutenzione delle strutture di importanza artistica e storica.
Abbiamo anche avviato una procedura per ottenere l’Art bonus, che assicura importanti benefici fiscali sotto forma di credito di imposta a chi effettua erogazioni liberali in denaro per il sostegno della cultura».
Giuliana, raccontaci un ultimo episodio significativo vissuto da te in questi spazi
«Un nostro vicino è entrato in sede con aria bellicosa, perché non condivideva una questione riguardante un albero in giardino. Ma discutendo gli animi si sono placati e siamo finiti a parlare di suo figlio disabile che avrebbe potuto trarre giovamento dalle nostre attività. Noi la vediamo così, è anche il senso di APRIAMO: aprire alla cittadinanza e curare spazi comuni significa creare spazi di dialogo, solidarietà e comunità. Eppure, non penso a questo progetto come un modo per pacificare gli animi. Piuttosto come una sfida a tutti quei princìpi che sono contrari ai valori di booq e del progetto Dappertutto. Ed ecco che l’inaugurazione di una semplice blbliofficina può diventare uno degli argomenti che ci aiutano a combattere la crescente disattenzione che si sta manifestando attorno alle politiche di welfare».
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