SOTTO QUESTO SOLE – la voce dei volontari

di

DIAMO VOCE AI VOLONTARI DI ALMENNO SAN SALVATORE

Il progetto di impegno civile “Sotto Questo Sole” ed il percorso di cittadinanza attiva “Ado al Centro” vedono impegnati gli adolescenti di Almenno San Salvatore, affiancati nelle attività dagli educatori del Centro di Aggregazione “Mille Idee” e da un gruppo di volontari adulti del paese. 

Alcuni volontari partecipano alle attività sin dalla prima edizione svoltasi ormai 8 anni fa, altri invece si sono aggiunti negli ultimi anni.

Il loro prezioso contributo, sia in termini di competenze tecniche fondamentali per la realizzazione delle attività che di attenzione e sensibilità educativa, rende possibile la buona riuscita dei progetti dedicati ai ragazzi.

Abbiamo così pensato di dare voce proprio ai volontari, intervistandoli sul senso della loro presenza accanto agli adolescenti e queste sono le loro testimonianze.

Walter – Quali benefici traggono le famiglie dalle attività svolte dai propri figli, da questi progetti?

“Un beneficio da un punto di vista educativo sicuramente perché grazie a queste attività i ragazzi imparano a stare insieme tra di loro e con noi volontari e imparano anche a svolgere dei piccoli lavori che potrebbero poi svolgere in ambito famigliare. Grazie a questi lavori i ragazzi imparano a prendersi cura e rispettare gli spazi del loro territorio e questo è sicuramente un grande insegnamento per i ragazzi.”

Renzo – Che senso attribuisci da volontario a questa esperienza che svolgi insieme agli adolescenti?

“Per me è importante lavorare con i ragazzi perché da quando ho cominciato a lavorare con loro mi sembra che le cose siano cambiate in meglio, io mi sento meglio e sto anche bene con i ragazzi. I primi anni ero un po’ titubante nel relazionarmi con gli adolescenti perché non sapevo se i ragazzi mi avrebbero accettato, ascoltato e invece lavorando con loro, passando del tempo con i ragazzi ho capito che i ragazzi sono proprio bravi, tutti, dal primo all’ultimo.”

Claudio – Questo progetto coinvolge diversi attori della rete educativa del paese. Perché è importante la rete educativa per questo tipo di proposte?

“Trovo fondamentale il lavoro di rete in questo tipo di proposte in quanto vengono coinvolte diverse realtà che si accordano e lavorano insieme nella stessa direzione. Grazie a queste collaborazioni si creano legami tra le associazioni che possono continuare nel tempo, e i ragazzi possono conoscere in prima persona quali sono le potenzialità che ci sono nella loro comunità.”

Carlo – Tu sei il volontario più anziano e sei sempre stato presente. Dove trovi l’energia per esserci sempre e lavorare con gli adolescenti che sono comunque molto distanti, come età, come esperienze ecc.… da te?

“L’energia la trovo nel fatto che a me piace stare con i ragazzi, io sono sempre stato abituato a fare volontariato ma la cosa che mi piace di più, di questo progetto, è lo stare con i ragazzi, passare del tempo con i giovani mi ringiovanisce!”

Dario – Uno degli obiettivi di questi progetti è generare lo scambio intergenerazionale. Qual’è la tua opinione a riguardo? Perché è importate secondo te? Avviene davvero questo scambio? che valore attribuisci a questo scambio?

“Lo scambio c’è sicuramente ed è importante. Nel momento in cui sia noi volontari che i ragazzi ci mettiamo dell’attenzione e della voglia questo scambio avviene e i ragazzi imparano ad amare quello che anche noi, alla loro età abbiamo imparato ad amare. Noi come loro non siamo nati sapendo fare le cose che facciamo oggi, ma le abbiamo imparate strada facendo, grazie a coloro che le hanno insegnate a noi. La generazione di questi ragazzi è completamente diversa dalla nostra, noi siamo cresciuti lavorando (già a cinque anni si lavorava in campagna) e il lavoro era una cosa normale che s’iniziava a fare presto. Oggi invece il lavoro impegna meno tempo e c’è più tempo libero e per questo è importante che le nuove generazioni imparino a dedicare del tempo al lavoro.”

Infine diamo spazio a Tarcisio Plebani, sociologo di formazione ed attivo in molte realtà di volontariato tra le quali Libera e Acli e che collabora con gli educatori del Centro Mille Idee nella progettazione e nella gestione delle attività previste dal progetto “Ado al Centro”.

In questa fase di post pandemia, quali sono i nuovi bisogni degli adolescenti secondo la tua esperienza?

“Dopo la ripresa delle attività di animazione/formazione per adolescenti in vari contesti educativi, viene notata con preoccupazione una partecipazione sempre più irregolare, saltuaria. Forse però attribuire questo alla pandemia è semplicistico: appaiono ora con più evidenza alcune tendenze degli adolescenti di oggi.

Molteplicità di appartenenze. Nella società in cui siamo immersi, tutti noi siamo inseriti in una grande quantità di istituzioni sociali: in ogni fase della vita, in ogni momento della giornata siamo chiamati a destreggiarci tra una molteplicità di relazioni, gruppi, organizzazioni che strutturano parti importanti della nostra esistenza. Queste appartenenze non sono gerarchizzate e ordinate tra loro: ognuna ci pone esigenze pratiche e definisce quadri cognitivi e normativi non dipendenti da un unico ordine organico e armonico. L’individuo deve fronteggiare richieste non coordinate, talvolta incompatibili, ma che si pongono con una certa assolutezza di pretese e aspettative; ognuna di queste appartenenze esige una quota di fedeltà, di priorità nelle scelte. Così, per gli adolescenti, la famiglia, il gruppo dei pari (o i vari gruppi di riferimento), la scuola, l’attività sportiva, l’Oratorio …. rappresentano molteplici appartenenze, ognuna con le proprie regole e investimenti affettivi e di identità, ma ognuna anche con proprie aspettative e richieste. Tenere un equilibrio tra tutte queste realtà comporta un impegno non indifferente e un alto livello di stress, diversi a seconda delle condizioni sociali e da queste conseguenti.

Eccedenza di opportunità. Le possibilità di forme di vita e di realizzazione personale che le nostre società offrono ai propri membri, mediamente, sono infinitamente superiori, per qualità e quantità, a quelle di una società in cui la soddisfazione dei bisogni vitali fondamentali non è garantita, quanto meno alla maggioranza della popolazione. I nostri ragazzi sono nati e cresciuti in questo contesto sociale e culturale, in cui le opportunità che in linea teorica è possibile esperire sono ben più ampie di quanto realmente sarà mai possibile vivere, anche solo perché le risorse di tempo ed economiche sono necessariamente limitate. Ma la sensazione di avere di fronte possibilità illimitate ed inesplorate è ben viva. La sensazione di poter far tutto, di poter assaggiare qualsiasi offerta resa appetitosa dal supermercato della società contemporanea, purchè lo si voglia, lascia anche un sottile retrogusto di insoddisfazione: c’è sempre qualcosa che non si è potuto esperire e magari era l’occasione più ghiotta.

È uno dei motivi per cui gli adolescenti in qualsiasi situazione si trovino (stare a scuola o andare all’animazione in oratorio o anche mettersi davanti alla televisione, è collocarsi in una situazione: è già un attualizzare una tra le infinite possibilità e significa, contemporaneamente, negare almeno per il momento, tutte le altre; è una riduzione di complessità), tengono d’occhio il cellulare: rappresenta un ponte verso le altre opportunità sospese, ma che proprio per questo accrescono il loro fascino e attrattiva. Il cellulare costituisce una specie di sliding-door sempre disponibile e ammiccante, che può riattivare le opportunità sopite, ma mai soppresse. Una miriade di vite parallele tra cui poter scegliere.

Fedeltà condizionate. Siccome tutte le molteplici appartenenze richiedono fedeltà, i soggetti si difendono concedendola solo “condizionata”: a condizione che abbia tratti di eccezionalità tali da orientare la scelta (ma solo per quella specifica occasione, opzione sempre a tempo determinato, puntuale, in ogni momento ritrattabile). Abituati a selezionare tra svariate opportunità, sulla base dell’appeal momentaneo che le riveste, è come se operassero scelte “a catalogo”, continuamente reversibili. Difficilmente prendono a scatola chiusa un intero programma “tutto compreso”: vogliono sapere e valutare volta per volta, sempre in attesa che si possa presentare una eventualità inedita che apre prospettive nuove e fa abbandonare l’appuntamento precedente.

Un’avventura “controllata”. D’altra parte pur coltivando il desiderio dell’avventura che ha i tratti della novità assoluta, cercano di evitare quei salti nell’ignoto che non appaiono loro sotto controllo. Per cui fantasticano emozioni che sconvolgano la noia della routine, ma si tengono stretto il consueto e prevedibile, il gruppo di amici che costituiscono il paesaggio di relazioni abituali, che non mettono in crisi il microcosmo ordinario e ordinato. E così tendono a rifuggire l’incontro con qualcosa o qualcuno che non si conosce abbastanza per essere sicuri che non provochi disagio, ma che si conosce (si crede di conoscere) a sufficienza per presumere che non possa avere attrattive particolari. Le possibilità di emozionarsi e stupirsi devono essere previste all’interno di quadri di aspettative che incanalino anche le possibili novità in solchi predeterminati. Novità sì, ma solo quelle che già rientrino nella gamma di gusti predefiniti e ben monitorata.

Probabilmente manca ancora quel senso di fiducia nell’Oratorio e nelle persone che lo rappresentano, così da sbilanciarsi fuori dal perimetro tracciato fidandosi “sulla parola” di chi propone. Anche i genitori sembrano assecondare queste tendenze: la richiesta di “cose semplici” può essere tradotta in “cose tranquille”, evitando esperienze che insinuino dubbi e domande. Un possibile esito è quello di incoraggiare chiusure difensive.

Il gruppo dei pari. Il riferimento al gruppo dei pari resta fondamentale, ma mi sembra che si siano ristrette le sue dimensioni: non è più la classe d’età, in cui cercare altri ragazzi/e interessanti. La ricerca di persone interessanti, che suscitino il brivido dell’avventura, avviene attraverso altri canali, gestibili senza muoversi di casa. Il gruppo di riferimento si riduce alla cerchia ristretta degli amici con cui si condividono esperienze, emozioni, pensieri, con cui si coltiva il senso di somiglianza, se non di simbiosi. Questo è il cerchio in cui ci si sente a proprio agio, anche perché ci si rispecchia reciprocamente, riproducendo una apparente unanimità aconflittuale; gli altri fanno da specchio, in cui ci si riconosce, ci si conforta, ma anche in cui le differenze sono taciute e ci si conferma all’infinito il proprio modo di essere. In questo senso il piccolo gruppo dei pari è una grande risorsa per la costruzione del sé, ma anche un pericolo perché rischia derive regressive e difensive. Alla luce di queste considerazioni sarà forse da ripensare la scelta iniziale del percorso di animazione: costituire i gruppi rispettando le coorti di età non è del tutto funzionale a raggiungere l’obiettivo di accrescere l’affiatamento di gruppo, perché le varie classi di età sono frammentate in gruppetti poco permeabili tra loro. D’altra parte è opportuno fare in modo che questi microgruppi vengano aiutati ad uscire da una autoreferenzialità difensiva, per incontrare diversità e misurarsi con esse: adolescenti di età diverse, adulti, esperienze inconsuete, con cui aprire confronti e imprese comuni. Anche scoprire che ci si può emozionare di fronte a realtà da cui non ci si sarebbe aspettati nulla. Quindi non si tratta di fare proposte “fuori dall’ordinario”, ma percorsi ed esperienze che interroghino, facciano sorgere dubbi, aprano spiragli di vita nuova: cose semplici, come può essere la vita, ma non scontate.”

Interviste realizzate da Alice Locatelli – Educatrice del centro di Aggregazione “Mille Idee”

 

Regioni

Ti potrebbe interessare

SCOPRIRSI PER SCOPRIRE I PROPRI TALENTI

di

La “povertà educativa” è una povertà che nessuno vede, nessuno denuncia, ma che agisce sulla capacità di ciascun ragazzo di scoprirsi e...