“Ma chi glielo fa fare di dirmi di sì?”

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Ogni tanto me lo chiedo ancora!

Nonostante io sia ancora molto giovane, sono diversi anni che lavoro con gli adolescenti. E ogni volta che propongo loro qualche attività manuale (una di quelle faticose, come dipingere una staccionata, aggiustare una panchina o tagliare una siepe) mi ritrovo a chiedermi “ma chi glielo fa fare di dirmi di sì?”.

Anche questa volta è andata così…

Qualche mese fa io e la mia collega abbiamo cominciato a ragionare su un’attività da proporre al nostro gruppo di adolescenti durante il mese di Luglio. Il calendario delle attività estive prevedeva già alcune serate aggregative con proposte molto leggere: un film, un gioco, una pizzata, un’uscita serale.

Quest’anno però volevamo proporre “qualcosa in più”. Ci serviva una proposta che non fosse solo puro divertimento, ma che spingesse i ragazzi a mettersi alla prova, al di fuori della loro comfort zone. E, come spesso succede nel nostro lavoro, è venuta a galla una di quelle idee vecchie mille anni eppure sempre attuali, una di quelle proposte che sembrano appartenere a un’altra epoca, ma che in realtà non passano mai di moda, perché racchiudono un qualche ingrediente segreto che permette sempre di riscoprirle e valorizzarle: i “lavoretti estivi”.

Chiunque abbia lavorato un po’ con gli adolescenti si sarà ritrovato almeno una volta a proporre loro un’attività e pensare “questa me la bocciano!”. Poi però spesso succede che questo primo pensiero venga incredibilmente smentito perché, dopo le prime resistenze, i ragazzi accettano la proposta e scelgono di mettersi in gioco.

La reazione del nostro gruppo di ragazzi della frazione di Botta di Sedrina è stata proprio questa. In un primo momento, l’idea sembrava destinata ad affondare prima ancora di essere stata seriamente valutata. Poi però qualche ragazzo si è fatto avanti, qualcuno tra i più giovani, tra i quattordici e i quindici anni. Di fronte al fascino di una proposta che sfidava veramente, vuoi per orgoglio, vuoi per follia, il gruppo ha accettato di darsi da fare. Ed è così che un martedì di luglio, alle 8 del mattino, abbiamo cominciato a verniciare la ringhiera di un terrazzo che sembrava non finire mai! Più di 100 metri, spesso sotto il sole, in un’impresa che all’inizio sembrava impossibile ma che poi, passo dopo passo, è giunta a compimento.

E non finisce qui, perché alcuni dei ragazzi ora vorrebbero sistemare anche le panchine nei pressi della ringhiera, costruire un impianto elettrico per far luce nel loro luogo di ritrovo serale, dipingere le pareti dello spazio aggregativo e mettere in atto tante altre idee!

Insomma, anche questa volta tutte le mie resistenze hanno ceduto di fronte a un’evidenza che solo pochi mesi fa ha ricordato il sociologo Stefano Laffi: “gli adolescenti non sono fatti per stare, sono fatti per fare”!

Talvolta anche noi educatori cadiamo nella trappola di pensare che i ragazzi della loro età fuggano di fronte a sfide troppo impegnative, cedendo al luogo comune che vedrebbe l’adolescente sempre sdraiato sul divano, come fosse il suo habitat naturale, con lo smartphone in mano e le cuffie nelle orecchie.

Ma l’adolescenza non è solo questo! È anche entusiasmo, che magari si accende e si spegne velocemente, ma quando infervora è in grado di infiammare il mondo. È anche coraggio, che spinge ad affrontare sfide all’apparenza proibitive per sfidare prima di tutto se stessi e i propri limiti. E può diventare anche impegno, di fronte a occasioni che sappiano di protagonismo vero.

È importante essere in grado di andare oltre la visione piatta e parziale degli adolescenti stanchi e svogliati e avere il coraggio di proporre loro esperienze impegnative. Si tratta di riscoprire il valore educativo della fatica, di vedere in essa un potente strumento pedagogico.

Creare percorsi improntati alla scoperta e alla conquista educa al “difficile”, sviluppa il carattere dei ragazzi e conferisce in loro un forte senso di responsabilità nei confronti delle proprie scelte e una maggior fiducia in se stessi laddove riescano a superare le prove che gli vengono sottoposte.

Al “tutto e subito” si sostituisce un “poco alla volta” che trova maggior riscontro nella vita quotidiana dei giovani e nelle loro esperienze future, insegnando loro che ogni cosa ha il suo prezzo, inteso in termini di impegno necessario al suo raggiungimento, più che in termini economici.

Quest’ultimo aspetto è uno dei più importanti quando si ha a che fare con gli adolescenti. Si tratta di mettere da parte il mero discorso teorico e lasciar parlare il “linguaggio delle cose concrete” (Bertolini-Caronia, 1993), essere capaci di lavorare insieme, fianco a fianco, accompagnando i ragazzi alla scoperta della vita, di ciò che è oggi e di ciò che sarà domani.

In fondo, non è proprio questo il compito di un educatore?

E poi chissà… magari un giorno, fra quindici o vent’anni, memore di queste settimane trascorse insieme, qualcuno dei nostri ragazzi sceglierà di imbiancare da sé la staccionata del giardino della sua nuova casa e si stupirà ancora di fronte alla soddisfazione data da un lavoro svolto con le proprie mani, di gran lunga superiore rispetto a quella che deriva dalle scelte di comodo.

Carlo Fusari

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Educatore delle Politiche Giovanili e del Territorio della cooperativa sociale AEPER, partner e capofila del progetto CRESCERE INSIEME IN VALLE.

Quest’attività rientra appartiene a Youth in action.

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