Dal segno alla scrittura: bentornata calligrafia!
di Cooperativa Sociale Tantintenti
Nell’era delle tastiere touchscreen e del T9 che anticipa i nostri pensieri, ha ancora senso imparare a scrivere in corsivo? La risposta è sì, perché aumenta la concentrazione e la manualità, stimola la capacità di attenzione. E poi è divertente e appagante. Lo hanno pensato i bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie raggiunti dal laboratorio di calligrafia dell’Associazione Scuola Aperta e inserito nel programma di Community School, il patto territoriale che 47 partner del Biellese, tra istituzioni, associazioni e privati, ed è stato selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. A guidarlo è stata una vera esperta come Anna Ronchi, fondatrice e presidentessa onoraria dell’Associazione Calligrafica Italiana.
È stata lei a entrare in aula con l’equipaggiamento giusto: cannucce, pennini, inchiostro, calamai, fogli speciali con le guide per imparare le giuste spaziature che danno alla scrittura ordine e armonia. E poi si è iniziato a lavorare secondo principi ben precisi: «I laboratori» spiega Anna Ronchi «nascono dalla convinzione che i bambini delle elementari abbiano sempre più bisogno di esercitare la manualità e di mettersi alla prova con corpo e mente all’unisono, in attività che non siano le classiche attività motorie ma le tanto trascurate attività motorie fini. Quanto alle scuole medie, poiché i nostri ragazzi non scrivono più in corsivo, la sfida è stata di avvicinare i “nativi digitali” alla grafia e al lettering, arte in cui abbonda la geometria unita ad aspetti percettivi, nonchè alla cultura scritta».
In una seconda della scuola primaria di Occhieppo, dove il corsivo non era ancora stato affrontato, la prima lezione è stata fatta disegnando con il dito sulla farina gialla, per iniziare a prendere confidenza con i movimenti corretti e con la consapevolezza del punto di inizio dei ogni lettera. Le lezioni si sono concentrate anche sull’uso della mano e sulla postura, ponendo attenzione alle caratteristiche di ogni scolaro, anche a quelli mancini. «Credo che la ripetizione in modo simpatico di determinate “regole” utili alla scrittura» dice Anna Ronchi, «giovi molto nell’esecuzione e nella pratica. In effetti ho notato una notevole comprensione della materia».
In una terza elementare a Graglia, invece, i bambini si sono cimentati con l’uso di strumenti che sembrano appartenere al passato. Il laboratorio è iniziato schierando sui banchi cannucce, pennini, inchiostro e un quaderno che aiutasse la bella scrittura: gli allievi hanno cominciato da aste, linee e curve, come nei primissimi esercizi che si fanno appena entrati a scuola, per poi salire di livello imparando a dosare la pressione sulla carta e a muovere la penna in modo fluido. «Grazie a questi antichi strumenti» sorride Anna Ronchi «ci siamo riallacciati al significato originario di esercizio di bella scrittura, con limiti, regole, piaceri e pericoli essendo la macchia di inchiostro sempre in agguato. Il lavoro ha permesso anche di colmare una distanza con un’arte di cui forse avevano sentito parlare in qualche film o nei racconti mitici di qualche nonno».
In terza media, a Graglia, i ragazzi all’inizio sembravano disorientati all’idea di ri-imparare un modo di scrivere, l’italico, un corsivo di antica origine ritenuto leggibile e spedito. «Ma gli insegnanti» dice Anna Ronchi «hanno subito notato risvolti positivi: miglioramento dell’attenzione e della concentrazione, dell’osservazione e della postura, stimolo alla riflessione e a fare dei collegamenti tra le discipline, ricerca del bello e di un miglioramento personale, riflessione sulle parole e sul loro significato». E poi, se uno dei difetti degli studenti è di scrivere così male da faticare a decifrare perfino i propri appunti, ecco trovata anche una soluzione a un problema pratico, anche grazie all’aiuto di un quaderno donato dall’Associazione Scuola Aperta, che fissa le caratteristiche della bella scrittura.
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