L’Estate Ragazzi come momento di comunità e inclusione | None
di communityinaction
Come sei stato coinvolto in Communty in Action?
Innanzitutto sono un ex civilista delle Acli e non ho mai perso i contatti, anzi ho già collaborato con loro, inoltre ero già attivo all’oratorio di None, così mi hanno proposto di fare da Coordinatore del Centro Estivo. A quel punto ho coinvolto alcuni ragazzi dell’oratorio dai 19 ai 23 anni per fare gli animatori oltre agli educatori.
Com’era la giornata tipo? Le uscite?
Si iniziava la giornata con l’inno del campo tratto dai sussidiari, poi si facevano giocare i bambini liberamente o con attività organizzate e una volta a settimana con i giochi d’acqua, mentre in tarda mattinata c’era l’ora e mezza di compiti in cui i bambini venivano aiutati dagli animatori e si aiutavano fra loro. Nel pomeriggio poi venivano organizzati laboratori creativi come quello di carta cinese.
Le restrizioni covid sono state un problema?
Diciamo che sono state impegnative da gestire e ci hanno costretto il primo anno a delle restrizioni sulle uscite settimanali: non ci si poteva muovere al di fuori del paese perchè. Ogni lunedì bisognava compilare un foglio dichiarando di non aver avuto sintomi e ogni giorno veniva presa la temperatura all’entrata. Le attività venivano svolte in piccoli gruppi e anche il pranzo e ogni giorno veniva svolta la sanificazione degli ambienti.
Quindi le uscite come sono state gestite?
Abbiamo un po’ dovuto inventarcele anche perchè da progetto dovevamo farne una a settimana, ma alla fine siamo riusciti a trovare attività divertenti e stimolanti anche senza muoverci troppo. Siamo stati alla fattoria didattica dove c’erano persino dei pavoni, al caseificio dove i bambini hanno visto come si faceva la mozzarella e l’hanno assaggiata sul momento, poi le biciclettate. Mentre l’anno dopo siamo riusciti ad andare al Lago di Candia e all’acquapark Atlantis.
Molti ragazzi che hanno partecipato sono disabili, in che modo l’esperienza del campo estivo è stata resa inclusiva?
I ragazzi disabili avevano necessità diverse e per questo erano affiancati da un educatore ciascuno. Con i genitori c’era l’accordo di includerli senza forzarli, ma che i bambini disabili non fossero una scusa per fare di meno, ma anzi si voleva spronare i bambini a dare di più e ad aiutarsi a vicenda. Per i casi più difficili poi i genitori ci hanno dato supporto, ma i ragazzi sono stati inclusi a tutte le attività, trovando il modo più congeniale. Ad esempio durante la biciclettata alcuni sono stati sui seggiolini oppure accompagnati in macchina alla meta.
Nonostante le difficoltà le famiglie sono rimaste soddisfatte?
Molto, dopo la reclusione a causa del covid ci voleva un momento per stare insieme così e anche uno sfogo per i bambini che non potevano vedere fisicamente i compagni a scuola. I ragazzi vedevano gli animatori come confidenti mentre i genitori sono stati molto collaborativi: alcune madri musulmane (a None c’è una comunità numerosa) ogni giorno portavano cous cous e tè per gli animatori come ringraziamento per il loro lavoro. Si è creato proprio un bel clima in un contesto molto variegato, ma accogliente per tutti.
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