Reinventare la scuola: intervista alle nostre dirigenti scolastiche

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Nel nostro viaggio tra le voci della Comunità Educante Zisa Danisinni arriviamo oggi a una delle tappe fondamentali: l’incontro con le dirigenti scolastiche della comunità educante. Abbiamo ascoltato Francesca Lo Nigro, dirigente scolastica della Direzione Didattica Aristide Gabelli e Valeria Catalano, dirigente dell’Istituto Comprensivo Colozza Bonfiglio.

Francesca Lo Nigro, dirigente scolastica della Direzione Didattica Aristide Gabelli

Nella scuola “dematerializzata” i più penalizzati sono i bambini delle periferie. Tu che sei preside di una scuola di frontiera con alunni provenienti da diverse fasce sociali, che situazione stai registrando? Che direttive stai dando ai tuoi insegnanti?

Premetto che “scuola dematerializzata” si presenta immediatamente come un ossimoro, poiché nel suo significato più intrinseco “scuola” non è soltanto “fare lezione” per i docenti, “ascoltare la lezione” per gli alunni. La scuola di tutti i giorni è fatta, sì, di lezione, ma soprattutto di sguardi, di abbracci accoglienti e rassicuranti, di pacche sulla spalla, di scambio di intese e accattivanti “complicità” che legano in mille modi i piccoli allievi e i docenti, che tutto sanno, che tutto conoscono dei propri bambini: da uno sguardo, da un “buongiorno”, dalla titubanza o speditezza nel salire le scale, dai piccoli gesti carichi di significato, i docenti riescono a leggere dentro l’animo dei nostri piccoli.

Ma anche per i nostri genitori la scuola rappresenta un luogo e un’occasione insostituibile per trovare accoglienza e ascolto, per trattenersi quei pochi minuti la mattina davanti i cancelli della scuola, o dentro l’aula di ascolto e confrontarsi con altri genitori, con altre mamme, con docenti, rafforzando il loro ruolo di genitori.

E ancora la scuola è uno spazio di affetti, di empatie, di sentimenti che legano docenti con docenti, alunni con alunni, docenti e alunni, docenti e genitori, collaboratori scolastici con alunni e genitori, personale di segreteria che diventa saggio consigliere di docenti e genitori.

Come può sostituirsi tutto questo con la “didattica a distanza”, ma soprattutto in un quartiere della città di Palermo come quello della Zisa che, più degli altri, ha più bisogno di questa “materialità” che genera sentimenti?

In un quartiere della città che vive in uno stato di perenne bisogno, non soltanto materiale o economico, la scuola si presenta come “faro”, come importante occasione!

Il passaggio dalla didattica in presenza alla didattica a distanza personalmente l’ho vissuto in modo ambivalente: la consapevolezza di poter garantire, ai nostri piccoli allievi il diritto all’istruzione attraverso il device, cozzava emotivamente con il senso di smarrimento, di privazione, di “tradimento” che stavo presentando ai nostri bambini e i nostri genitori., chiudendo, inevitabilmente, le porte della scuola.

Il successo di ogni incontro virtuale realizzato dai docenti e dalle docenti con gli alunni (i genitori alle loro spalle), piuttosto che caricarmi di entusiasmo, mi commuoveva fino alle lacrime.

Vedere attraverso lo schermo i volti ansiosi dei bambini, “messi in tiro”, anche con il pigiamino elegante, ascoltare e partecipare alle lezioni, ai “compleanni virtuali” dei loro compagni, alla “merenda party”, mi emozionava parecchio.

Si, sicuramente i piccoli bambini della periferia ne escono svantaggiati. E non soltanto per quello di cui si discute tanto, cioè per la mancanza in taluni casi di devices, ma proprio per la mancanza di tutta questa “bella quotidianità” che finora è stata base della loro vita e di cui, di colpo, sono stati privati, senza preavviso. I nostri piccoli, le nostre famiglie sono passati dall’entusiasmo scatenato e coinvolgente della festa di carnevale dell’intero quartiere Zisa, alla chiusura dei cancelli della scuola.

Nello stesso tempo i nostri piccoli sono stati privati di tutti quei progetti realizzati con il territorio, con il Centro Tau, con il Comune di Palermo, che tanto arricchivano le loro giornate di “lavoro” e che non potevano avere un surrogato nella didattica a distanza!

Inevitabilmente alunni, genitori e docenti hanno dovuto cambiare vita e rivoluzionare le loro giornate.

Devo dire che, grazie alla competenza e all’entusiasmo che ha subito caricato i docenti della “Gabelli”, sia della scuola primaria che dell’infanzia, supportati dall’animatore digitale e dai docenti collaboratori, sono state attivate le lezioni a distanza per TUTTI i bambini, utilizzando tutti i mezzi a disposizione dei nostri allievi, pc, tablet, smartphone, cellulare, mail, fotocopie, libri digitali, non per replicare a distanza la classica lezione in presenza. I docenti hanno compreso chiaramente lo spirito del loro compito e del loro ruolo: non interrompere quel legame affettivo ed empatico costruito con i piccoli allievi e con i loro genitori. Interi pomeriggi per comprendere come meglio organizzare la lezione a distanza, per scegliere la piattaforma migliore per poter arrivare a tutti, il continuo confronto fra di loro e con i genitori, la dedizione per far superare perplessità e scetticismi iniziali in quelle famiglie non pronte a questa modalità di fare scuola. Tutto ciò ha contribuito, non a continuare, ma ad iniziare insieme un nuovo cammino.

Si è riscoperto il significato più ampio ed esteso dell’insegnamento personalizzato, degli interventi per fasce di livello, del ruolo del docente di sostegno della classe… tutte attività che si sono sempre portate avanti, ma delle quali, per routine o spontaneità, se ne trascurava il vero significato.

Grazie alla fatica di docenti, genitori e alunni, possiamo dire che tutti i nostri bambini hanno mantenuto e continuano a mantenere il contatto educativo ed affettivo-emozionale con la scuola.

Non trascurando quanti hanno operato e continuano ad operare “dietro le quinte”: quel personale amministrativo che a distanza porta avanti l’amministrazione della scuola.

Sicuramente a settembre sia i bambini che i docenti dovranno programmare percorsi di recupero, percorsi personalizzati, attività laboratoriali che possano consentire ai nostri piccoli di “riprendersi” i “momenti ravvicinati” perduti.

Comunque, questa resterà sempre un’importante esperienza ed opportunità unica, non solo didattica, che ci porterà – alunni, genitori e docenti- ad apprezzare con più consapevolezza quello che nella quotidianità si è finora portato e si continua a portare avanti nella scuola.

 

Valeria Catalano, dirigente dell’Istituto Comprensivo Colozza Bonfiglio

Mai come oggi entrate nelle case dei vostri alunni, con le videochiamate conoscete gli spazi in cui si muovono  e spesso vi scontrate con la povertà economica e culturale. Inoltre proprio per le età dei vostri alunni, il supporto tecnologico con cui comunicate appartiene ai genitori e loro sono fondamentali per attivare la didattica a distanza.  Le famiglie aiutano? Che risultati ha l’apprendimento a distanza?

Voglio iniziare condividendo con te un’immagine, una storia piccola e straordinaria che dimostra come in momenti di crisi l’unione e il senso di comunità può diventare una forza e una grande risorsa. Proprio all’inizio, quando ancora si poteva uscire ma con la mascherina, la mamma di un nostro alunno autistico ci ha condiviso tutta la sua preoccupazione perché il bambino si spaventava molto vedendoci tutti in giro con le mascherine e si rifiutava di indossarla per uscire. Allora la sua maestra ha realizzato un video tutorial in cui spiegava a tutti i compagni come realizzare la propria mascherina da supereroe. Più in particolare da Zorro, il suo preferito. Sono arrivati una valanga di video in cui nostri alunni indossavano la mascherina realizzata da loro dicendo al compagno di non avere paura. Così lui non ha più avuto paura, anzi ha iniziato a ridere di gioia.

Quando tutto questo è iniziato nessuno di noi sapeva come affrontare l’emergenza ma, all’indomani della sospensione delle lezioni, un tam tam infinito ha toccato i nostri docenti, l’urgenza quasi drammatica che li ha colti e l’imperativo che si sono dati era: “Dobbiamo tenere uniti a noi i nostri alunni”.

All’inizio molti bambini non avevano orari, prima che iniziasse la “classe virtuale” alcuni si svegliavano a mezzogiorno. Adesso invece le lezioni iniziano ogni giorno alle 9.15. Durano tre ore con una pausa di 10 minuti ogni ora. In tutto sono 15 ore settimanali. Ma oltre alla didattica i bambini così come gli insegnanti e le famiglie, tutti noi insomma, abbiamo fatto molto di più. Abbiamo partecipato a diverse campagne, come quella di Libera, abbiamo approfondito e provato a comprendere l’attuale situazione di emergenza. Alcuni alunni hanno preparato delle lezioni su argomenti di particolare interesse, come la lezione su Dante di cui si celebrava l’anniversario. Una maestra di sostegno mi ha chiesto se poteva fare lezione anche di pomeriggio perché le mamme glielo avevano richiesto. Adesso abbiamo diverse attività pomeridiane, artigianali e artistiche, a cui partecipano anche le famiglie. Non solo nozioni dunque ma anche percorsi diversi e legami profondi. I genitori ci ringraziano, abbiamo riempito un vuoto.

I genitori sono diventati il prolungamento delle nostre mani. Vedo le mamme che guidano le manine per fare gli esercizi. In classe è la maestra a farlo: in questo momento la mamma è il prolungamento della mano della maestra. Con la didattica a distanza abbiamo sentito molto di più il senso di comunità, il legame stretto con la famiglia. E anche molti papà sono attivi nell’aiutare.

Nell’emergenza stiamo andando avanti e scoprendo risorse fondamentali. Resterà un uso sano della tecnologia, la scoperta che esiste un mondo digitale che può servire per crescere. Resterà il senso di comunità, il legame con i genitori. Quando torneremo a scuola il valore aggiunto sarà questa vicinanza. La capacità di andare oltre le proprie competenze. Penso all’insegnante di sostegno che ha comprato un telefonino al proprio alunno perché non riusciva a usare il computer che gli avevamo dato. O alla maestra dell’infanzia che ogni sera legge le fiabe  per far addormentare i bimbi e per dargli virtualmente il bacio della buonanotte. Ecco, ci porteremo dietro il valore umano del legame affettivo.

 

 

 

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