La competenza è sapere agito
di associazionelefate
Nella società conoscitiva, nella quale la divisione è sempre più ampia tra coloro che sanno interpretare, coloro che sanno solo utilizzare e coloro che sono emarginati in una società che li assiste, è proprio l’istruzione e la formazione che devono raccogliere la sfida per eliminare il divario fra questi gruppi e sviluppare appieno le risorse umane.
Edith Cresson
Qualche sabato fa gli educatori e le educatrici di Bell’Impresa si sono incontrati, seppur virtualmente, per condividere il percorso svolto nelle rispettive cooperative scolastiche e per riflettere sul concetto di “competenze” e quello di “valutazione delle competenze”. Come ha spiegato bene il professor Claudio Girelli dell’Università di Verona c’è una grande necessità di cambiare la didattica e di iniziare a ragionare sulle competenze, a capire come valutarle, anziché concentrarsi solo sulla didattica delle conoscenze. Le cooperative scolastiche, che nascono all’interno del percorso progettuale di “Bell’impresa!” hanno appunto questa funzione, ovvero il fine ultimo non è la costituzione e lo sviluppo delle cooperative, ma l’attività delle cooperative è il mezzo per agevolare questa trasformazione della didattica.
Il lavoro degli educatori con i bambini e con i ragazzi deve essere mediato dal concreto perché la competenza è sempre sapere agito: si può valutare solo mettendo i bambini/e e i ragazzi/e in azione, al lavoro di fronte a situazioni, indagini, problemi, prodotti da realizzare. D’altro canto però non ci si può “lasciar intrappolare” dal fare, occorre appassionarsi di quello che si fa e contemporaneamente andare oltre, perché il “fare e basta” rischia di sprecare tutte le capacità formative. Quello che è importante quindi che l’educatore e/o l’insegnante faccia, non è insegnare a costruire una lampada o progettare un murales per il muro di cinta della scuola, ma capire il senso che c’è nei laboratori concreti che gli studenti sperimentano, soprattutto il senso che loro gli attribuiscono. La costruzione della lampada o la realizzazione del murales infatti, possono far maturare competenze differenti, anche in ragazzi o ragazze che stanno facendo esattamente la stessa cosa, perché non stiamo parlando di trasmettere contenuti. Insomma, in poche parole come possiamo spiegare la differenza tra apprendimenti e competenze? Gli apprendimenti, promossi attraverso le varie discipline, puntano alla padronanza di conoscenze e abilità; le conoscenze indicano il risultato dell’assimilazione e dell’elaborazione di informazioni e le abilità indicano la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite per portare a termine compiti o per risolvere problemi. Le competenze indicano invece la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche in situazioni di lavoro e/o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale.
Le competenze, come si può intuire, non possono essere oggetto di valutazione una sola volta in base ad una singola prestazione, ma devono poter essere monitorate lungo un arco temporale che permetta di vedere la loro evoluzione e monitorare un insieme di prestazioni. Per questo è stato importante predisporre con gli educatori un insieme di strumenti di monitoraggio e di valutazione delle competenze, per osservare e per raccogliere le osservazioni necessarie a poter fare una valutazione.
Spesso abbiamo raccontato o mostrato il lavoro visibile degli educatori all’interno delle scuole: l’avvio delle attività, la costituzione delle cooperative scolastiche, le prime attività realizzate da qualche cooperativa nel territorio di riferimento. C’è però un lavoro meno visibile, ma altrettanto importante, probabilmente non così facile da raccontare, che gli educatori fanno dopo aver concluso le loro attività con i ragazzi e con le ragazze all’interno delle scuole: la stesura del diario di bordo e la compilazione delle griglie di monitoraggio.
Il diario di bordo, in particolar modo, risulta essere una pratica molto importante nel lavoro educativo, che permette a chi scrive di dare un senso all’esperienza fatta, prendere coscienza, rielaborare e attribuire dei significati a ciò che si è fatto. Detto in altre parole “il diario consente a chi narra di porsi come occhio che guarda e nel contempo come materiale complesso sottoposto a questo sguardo”. La pratica della scrittura consente agli educatori di mettere per primi in pratica quello che poi fanno con i bambini/e e i ragazzi/e: imparare dalla riflessione sull’esperienza.
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