Coraggio, fatica e bellezza: attraverso la complessità si possono scoprire e far germogliare nuove strade

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Il termine comunità educante ha assunto una pregnanza ed una presenza nella quotidianità scolastica a partire da alcuni documenti prodotti dal Ministero negli ultimi anni. La situazione sanitaria che abbiamo vissuto nei mesi passati ed il lungo periodo di lockdown hanno portato all’emergere di nuove evidenze: ciascun attore della comunità educante si è trovato nella condizione ineludibile del riconoscimento del ruolo degli altri, dei contenuti e delle funzioni svolte reciprocamente, incontrandone – nella necessità del distacco e della trasformazione delle consuetudini – fatiche, ricchezze e potenzialità. Lo spazio della comunità educante si è così trasformato in un luogo di maggior confronto e dialogo, con l’esplicito riconoscimento della centralità dei giovani all’interno di esso, giovani di cui ciascuno si prende cura attraverso la propria responsabilità attiva. Sono cambiati i confini del territorio comune e, in qualche misura, essere distanti ci ha portato a vederli meglio e a diventarne consapevoli. Le persone che compongono la comunità educante (famiglie, scuola, enti del terzo settore, servizi, …) hanno potuto guardarsi con altri occhi, mutando via via il proprio ruolo da attore a spettatore a seconda di ciò che accadeva.

 

Questo patrimonio sembra essere generativo di un mutamento che potrebbe fondare nuove linee di collaborazione e corresponsabilità, in direzione di una reale costruzione di significato comune. All’interno della scuola questi passaggi stanno portando, ad esempio, alla ridefinizione dei patti educativi di responsabilità, che gradualmente stanno passando da documenti regolamentari dell’istituzione che li trasmette alle famiglie chiedendone adesione e rispetto a spazi di condivisione di percorso, di competenze e responsabilità. Il fatto che oggi ci si occupi nella corresponsabilità educativa di tutelare la salute della collettività rappresenta un terreno di negoziazione attiva tra scuola e famiglia, che vede aperture e coinvolgimenti che vanno oltre ciò che accade tra le mura di una scuola.

 

Analogamente, la necessità di reinventare i rapporti col territorio, sta portando a modificare i punti di vista, aprendo a fantasie progettuali che permettano ai giovani di riappropriarsi di opportunità ed occasioni di crescita. Un esempio di questo, in un territorio ampio come quello nazionale è l’azione del progetto “Bella Presenza”, che vede nel confronto e nella coprogettazione il senso profondo della tutela del benessere dei giovani ed il contrasto a svariate forme di povertà educativa.

 

In sintesi, tre elementi paiono caratterizzare lo scenario attuale di costruzione delle comunità educanti:

 

  • il coraggio dell’ascolto delle diverse voci: ragazzi, operatori, famiglie, insegnanti…
  • la fatica della mediazione fra sguardi, esigenze, tempi, possibilità, ruoli e norme
  • la bellezza, ineguagliabile, delle persone, che si scoprono tali nel confrontarsi su temi brucianti e profondi come il prendersi cura

 

Fuori da ogni utopia, questi meccanismi generano anche frizioni, conflittualità e chiedono uno sforzo di costruzione di linguaggi comunicativi e di decentramento del punto di vista. Eppure, come sempre, passando attraverso la complessità si possono scoprire e far germogliare nuove strade.

 

* Elena Cappai è Preside dell’Istituto Comprensivo “Sandro Pertini” di Torino, scuola partner del progetto Bella Presenza

 

Photo by Ben White on Unsplash

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