Mappe partecipative: presentazione degli esiti

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 “La comunità educante è essenzialmente un mito, cioè ciò che un mito è: una storia raccontata su qualcosa che se è reso patrimonio comune aiuta a costruire altre storie e narrazioni.” Paolo Pezzana

 

Partiamo da una mappa.

Ragioniamo sul processo che ci ha portato a costruire quella mappa: non una mappa geografica, ma una mappa partecipativa di un territorio, un lavoro di relazione e incontro per raccontare in maniera esaustiva le complessità e la ricchezza sociale di un luogo.
Il processo è esso stesso uno dei passaggi del lavoro di costruzione e rafforzamento della comunità educante di quest’area.

Tre territori vicini ma con caratteristiche proprie specifiche – Alto Sebino, Basso Sebino e Val Cavallina – in cui operano tantissimi attori sociali che svolgono funzioni educative a diversi livelli. Da qui parte la mappa partecipativa: incontrarsi, parlarsi, riconoscersi una funzione educativa, ragionare sulle specificità del proprio territorio a partire dalla sua conformazione geografica fino agli aspetti sociali.

Quali sono le sue ricchezze? E le carenze? Quali punti di forza lo caratterizzano? Cosa manca che questo territorio desidera?

Il desiderio.

È proprio questa una delle parole chiave che Paolo Pezzana, esperto in generatività sociale e politche di welfare, mette sul piatto durante il suo intervento quando, lo scorso aprile, ha partecipato al workshop di presentazione degli esiti delle mappe partecipative.

Un desiderio che non è una volontà di possedere, ma un motore, una spinta a stare protesi. Una comunità educante è, infatti, mossa da un desiderio di trasmettere dei valori in cui ci si riconosce. Senza questo desiderio di trasmissione non può esserci comunità educante.

Una comunità educante è dunque un luogo, o un insieme di luoghi, composto da persone mosse da quel comune desiderio di trasmissione.

Guardiamo le nostre mappe. Tre mappe, tre territori. Ogni mappa colma di segni, parole, riflessioni, punti di attenzione, collegamenti, ma anche disconnessioni.

Sulle disconnessioni torna Paolo Pezzana, poiché le trova di particolare interesse: i punti che potrebbero essere connessi e non lo sono, oppure che sembrano connessi senza esserlo davvero. È qui che si crea lo spazio di azione della comunità educante che, con il suo lavoro, ha sia il compito di andare a mobilitare sia la possibilità di far riconoscere a tutti che il ruolo educativo è di chiunque.

“Si tratta – secondo Pezzana – di costruire su quelle mappe una narrazione. In modo tale che accompagni tanti laboratori attivi, partecipativi, nel quale far fare al territorio l’esperienza della comunità educante. Cioè fare esperienza del compito comune della corresponsabilità che tutti hanno nell’educare.”

E ora?

Dopo la presentazione degli esiti delle mappe partecipative, proseguiamo verso una comunità educante. Continueremo con questo processo di condivisione di saperi, per costruire un brand di comunità che, in modo dinamico, sappia riaccendere i desideri e i valori territoriali e mantenerli vivi.

Ma non solo.

Poi salteremo con coraggio: i partner dei territori redigeranno e firmeranno dei patti di corresponsabilità.

“È impossibile non educare, ognuno di noi all’interno della propria comunità assume un ruolo educante”

Gilberto Giudici, Cooperativa Il Piccolo Principe

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