“A modo tuo”

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«Grazie della favola, è bellissima…Sarà la quarantena, sarà la musica di Ale ma ho pianto dall’inizio alla fine! È proprio un libro per noi genitori, domani lo faccio vedere a Bea! Adora sentire le favole lette da te! notte!».

Messaggio mamma whatsapp

Questo è il messaggio che è arrivato la notte del 2 aprile a Vanina Barbieri, educatrice del Villaggio per Crescere di Genova e che ha letteralmente commosso lei e tutti i suoi colleghi. A parlare è Emanuela, 26 anni appena compiuti, una carriera in giurisprudenza a un passo dalla conclusione e una bambina, Beatrice, che il 21 aprile scorso, in piena quarantena, ha compiuto tre anni.

È lei, con la sua spontaneità, con il suo senso di gratitudine che ha ridato senso al lavoro degli educatori, che in questo periodo di distanziamento fisico è stato a rischio frustrazione. «Non lasciare traccia può essere per noi un frustrazione molto grande», spiega infatti Vanina.

La traccia che hanno invece lasciato gli educatori del Villaggio.

Emanuela e il video

«Era di sera – racconta la giovane mamma – avevo appena messo a letto Beatrice ed ero abbastanza abbattuta dalla situazione generale del coronavirus. Mi sono detta: ecco, oggi l’ho sgridata troppo. Potevo evitare di pulire la cucina e stare con lei. Potevo fare questo, potevo fare quello. Il mio stato d’animo era molto basso». Prima di andare avanti con il racconto è d’obbligo una premessa: Manuela è una mamma ipercritica con se stessa. Si mette in dubbio in una tensione continua alla ricerca della scelta migliore, dell’azione più appropriata, della parola giusta al momento giusto con sua figlia. È lei stessa ad ammetterlo: «Penso sempre: sto facendo la cosa giusta o la cosa sbagliata?». Quella notte del 2 aprile Emanuela ha fatto la cosa giusta.

«Di solito i video li guardiamo assieme ma quella sera è arrivato nella chat che lei dormiva». Il video in questione è quello della lettura di “Dai! Faccio io” libro di Luigina del Gobbo, con illustrazioni di Sophie Fatus. Un testo che parla dell’importanza di lasciare liberi i bambini di imparare da soli. E di sbagliare, se necessario. Mostra la forza educativa dell’errore.

«Sono scoppiata a piangere», racconta. E nella sua voce aleggia ancora un filo di emozione. «Nella vita normale le dicevo “dai fai veloce!” o “Dai, stai attenta”, mentre adesso che la vita è meno frenetica, che abbiamo più tempo per noi stessi mi sono detta che è arrivato il momento di farle fare le cose da sola». Il video di Vanina ed Alessandro è stato quello giusto, al momento giusto. «È come se avessero dato una risposta alle mie preoccupazioni. L’ho visto da sola e ho pensato che in realtà, a differenza degli altri, questo era rivolto più che altro a noi genitori.

Per questo Emanuela ha sentito la necessità di ringraziare Vanina e, attraverso lei, tutte le persone che lavorano al Villaggio per Crescere di Genova, il bisogno di condividere il suo stato d’animo con chi quelle emozioni gliele ha regalate. «Mi sono sentita dal cuore di scrivere questa cosa».

Il Villaggio a casa

Il Villaggio di Genova, così come tutti gli altri 9 centri dello Stivale si è infatti riorganizzato per continuare la propria attività anche durante la quarantena.

«Siamo partiti subito, tambur battente, per essere vicino alle famiglie», spiega la referente Maria Carla Sivori, che poi illustra il “programma” degli appuntamenti.  «Facciamo una diretta Skype il mercoledì, tutto il giorno, e abbiamo raccolto all’inizio circa 30 famiglie collegate, in tre gruppi da dieci. Abbiamo la chat, la pagina Facebook e con il materiale che mandano le famiglie realizziamo il podcast “Il Villaggio a casa” per stare accanto anche alle persone che non possono seguire in diretta».

Durante le videoconferenze di una trentina di minuti, si leggono libri, si fa musica, si gioca. Ed è proprio durante uno di questi appuntamenti che Vanina sceglie di leggere “Dai! Faccio io” accompagnata, dal suo collega Alessandro, ovviamente a distanza, in ottemperanza alle prescrizioni del governo e del buon senso. «Mentre io leggo lui suona o il flauto o la tastiera. Perché la lettura anche con una parte musicale diventa più piacevole per i bimbi».

Questa non è l’unica occasione di confronto. «Abbiamo programmato una data con un momento allargato a tutti i genitori (uno dei due), per dare uno spazio di parola non centrato tanto sulla relazione genitore-bambino ma più centrato sul genitore», sottolinea la referente del Villaggio, Maria Carla Sivori.

Il progetto Villaggio per Crescere prima della quarantena era focalizzato più sul bambino e sulla relazione genitore-figlio, sulla condivisione di esperienze e spazi. Ora che il distanziamento fisico per combattere il Covid-19 impone di evitare assembramenti di persone, il progetto si è rifocalizzato, dando una maggiore rilevanza anche al genitore, che ora assume un ruolo del tutto inedito e centrale. Se prima all’educazione di un bambino concorrevano diverse figure – i genitori in primis, i nonni, i maestri e le maestre di nido e asilo, i compagni di gioco e i loro genitori, gli amici di mamma e papà, solo per fare gli esempi più prossimi – ora i bambini hanno relazioni fisiche praticamente solo con i propri genitori.

Un cambio di abitudini che non poteva essere ignorato dai centri del Villaggio per Crescere. «Mai come in questo momento dobbiamo ripensare il nostro sapere professionale e il sapere delle famiglie», spiega ancora Sivori. «Anche le famiglie più “fragili” ci stanno mostrando una loro competenza, una loro resilienza, che se noi siamo bravi a intercettare e facilitare possiamo dare loro un aiuto concreto. Possiamo fare tanto».

Ed è per questo che avere un feedback dalle famiglie è fondamentale per gli educatori. «Il Villaggio che si fa via WhatsApp e in generale da remoto non è come farlo fisicamente. Per noi è fondamentale avere riscontro di quello che facciamo. Capire se va bene».

Per questa ragione il messaggio di Emanuela è così importante. Perché certifica che la semina fatta in questa quarantena è andata a buon fine e ha dato i suoi frutti.

«Ti vesti da sola stamattina, Bea?». «Sì, faccio da sola mamma!».

 

Mario Gottardi

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