A Genova il Villaggio è tempo per stare assieme e fare comunità

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«Mio figlio non è stato un bambino “precoce”: ha iniziato a parlare poco dopo i 3 anni, quando invece i suoi coetanei già “si facevano sentire”. Poi un giorno, dal nulla, ha iniziato a parlare, parlare, parlare e le prime parole che ha saputo pronunciare bene Filippo sono quelle dei libri che leggevamo assieme: cane, gatto, i nomi dei colori». Perché di libri Alice con suo figlio ne ha letti tanti, ancora prima che nascesse, quando ancora lo aveva in grembo, «per abituare il bambino al suono della mia voce. Poi ho continuato quando è nato». E da allora non ha mai smesso. È andata avanti con tenacia, conscia che i benefici prima o poi sarebbero arrivati.

«Per me il Villaggio per Crescere è una manna dal cielo. Perché Filippo, mio figlio, ha solo la scuola. Facciamo tante cose assieme nel fine settimana ma siamo sempre noi soli invece qui c’è un’occasione di confronto con altri». Anche se riconosce di «non essere troppo socievole», questa giovane mamma ha sempre cercato di instaurare relazioni. Ed è in questo tentativo di connessione che ha notato che «la maggior parte dei genitori cerca intrattenimento per i bambini e non una forma di integrazione e di relazione con i bambini». Lei invece ha sempre cercato relazioni, in primo luogo con suo figlio, ancor prima che nascesse.

Alice ha 38 anni, arriva dalla Lombardia, ha un compagno, abita a Genova da qualche anno e ha una passione: la letteratura per bambini e per ragazzi. «Mi sono avvicinata a Nati per Leggere(l’iniziativa di lettura condivisa tra genitori e bambini promossa dal Centro per la Salute del Bambino, dall’Associazione Culturale Pediatri e dall’Associazione italiana biblioteche, ndr), di cui poi sono diventata volontaria, perché ho sempre avuto un po’ la fissazione per i libri per bambini e quando è nato mio figlio ho avuto la scusa per sbizzarrirmi».  E difatti non ha perso tempo: quando ancora aveva in grembo il suo Filippo, ha preso in mano i libri di fiabe che ha trovato in casa e ha iniziato a leggere, a voce alta. Sapendo che il suo bambino ne avrebbe tratto grandissimi benefici. 

«Mio figlio sa giocare bene da solo, sa inventare tante storie e tanti giochi. Ad esempio una volta  a merenda ha voluto mangiare degli arachidi e con la buccia ha chiesto di fare delle marionette. È stato educato alla fantasia e alla creatività e credo che molto sia merito dei libri che leggiamo». E di volumi mamma e figlio ne divorano: due o tre da circa dieci minuti ciascuno. Un’attività che al bambino piace tantissimo. «Durante la giornata è lui che mi chiede “leggiamo un libro?”, lo sceglie e lo leggiamo. Quasi tutte le volte lo sceglie lui». 

Un investimento quotidiano di tempo, attenzione e affetto per far sì che suo figlio abbia gli strumenti giusti per crescere, migliorarsi. «L’unica cosa da fare è investire nei bambini, perché saranno loro a governare la società di domani. Per me il Villaggio è un ottimo motivo per provare ad applicare questi concetti». 

Non solo. Per Alice il Villaggio è un’occasione di confronto con gli altri genitori. «A volte si fanno attività dove sono le stesse educatrici che snocciolano argomenti e chiedono a noi mamme cosa pensiamo di un argomento, tipo “cosa ha bisogno di un bambino per crescere” e ognuna di noi diceva la sua». Un aspetto non banale, perché secondo Alice, «negli ultimi anni le famiglie con i bambini tendono a isolarsi. Una volta, alla mia generazione, si giocava per strada, si andava in bicicletta, ci si confrontava, anche con gli adulti. Mentre ora l’impressione che ho è che ognuno rimanga nel suo gruppo, nella sua casa, senza confronto». 

E invece il Villaggio serve anche a questo, serve soprattutto a questo: a creare una comunità,una comunità educante, perché «i bambini sono persone piccole che vanno stimolate, bisogna nutrire la loro mente con esperienze di vario tipo».

Non sono solo i bambini a dover essere stimolati. Secondo Alice, «l’impressione è che da una parte qualcuno si è incuriosito del Villaggio, ma  dall’altra c’è poca risposta da parte di comunità che invece ne avrebbero più bisogno». 

Conscia dell’occasione del Villaggio, Alice non si è persa d’animo. «Ho cercato di fare spam sui social. Hai contattato altre mamme, cercato di fare un po’ di pubblicità. Quando mi capita ne parlo senza essere troppo invadente perché vorrei che le persone si avvicinassero spontaneamente. Faccio il mio passaparola, dico che ci sono gli incontri, dico quello che facciamo».

«A Pontedecimo c’è solo uno scivolo in una zona spartitraffico. L’altra alternativa è la parrocchia. Forse il Villaggio può diventare un punto di riferimento importante per i bambini e per i loro genitori».

Mario Gottardi

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