A Siracusa il Villaggio dona tempo e speranza
di Centro per la Salute del Bambino
«Cosa fa il Villaggio? Dona del tempo».
Per un detenuto il tempo è una tortura che passa troppo lentamente. Per chi lo deve organizzare, come un imprenditore, il tempo è un onere e una responsabilità. Per un centometrista è un record da fare. Per una mamma di poco meno di trent’anni come Sofia, che deve badare a un bambino di 4 avere del tempo è sicuramente un privilegio. «I bambini tolgono energie, sono impegnativi, per cui incontrare per un caffè o per un altro appuntamento un’altra mamma è difficile, quasi impossibile. E invece a Villaggio si può. Il Villaggio dona del tempo. Un tempo diverso rispetto a quello che passiamo a casa con nostro figlio. Un tempo di qualità».
Il Villaggio di cui parla Sofia è il Villaggio per Crescere di Siracusa, che ieri, lunedì 4 febbraio, ha aperto ufficialmente i battenti nel quartiere di Mazzarrona, nei locali dell’istituto comprensivo “S. Chindemi”. La scelta di aprire in questo quartiere non è affatto casuale. Perché qui, tra questi palazzi della periferia siracusana far passare delle ore o dei minuti sereni, positivi non è scontato.
Il contesto sociale: il quartiere Mazzarona
Mazzarrona, infatti, è connotata da problematiche importanti legate all’infanzia: dalla scarsa presenza di servizi al rischio povertà educativa, alla violenza e all’assenza di figure di riferimento importanti. Una realtà purtroppo comune ad altre zone della città e ad altre città, del nord come del sud ma che qui si manifesta con criticità maggiori. «Ti devi spaventare a fare uscire i bambini», spiega infatti Sofia. «La mia casa ha doppi vetri e nonostante ciò il bambino, 4 anni, ha imparato a dire le parolacce da una signora che abita di fronte a casa nostra, avvezza al turpiloquio». Ma questo è forse l’episodio meno inquietante. «Sono rimasta molto impressionata quando un bambino dell’età di mio figlio si è rivolto a lui facendogli il gesto di tagliargli la gola. Lo prendono in giro perché un po’ in carne ma non pensavo si potesse arrivare a questo. Chissà dove ha visto fare quel gesto».
Mazzarona è un’area in cui c’è una forte povertà materiale ed educativa. I nonni sono molto giovani, i genitori giovanissimi, spesso poco più che bambini. E nonostante ciò molti papà e anche diverse mamme, oltre a tanti nonni sono in carcere o agli arresti domiciliari. E molti di questi nuclei familiari sono monoreddito o senza lavoro.
Arlene, una delle educatrici del Villaggio, della cooperativa Orsa conosce bene la situazione sociale e culturale di questo lembo di terra della Magna Grecia perché lavora anche al nido comunale. «La maggior parte delle donne non lavorano. Dicono: “mica lo porto a scuola così piccolo. Lo porto dalla nonna, dalla vicina”». Ma spesso la nonna e la vicina, al pari della mamma, non hanno gli strumenti educativi adeguati o vivono condizioni in cui loro stesse dovrebbero essere aiutate. «Siamo andate con le colleghe porta a porta – prosegue l’educatrice – per invogliarle a portare i loro figli al nido. Abbiamo avuto a che fare con una mamma agli arresti domiciliari e il padre in carcere. Papà e mamma arrestati perché rubavano il latte e il cibo per i bimbi. Abbiamo detto loro di portarli a scuola perché diamo noi questi servizi».
In realtà la situazione è peggiorata da quando è stata istituita la retta. Anche se bassa, solo 50 euro al mese, per una famiglia dove nessuno lavora o dove ci sono gravi problemi economici anche questa cifra, per tanti irrisoria, è un’enormità. E così inizia ad aumentare la dispersione scolastica.
Affrontare queste situazioni non è facile, nemmeno per persone come Arlene, che sono esperte e sanno trattare i bambini e le loro famiglie. «Siamo dovuti sempre andare con i piedi di piombo, perché queste persone sono coscienti della situazione di degrado e provano vergogna ad aprirsi, a confidarsi. Perché tu sei la “maestra” e loro dicono di “essere consapevoli di essere inferiori”. Vivono la paura di essere giudicati. Mentre tra loro sono sono “pari”: ecco perché affidano i figli al vicino piuttosto che mandarlo a scuola o da educatori professionisti». In moltissimi casi si tratta di persone che non sono arrivate a finire la terza media ma hanno due, tre figli, magari concepiti con partner diversi.
Il Villaggio
È in questo contesto che è emersa la necessità di aprire Un Villaggio per Crescere. La cooperativa Orsa, partner locale del Progetto, ha coinvolto anche il Comune in questa scelta. «L’amministrazione ha ritenuto doveroso agire», spiega Roberta Boscarino, assessore alle Politiche educative nel periodo in cui il Comune di Siracusa decise di entrare nel progetto in qualità di partner afferente. Ed è per questo che i locali che ospitano il Villaggio sono quelli dell’Istituto Chindemi. «Il Comune ha investito nella struttura – spiega – per supportare l’apertura della scuola con un intervento costante».
A Boscarino fa eco il suo successore, Pierpaolo Coppa: «Abbiamo sostenuto come amministrazione questo progetto che favorisce la crescita per i genitori ed i ragazzi dalla prima infanzia alla pre-adolescenza, in un percorso costruttivo e di ascolto importante, in un quartiere della città che forse ha più bisogno di sentire la presenza costante della nostra amministrazione”.
L’obiettivo del Villaggio è infatti quello di costruire una comunità educante cominciando da un’azione di sensibilizzazione della qualità del rapporto genitore-figlio e dell’educazione nei primi tre anni di vita per proseguire sul percorso di avvicinamento alla scuola primaria. Per questo il Villaggio crea una rete tra l’istituzione scolastica e le famiglie attraverso le sue attività. Nel Villaggio c’è infatti uno spazio per leggere, giocare, fare musica, dipingere e coltivare un orto. Tutto in modo condiviso tra piccoli e adulti, entrambi supportati dalla presenza fisica e dalla professionalità di educatrici appositamente formate. Il progetto nazionale è stato ideato dal Centro per la Salute del Bambino di Trieste e selezionato dall’Impresa sociale “Con i bambini” nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile infatti prevede la formazione specifica degli educatori.
«I bambini hanno bisogno di persone che si prendano cura di loro perché crescano in modo diverso rispetto a come crescono in casa. Che diano loro del tempo», sottolinea Sofia. «Siamo pieni di nonni che dicono “dopo, dopo, dopo”. Le maestre a scuola – per quanto riguarda i più grandi – non hanno voglia, sono sempre con lo smartphone in mano e fanno vedere loro addirittura dei video su Youtube, pur di non passare del tempo in attività formative con i bambini»
Per fortuna che ora c’è il Villaggio. È una speranza».
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