Come possiamo educare alla felicità?
di unascuolacondivisa
TAPPA 11 _ 2020
a cura di Barbara Mitelli e Marina Alini, Scuola di Coaching Umanistico
La Scuola di Coaching Umanistico non ha potuto resistere al richiamo di far parte di un progetto che promuove una cultura della felicità e che abbia come punto di partenza i più giovani e tutte le persone che ruotano attorno al mondo della scuola, insegnati, famiglie operatori etc..e così eccoci a dare il nostro contributo dentro “Una scuola condivisa”.
Pensiamo che oggi diffondere una cultura della felicità passando attraverso progetti, gesti e attività concrete, partendo dalla scuola e dalla comunità educante, richieda coraggio e rappresenti una sfida interessante.
Ma cosa intendiamo per felicità?
Il termine felicità è denso e spesso usato in modo vago, confuso e con il rischio che poi diventi una chimera, o un termine aleatorio; a noi piace pensare che le persone lo possano rendere concreto nella propria vita quotidiana.
Nei più piccoli la ricerca della felicità è un movimento naturale che nasce dall’amore per la vita. Avete mai chiesto a un bimbo che cosa vuol dire essere felice? Noi si, e abbiamo avuto risposte che sono la manifestazione concreta della loro energia vitale; essere felice per qualcuno è “giocare con gli amici”, per qualcun altro è “sono felice quando vedo la mia mamma e il mio papà che ridono”, “sono felice quando vado a cavallo” etc.…
Con l’affacciarsi della coscienza (attorno ai 9-11 anni) la felicità può iniziare ad essere pensata ed è possibile sviluppare idee sul suo conto. Nella relazione con gli adulti i giovani sono disponibili e desiderano confrontarsi per capire quali siano le strade da seguire per costruire la felicità e prima ancora capire se è vero che si può essere felici in questo mondo. Eppure se ne parla troppo poco. Una felicità che soprattutto per i più giovani è da raggiungere e vivere con gli altri.
La felicità è un processo complesso ed è importante operare alcune distinzioni per orientarsi. La prima sta nell’inquadrare correttamente le emozioni positive, la gioia, la serenità, il piacere come insieme di stati emotivi e sentimentali e la felicità in senso eudaimonico come processo superiore che ricomprende le prime, ma va oltre perché prevede una progettualità significativa di vita e si collega al processo di autorealizzazione. Ci piace pensare che ognuno nel suo percorso di crescita possa decidere che persona vuole essere e che vita vorrebbe vivere. Certo non vediamo la felicità come uno stato o un punto di arrivo, ma piuttosto come un processo dinamico di cui ci prendiamo cura nel tempo.
Per promuovere la felicità da un punto di vista eudaimonico, è essenziale che il processo di autorealizzazione sia armonico e correlato a tutti gli ambiti della vita:
- il rapporto con sé stessi,
- la sfera delle relazioni,
- l’ambito delle proprie attività.
Una persona è felice se trova un’armonia complessiva tra ciò che è, ciò che fa e come vive le relazioni più significative per lui/lei.
Questa prospettiva non afferma una visione individualistica dell’essere umano, perché la felicità significativa promuove sempre un bene che è anche collettivo. La felicità che si nutre di significati e che si realizza attraverso le potenzialità personali si definisce soprattutto in una dimensione relazionale.
Come possiamo educare alla felicità?
Innanzi tutto pensiamo sia utile porsi come obiettivo educativo quello di contribuire alla felicità dei giovani che incontriamo, ma anche sperimentarla in prima persona.
Educare alla felicità significa promuovere processi di autorealizzazione dentro una prospettiva etica (che persegue il bene), il Coaching Umanistico ha preso spunto dal lavoro di due psicologi e ricercatori americani Decy e Ryan (e dalla loro teoria conosciuta come Self Determination Theory). La Teoria dell’autodeterminazione afferma che un individuo tende a soddisfare i bisogni contenuti in tre aree di sviluppo, come coach arricchiamo il concetto, parlando più di aspirazioni connaturate e fondamentali che di bisogni, all’interno di un processo che mira alla felicità:
- La sfera dell’autonomia dove si colloca la possibilità di scegliere (la creazione di atti liberi che riescono a renderci più felici), è l’area del rapporto con sé stessi e dell’autogoverno.
- La sfera della relazionalità, ovvero il nostro mondo di affetti e di relazioni autentiche.
- La sfera della competenza ovvero l’interagire con l’ambiente tramite le nostre opere.
Le aspirazioni che scaturisco da queste tre aree diventano spinte motivazionali che fanno nascere significati di felicità. Così il compito di chi educa può essere quello di accompagnare i più giovani a dare contenuti a queste sfere: ciò che realizza l’autonomia non è solo la libertà di scelta come possibilità, ma il contenuto: che scelte voglio fare? Così come nella relazionalità la tensione ad andare verso gli altri determina l’amicizia e l’amore con persone concrete, a chi mi voglio dedicare? Infine, l’impegno a governare le proprie scelte di vita ispira la ricerca di vocazioni, ovvero opere e attività a cui siamo appassionati: in quali attività voglio investire il mio tempo?
In questo ricco ed articolato percorso abbiamo avuto il piacere di avviare spazi di confronto con i numerosi partner presenti nel progetto, operatori appassionati, persone che hanno il coraggio di accettare la sfida di contribuire alla felicità. Con loro abbiamo iniziato a riflettere su quali siano le strategie per dare un contributo alla felicità dei più giovani attraverso le loro proposte educative. Così a partire dalle aree di sviluppo abbiamo individuato una serie di categorie che possono ispirare i contenuti delle attività per renderle sempre più ricche tra cui: allenare l’immaginazione, esplorare le vocazioni, prendersi cura di sé, promuovere l’autosuperamento, la curiosità di conoscere l’altro etc.…
Queste categorie diventano piccoli semi che attraverso le attività allenano i più giovani a sviluppare un atteggiamento, un modo di vivere che permetta loro di coltivare il proprio amore per la vita.
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La Scuola di Coaching Umanistico si propone di contribuire allo sviluppo di una cultura della felicità individuale, relazionale e sociale attraverso lo studio scientifico del potenziale umano benefico e delle metodologie pratiche per allenarlo e svilupparlo.
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