STEM*Lab bookclub: Lynn Margulis raccontata da Adriana Giannini

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Il progetto STEM*Lab inaugura una nuova rubrica per il nostro blog in collaborazione con la rivista letteraria exlibris20, uno spazio in cui parlare di scienze attraverso strumenti narrativi. Leggeremo per voi i libri in uscita e ci confronteremo con autori/rici e ed esperti/e sui temi in oggetto.

La prima ospite del bookclub di STEM*Lab è Adriana Giannini, giornalista scientifica, autrice di Lynn Margulis. La scoperta dell’evoluzione come cooperazione, edito da L’Asino d’oro e pubblicato da poche settimane, per la sezione “Scienza” a cura di Pietro Greco, all’interno della collana Profili di donna.

Per quanto riguarda la ricerca in campo scientifico, il tema del gender gap è sempre più sentito, come dimostra il fatto che esista un fenomeno divenuto noto come “effetto Matilda”. Il nostro progetto se ne occupa fin dalle prime possibili origini in ambito educativo, incoraggiando le bambine allo studio delle materie STEM.

 

 

Quale importanza ha avuto per lei l’esempio di donne come Lynn Margulis, che sono riuscite a costruirsi una carriera autorevole, nonostante tutte le difficoltà incontrate?

« La collana Profilo di donna si propone di parlare di donne che sono riuscite a distinguersi nei loro ambiti professionali, pur avendo incontrato difficoltà ad affermarsi a causa degli stereotipi presenti nella società. Lo dimostrano le biografie sinora pubblicate: l’astronoma Margherita Hack, la matematica Emma Castelnuovo, la fisica Lise Meitner, la biologa premio Nobel Rita Levi Montalicini, ecc.

Il gender gap che ancora esiste riguarda, più che la presenza delle donne negli ambiti scientifici, la loro difficoltà a raggiungere posizioni dirigenziali (il tetto di cristallo che le sovrasta). Le donne fanno comodo come collaboratrici attente e scrupolose, ma fanno molta più fatica a farsi riconoscere in grado di dirigere una ricerca e di sviluppare idee innovative (l’effetto Matilda citato nella domanda).

Nel mio caso le uniche difficoltà a realizzarmi compiutamente le ho trovate in famiglia: da parte dei genitori una mentalità che non mi spingeva a essere troppo ambiziosa professionalmente e, dopo sposata, un marito su cui non potevo abbastanza contare per la cura di mio figlio. Quest’ultima circostanza mi ha impedito di accettare lavori che mi tenessero troppo lontana da casa. Anche Lynn Margulis ha avuto problemi di questo tipo ma, avendo molta energia e forza d’animo, è riuscita a portare avanti lavoro di ricerca, insegnamento e quattro figli. Dai due mariti, in effetti, ha divorziato. »

Lynn Margulis è stata un’infaticabile ricercatrice, che ha dedicato la vita allo studio delle forme più infinitesimali di vita, da cui ha dedotto intuizioni incredibili sull’intero cosmo e l’origine della specie. Si definiva “la portavoce del microcosmo”. Può aiutarci a comprendere meglio cosa rende così rivoluzionario il suo approccio cooperativo all’evoluzione?

« Per spiegare in poche parole qual è stato il  maggior contributo di Lynn Margulis nel campo della biologia evolutiva va fatta una premessa. Dopo il 1953, quando fu scoperta la doppia elica del DNA come elemento basilare del genoma contenuto nel nucleo cellulare, i biologi ritennero di aver risolto tutte questioni lasciate aperte da Darwin. Secondo la maggior parte di essi, che si definivano neodarwinisti, il fattore fondamentale per l’evoluzione di nuove specie erano le mutazioni casuali del genoma.
Invece Lynn Margulis, che fin dai primi anni della sua carriera universitaria negli anni sessanta aveva concentrato la sua attenzione sul poco indagato mondo dei procarioti (prevalentemente batteri), presenti già nella Terra primordiale circa tre miliardi e mezzo di anni fa, aggiunse un fondamentale tassello alle teorie evolutive. Si trattava del fenomeno della simbiogenesi, ossia della possibilità che la simbiosi (ossia il vivere insieme senza danneggiarsi) tra organismi primitivi diversi potesse dare origine a nuove specie dotate di più estese capacità. Dapprima presa poco sul serio, Lynn Margulis riuscì a dimostrare che i veri precursori di animali, alghe e funghi furono proprio questi antichissimi procarioti che unendosi stabilmente tra loro diedero luogo a forme di vita sempre più complesse, come del resto siamo noi.
Un’alga verde come la Chlorella può vivere all’interno di un microrganismo più grande continuando a fare fotosintesi, perché è circondata da una propria membrana che le consente di non venire digerita. (Non è l’alga a mutare, ma il complesso alga + ospite a dare origine a un nuovo organismo più evoluto).
Un esempio che tutti possiamo vedere facilmente in natura sono i licheni, che rivestono con una crosta color ruggine rocce e muri di pietra. Sono originati dalla simbiosi permanente tra un’alga che procura il nutrimento facendo fotosintesi e un fungo che fornisce la struttura di sostegno e mantiene l’umidità. »

Una parte molto importante nel libro è dedicata al rapporto professionale con James Lovelock e al contributo offerto dalla Margulis alla teoria di Gaia, in qualche modo suggerendo che l’atmosfera è da considerarsi essa stessa una forma di vita. La Margulis ha poi chiarito che si trattava di una teoria non particolarmente sostanziata da verità scientifica, ma comunque utile a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientali. In che modo, dunque, i suoi studi sulle comunità batteriche ci sono utili per rivedere in chiave contemporanea il concetto di ecosistema ed ecologia?

« Secondo la teoria di Gaia il sistema costituito dal pianeta Terra, dagli organismi che vivono su di essa e dall’atmosfera si mantiene in equilibrio attraverso un meccanismo di autoregolazione in cui ogni elemento è dipendente dagli altri due. Lynn Margulis aveva appoggiato questa teoria perché pensava che mettesse ben in evidenza l’importante ruolo svolto dai microrganismi nell’aver formato gli ambienti, quali noi li conosciamo a partire dagli ambienti primordiali presenti miliardi di anni fa sulla Terra. Non apprezzava, però, la trasformazione new age della teoria che aveva fatto diventare Gaia una sorta di dea Terra capace di autoregolarsi. Del resto lo stesso Lovelock disse che la popolarità di Gaia aveva nuociuto alla scientificità della teoria. »

Con il progetto STEM*Lab ci troviamo spesso a riflettere anche sulla via da intraprendere per promuovere una divulgazione scientifica che sappia catturare l’attenzione delle nuove generazioni con nuovi strumenti e con uno storytelling appassionante. Nel libro, sono toccate due interessanti esperienze intrecciatesi alla vita di Lynn Margulis in questo senso: quella del figlio Dorion con Microcosmo, che racconta le scoperte della madre in chiave narrativa, e The Life Game, documentario per la BBC di Nigel Calder in cui è presente la stessa Margulis. Qual è la direzione che intravede per raccontare la scienza oggi?

« Lynn Margulis era un’ottima divulgatrice delle sue idee e coglieva ogni occasione per trasmetterle a un pubblico il più ampio possibile. Per fare questo, aveva anche fondato insieme al figlio Dorion una collana di libri all’interno di una casa editrice di indirizzo ambientalista. Dunque non pubblicava solo articoli scientifici, ma anche libri rivolti a semplici appassionati di biologia. Oltre alle sue coinvolgenti lezioni ed esercitazioni all’Università del Massachusetts e sul campo, viaggiava in vari paesi del mondo dove teneva molte seguitissime conferenze, in cui proiettava immagini e filmati realizzati dai suoi collaboratori. Insegnanti del suo calibro e del suo carisma possono davvero influire sulle scelte e sulla vocazione dei loro allievi, ma non sono facili da trovare anche perché l’insegnamento delle scienze è considerato materia “secondaria”. Si possono anche cercare altre strade: per esempio mi piacerebbe che qualche sceneggiato o serial televisivo raccontasse la vita di qualche scienziato o scienziata. Recentemente abbiamo visto come gli scacchi siano venuti alla ribalta grazie al serial “La regina degli scacchi”. Anche libri come quelli che pubblica la casa editrice con cui ho collaborato per il mio libro potrebbero servire a stimolare la voglia di studiare materie nell’ambito STEM … »

 

Intervista raccolta da Nicoletta Daldanise | assistente al coordinamento STEM*Lab

 

 

 

 

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