Prendete la vita con leggerezza | #1
di stemlab
Queste cronache vogliono essere un viaggio il più possibile leggero in questo periodo dove la quotidianità di tutti è stata presa e rovesciata come un calzino. Leggerezza sarà la parola d’ordine con cui mi approccerò a raccontare questi giorni, non per questo sarò manchevole di contenuti e spunti, semplicemente non starò ad ammorbarvi con statistiche, teorie del cambiamento apocalittiche ma vi racconterò come sto cercando si orientarmi in questa nuova dimensione.
Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. […] La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Coerenza, le sei Lezioni americane di Italo Calvino del 1985 previste all’Università di Harvard, e mai avvenute per la morte dello scrittore nello stesso anno, sono sempre stati spunti essenziali nel mio lavoro.
In questi giorni in cui le giornate mi sono sembrate sorprendentemente lunghe e frenetiche, dove le ore si sono alternate tra Skype, Zoom, Webinar, il buon vecchio WhatsApp (che non delude mai) e qualche boccata d’aria per fare la spesa, il lavoro di un’educatrice come la sottoscritta è completamente cambiato.
Rispetto a quello che succedeva prima del 28 febbraio, abbiamo assistito tutti a una sorta di Capodanno Cinese…
Meglio non scherzare!
È toccato fare i conti con modalità di lavoro differenti, soprattutto se fino a qualche giorno prima il proprio approccio si basava sul rapporto diretto con famiglie, bambini, adolescenti, più in generale persone e colleghi, con cui si svolgevano attività in cui guardarsi negli occhi era considerato normale. Da inizio marzo è diventato invece normale comunicare attraverso i device che si hanno a disposizione: smartphone, PC, Tablet ma anche il telefono fisso.
Sembra incredibile ma vive e lotta insieme a noi.
È diventato normale parlarsi attraverso uno schermo e questo mi ha ricordato di quando avevo un’amica a Londra e ci sentivamo via Skype, che all’epoca mi sembrava strano, una roba da 2001: Odissea nello Spazio per intenderci.
Tra le cose che mi hanno più colpito, c’è stato un arricchimento del nostro lessico che ha subito integrazioni che avrete sicuramente notato anche voi: le telefonate sono diventate call, le riunioni conference call o meeting.
La famosa frase con cui veniamo sempre smascherati in quanto educatori, “prendiamoci un appuntamento”, ha cessato di esistere. Le scadenze in programma sono state ribaltate e il caos ha preso il sopravvento sulle nostre belle agende. Quelle agende baluardo di organizzazione, programmazione e calendarizzazione, parola carissima a noi educatori, hanno subito un duro colpo.
Personalmente mi sento in una bolla temporale di cui non ho ancora ben capito le regole, sto prendendo confidenza con questo nuovo spazio tempo e vado per tentativi cercando di non perdermi. A tal proposito nel rincorrere webinar, che sembrano perseguitarmi con reminder che mi arrivano direttamente via mail, uno in particolare ha colpito i miei neuroni per la capacità del relatore di creare empatia anche a distanza su un argomento molto caldo nella didattica di questi anni: il Coding.
Il 13 marzo si è svolto Opportunità del Creative Coding applicate alla didattica, lezione tenuta da Massimo Avvisati, responsabile dell’area Ricerca e Sviluppo Educativa di CODEemotion We Code the future Together in collaborazione con Amazon. Un’ora preziosa in cui si è parlato di Scratch, Tinkering e Storytelling e di tanti altri bigger in gran voga in questi ultimi anni in ambito educativo. Non è mia intenzione entrare nel merito degli argomenti trattati, perché in primis non sarei in grado di spiegare con la stessa precisione e competenza di chi ha tenuto il corso, in secondo luogo perché non sono temi da raccontare ma da esplorare (vi lascerò il link se vorrete smanettare in autonomia perché ho trovato molto valido l’approccio e accessibile a tutti). Quello che mi è rimasto, rileggendo gli appunti presi, sono un elenco di top five per svolgere coding creativo che in questi giorni di reclusione esplorerò: Scratch, Make Code, mblock, MIT App Inventor, P5.Js. Negli anni non ho mai lasciato molto spazio a quelle famose STE(A)M, o almeno credevo che non mi appartenessero ma mi sbagliavo. Ho scoperto ad esempio che la mia amicizia con il Tinkering era consolidata già da lungo tempo a mia insaputa e che il Coding Unplugged in realtà era già nelle mie corde.
Se non hai la più pallida idea di cosa si intenda per Coding Unplugged, no panic e schiaccia qui
Al di là del magico elenco di Top five per svolgere coding creativo ho apprezzato ancora di più il tempo dedicato dal relatore a due concetti che possono fare davvero la differenza, soprattutto se, come me, si arriva da una formazione umanistica e si fatica a sentirsi a proprio agio quando si inizia a parlare di matematica anche solo alla lontana.
Il primo: Non imparare a programmare ma programmare per imparare. Ovvero l’obiettivo non è imparare a usare Scratch o Make Code ma esplorare, sperimentarsi con uno strumento nuovo e programmare usando quei concetti astratti imparati tra i banchi in modo creativo, per costruire qualcosa che abbia senso per noi stessi. Un esempio pratico e immediato è capire il funzionamento dei gradi (45°, 90°, 180°) programmando con Scratch un gatto che deve fare un percorso per arrivare alla sua ciotola e bisogna “dirgli” di quanti gradi si deve girare se vorrà mangiare. Sbagliando si impara era un concetto che già mi apparteneva, ma qui si sposa perfettamente con programmo per imparare.
Il secondo: Non avere paura di uscire dalla propria Comfort Zone. Durante il webinar condotto da Massimo Avvisati, ho apprezzato la cura con cui a un certo punto ha avvisato lo spettabile pubblico che stavamo per uscire dalla nostra zona di sicurezza per entrare in qualcosa di poco conosciuto. Può sembrare scontato ma avere qualcuno che ti preannuncia che stai per uscire dal sentiero che conosci a memoria e che ti accompagna in una foresta incantata, io l’ho molto apprezzato. Questo secondo concetto è fondamentale perché dovrebbe ricordarci che tutti attraversiamo una fase di apprendimento e di errore e che se la nostra comfort zone diventa rigida e fissa è più simile a una prigione. Altro aspetto che emerge è che colui che ti guida verso orizzonti sconosciuti, un potenziale educatore digitale, non ha il compito di spiegarti per filo e per segno come ti dovrai comportare. Il suo compito sarà quello di indicarti i sentieri adatti che puoi percorrere con le tue attuali conoscenze e capacità, ponendoti le giuste domande e non facili risposte.
Per concludere, la storia della comfort zone mi ha sempre affascinato e preoccupato allo stesso tempo, ma fortunatamente la mia curiosità è sempre stata a sostegno del coraggio di osare e di provare con quella leggerezza che mi suggeriva Italo Calvino quando lo consumavo alle superiori.
Queste settimane saranno lunghe, tanto vale lanciarsi in nuove avventure.
#Siate leggeri!
Tre link per voi
Lezioni Americane (1985) di Italo Calvino . Da questo sito è possibile scaricare il libro
https://www.academia.edu/4073741/Italo_Calvino_Lezioni_americane
Panico tratto dall’ultimo album Go Go Diva (2018) della Rappresentante di Lista
https://youtu.be/PeoBa-7l8DI
CODEmotion. We code the future, together
https://www.codemotion.com/
Chiara Puleo | Educatrice, Liberitutti scs
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