LE LEGGI RAZZIALI SPIEGATE AI NOSTRI FIGLI

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Il progetto “Give teens a chance”, finanziato dall’Impresa Sociale “Con i bambini”, ha organizzato, durante tutto l’anno scolastico, incontri e attività a scuola con giovani e adolescenti per parlare delle leggi razziali e comprendere l’importanza della memoria. In classe gli operatori hanno raccontato, attraverso le parole dei sopravvissuti e le immagini della propaganda, il clima di odio e la profonda ingiustizia di quegli anni. I ragazzi, dopo aver ascoltato con attenzione le testimonianze, sono stati invitati a confrontarsi sugli aspetti che hanno reso possibile l’ostilità esasperata di quel periodo nei confronti degli ebrei e delle persone considerate “diverse”. Hanno riflettuto sul termine “indifferenza” e alcuni di loro, spontaneamente, hanno alzato la mano per suggerire un accostamento tra gli avvenimenti del ’38 e l’attualità: “l’indifferenza è quando non accogliamo le persone che vengono dal mare” osserva timidamente Andrea, 10 anni.
Perché ricordare le leggi razziali a 81 anni dalla loro proclamazione?
Siamo eredi di una testimonianza oggi messa in pericolo dalla banalizzazione della Shoah e dalla rinascita di aperte manifestazioni antisemite. È noto a molti il caso di alcuni ultras laziali che, per schernire i tifosi avversari, hanno deciso di attaccare nel settore ospiti occupato dai giallorossi degli adesivi raffiguranti Anna Frank con la divisa della Roma durante la partita Lazio-Cagliari dell’ottobre 2017. Il tutto accompagnato da ulteriori stickers di completamento con su scritto: “romanista ebreo”.
Lo chiamano humor nero, ma si sostanzia nella mancanza di alcun senso del pudore e nell’incapacità di prendere sul serio qualsiasi cosa, anche uno dei momenti più tragici della nostra storia. È figlio della cultura del nostro tempo: viviamo da spettatori passivi gli eventi del nostro mondo e scorriamo le notizie sullo schermo senza leggere, comprendere, preoccuparci. I drammi di ieri e di oggi sono percepiti come lontani ed irrilevanti, per questo è possibile scherzarci sopra. È un’anestesia al cuore che impedisce di provare compassione e di percepire una responsabilità di fronte all’ingiustizia e alla discriminazione, anche ai nostri giorni. E il primo bersaglio di quest’apatia cronica sono i giovani, proprio loro che rappresentano il futuro di una testimonianza che si assottiglia sempre più al diminuire di coloro che sono “memoria vivente”, i sopravvissuti ai campi di concentramento e alla persecuzione. I provvedimenti per la difesa della razza, benché emanati dall’alto, non avrebbero avuto una tale efficacia se non avessero incontrato, oltre al sostegno aperto di alcuni, la timida approvazione e l’indifferenza di tutti gli altri. Il disegno crudele di Hitler e Mussolini è stato accolto silenziosamente dalla popolazione e non ha destato scalpore.
I giovani devono essere aiutati a “indignarsi”, a sviluppare uno sguardo critico sugli avvenimenti del nostro mondo per non cedere “all’aria che tira”. È difficile sviluppare un pensiero alternativo e autonomo, soprattutto nelle periferie urbane, in cui l’alienazione e il senso di isolamento sociale spesso producono un rancore autoreferenziale e la povertà educativa produce un assorbimento acritico delle opinioni più superficiali e dure, ma l’ascolto attento delle testimonianze dei sopravvissuti e il confronto in classe costituiscono un importante passo per alimentare quella memoria che, come sostiene la senatrice Liliana Segre, è “vaccino contro l’indifferenza”.

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