Ripartire da piccole esperienze concrete e dalle relazioni, chiave di volta di ogni possibile cambiamento.
di laquilonescs
Laboratori in piccolo gruppo e momenti di incontro con le carriere e i sogni altrui: gli adolescenti del progetto Sakidō ripartono dalle proprie risorse e dalle relazioni interpersonali.
“Attraverso la fiducia, la possibilità di vedere altro al di là dell’etichetta di ‘malato’ o ‘Hikikomori’, abbiamo potuto scoprire giovani pieni di risorse nonostante l’isolamento e la reclusione sociale, persone dietro l’evento clinico”.
Ci piace ripartire da qui, da ciò che Matteo ha condiviso con tutti noi nel precedente articolo e da quanto abbiamo avuto la possibilità e la gioia di osservare in questo anno di svolgimento del progetto Sakidō: giovani capaci di sorprenderci e con tantissime risorse, al di là dell’isolamento e di qualsiasi etichetta si voglia loro appiccicare.
Per i ragazzi in situazioni di ritiro sociale il progetto Sakidō prevede, oltre alla presa in carico psicologica, percorsi laboratoriali in piccolo gruppo volti allo sviluppo di competenze relazionali, creative e trasversali. Le abbiamo chiamate “le mattine di Sakidō”, tre mattine a settimana in cui abbiamo proposto, non solo differenti laboratori (dai giochi in scatola al fumetto, passando per il laboratorio multimediale), ma anche “pillole di esperienza”, ossia piccole trasferte in cui siamo andati a conoscere persone che ci hanno donato il loro tempo e condiviso la loro esperienza, raccontandoci come sono stati capaci di rendere una passione una vera e propria professione.
Il giovedì mattina è stato invece dedicato all’arte terapia, un intenso e ricco percorso per aiutare i ragazzi a far emergere colori ed emozioni che vivono in loro.
Nelle mattine di Sakidō i ragazzi hanno avuto modo di sperimentarsi e pian piano ricominciare ad entrare in relazione con altre persone. La prima fase è stata una fase di sblocco, un’occasione in cui i ragazzi hanno trovato dei luoghi e dei momenti, al di fuori della loro stanza, in cui non percepivano il giudizio altrui e all’interno dei quali sentirsi liberi di portare loro stessi sentendosi accettati. Il laboratorio con cui abbiamo iniziato è stato un laboratorio sui giochi in scatola, con l’intento di fare emergere e restituire loro la consapevolezza di possedere competenze e risorse indipendentemente dal fatto che avessero interrotto da tempo il percorso scolastico.
Ciò che è emerso quasi subito con forza, è che quel percorso iniziale è stato estremamente efficace per smuovere delle modalità relazionali; abbiamo potuto osservare un cambiamento nei ragazzi, un’evoluzione differente per ciascuno di loro. Per qualcuno il cambiamento si è manifestato addirittura nell’aspetto fisico, nel modo di presentarsi: un viso sempre coperto dai capelli si è mostrato grazie ad un nuovo taglio, una gestualità soffocata e ridotta si è evoluta in un linguaggio corporeo più aperto.
I ragazzi, abituati ad avere relazioni quasi esclusivamente virtuali, hanno iniziato a sentirsi al di fuori di questi momenti, instaurando dei veri e propri rapporti, con tutto ciò che questo comporta: affinità elettive tra qualcuno, percepiti di esclusione per qualcun altro, come accade in ogni gruppo nella vita reale. Insomma, il confronto con i pari e con gli adulti con cui si sono ritrovati, ha rappresentato un vero e proprio scossone interiore, l’opportunità di accorgersi che la condizione che stavano vivendo non è una condizione abituale e nemmeno irreversibile.
Un momento che ha particolarmente interessato e coinvolto il nostro gruppetto di giovani, è stato quello dedicato al laboratorio multimediale. In una prima fase, un esperto di Microsoft ha insegnato loro ad assemblare un computer e a metterci un sistema operativo, in seguito abbiamo ipotizzato la costruzione di un videogioco, pensato insieme ai ragazzi e rivolto ad adolescenti che stanno magari vivendo un momento di difficoltà simile al loro. Li abbiamo ingaggiati e coinvolti nella creazione della landing page di un sito di progetto che proporremo a Microsoft, raccogliendo suggestioni e preziosissimi contributi su come quella pagina dovesse presentarsi per colpire l’attenzione dei giovani. Sulla base della loro esperienza e dei loro vissuti, i ragazzi hanno aiutato a costruire l’estetica della pagina e, una tra loro, ha creato le musiche campionando dei suoni. Quest’ultima parte di progetto è ancora in via di attuazione, contiamo di avere il prodotto finito a settembre.
Ci siamo inoltre sperimentati nelle riprese e nel montaggio di un video commissionato dall’Informagiovani di Vergiate (VA) per l’evento del 2 giugno dedicato al battesimo civico dei diciottenni, un impegno che per le ragazze coinvolte ha avuto un riscontro economico concreto e il cui risultato abbiamo festeggiato uscendo a cena tutti insieme. Un piccolo e bizzarro gruppetto composto da due educatori e tre adolescenti, capaci di rimettersi in gioco e di riuscire di nuovo a sorridere della propria fragilità.
Il martedì mattina è stato il giorno dedicato alle “pillole di esperienza”, momenti di contatto con le carriere ed i sogni altrui, in cui abbiamo scoperto storie e passioni e provato a riflettere su quel che ci piacerebbe fare da grandi.
Abbiamo incontrato scrittori di libri fantasy, artigiani calzolai, una venditrice di birra artigianale, una tatuatrice ed educatrice cinofila, un giovane fotografo. Abbiamo visitato un negozio di abbigliamento e creato outfit personalizzati, siamo stati accolti dalla redazione del Giornale di Arona che ci ha dedicato un articolo, fatto irruzione in una scuola di Shiatsu di Varese ed ascoltato con interesse ogni racconto ed esperienza di chi abbiamo incontrato. Ognuna di queste persone ci ha raccontato con originalità e franchezza la propria umanissima storia, storie in alcuni casi con tratti comuni ai vissuti dei nostri ragazzi.
Il nostro gruppetto di giovani, durante queste piccole esperienze in trasferta, non solo ci è stato, ma si è confrontato con un mondo esterno che li ha coinvolti, interpellati rispetto a quali fossero i loro sogni e le loro ambizioni, a volte messi in discussione. Insomma, un “mondo esterno” che li ha costretti ad una relazione non così accogliente e protettiva rispetto a quella a cui i genitori e, in parte anche noi educatori, li avevamo abituati.
Con questi adolescenti in situazione di ritiro, siamo partiti un po’ in punta di piedi, con il timore che, se troppo forzati, i ragazzi potessero ritrarsi e isolarsi nuovamente. Con il tempo abbiamo compreso che, pur assecondando le loro inclinazioni, ai ragazzi serviva una “struttura”, dei tempi scanditi, delle attività prestabilite e un po’ di rigidità rispetto agli impegni programmati. Sapere di dover svegliarsi presto nonostante l’alterato ritmo sonno-veglia, rispettare gli orari e gli impegni presi… i ragazzi non solo non si sono ritratti, ma hanno partecipato con costanza, anche se qualche volta è stata dura ed è diventato necessario farsi forza l’uno con l’altro.
Il tempo è trascorso, tra lavoro, domande, una continua ricerca, successi e qualche abbandono. Di una cosa però abbiamo certezza: durante le mattine di Sakidō si sono chiaramente aperte delle porte e le piccole grandi relazioni instaurate sono diventate la chiave di volta di ogni possibile cambiamento.
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