La pandemia e il lockdown con gli occhi dei ragazzi
di natiperleggere
Da una prima fase di ansia e stress si è passati alla rabbia e all’aggressività. La tenuta dell’adulto è fondamentale per la tenuta dei più giovani. Ad un anno dall’inizio della pandemia del XXI secolo abbiamo parlato con due psicologhe per capire che tipo di impatto le mutate relazioni sociali avranno nella mente e nei comportamenti di questa generazione di bambini e bambine. “La credibilità degli adulti è a rischio, se perdiamo quella avremo difficoltà con questa generazione e conseguenze sul piano sociale non ancora prevedibili”.
In questo anno ci siamo abituati ad avere familiarità con una serie di nuove parole: lockdown, pandemia, assembramenti, mascherina, congiunti. Un nuovo universo lessicale per tradurre un mondo che si è ristretto alle pareti della nostra casa, della nostra città. E se da un lato è banale calcolare i danni dal punto di vista sanitario ed economico, più difficile ed articolato è prevedere che tipo di conseguenze a lungo raggio la modifica sostanziale delle nostre abitudini e della nostra libertà avrà sulla stabilità emotiva e sui comportamentale di tutta una generazione a cui sono stati sottratti nonni, didattica, amici e compleanni.
Per cercare di capire di più abbiamo raccolta la testimonianza di due psicologhe, la dottoressa Katia Marilungo presidente dell’ordine degli psicologi Marche e Federica Guercio, referente per la psicologia scolastica dell’ordine degli psicologi.
“Si è passati da una condizione inziale di ansia, paura del contagio, disorientamento per l’eccezionalità della condizione, depressione per i lutti subiti, stress e stato di allarme psicologico per il futuro, ad un cambiamento sostanziale delle reazioni psicologiche durante la seconda fase, da ottobre, con l’introduzione delle nuove restrizioni. Quest’ultima fase ha visto consolidarsi disagi psicologici e criticità già presenti – spiega Katia Marilungo – e ha contribuito all’esordio di condizioni latenti. Ad esempio molta dell’ansia presente si è trasformata in rabbia e conseguente aggressività con ripercussioni sia nelle relazioni interpersonali e lavorative che nell’assunzione di comportamenti responsabili verso le misure anti contagio. I vissuti e le reazioni emotive iniziali, che con fatica sono state contenute, si sono consolidate diventando aspetti più stabili del comportamento”.
Quali sono state le conseguenze all’ interno dei nuclei familiari sui bambini della fascia 0-6 anni?
“Il nucleo familiare è stato uno dei contesti che ha avuto le conseguenze più importanti – prosegue la dottoressa Marilungo – Le persone si sono trovate a vivere a stretto contatto per tempi prolungati, in spazi non consoni, senza wi-fi. In particolare i minori con bisogni speciali e disabilità o gli anziani con patologie croniche hanno pagato un prezzo psicologico ancora difficile da stimare”.
Ci sono degli studi che hanno sottolineato ed evidenziato cosa è accaduto ai minori?
“Oltre allo studio dell’Istituto scientifico Gaslini e Università di Genova presentato lo scorso giugno, un altro studio condotto da SICUPP (Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche) su circa 2.000 pediatri ha rilevato che il 98% dei pediatri segnala un aumento di comportamenti problematici nei bambini e un 80% degli stessi pediatri lo segnala nei preadolescenti e adolescenti. I bambini mostrano il proprio disagio attraverso una condizione di maggior paura o attaccamento eccessivo, presentano manifestazioni di collera con urla, scoppi di rabbia e aggressività verso oggetti e persone ma anche verso se stessi. Episodi di pianto inconsolabile con una continua richiesta di attenzioni, inappetenza, perdita di interesse per i giochi tradizionali disturbi del sonno con risvegli notturni o incubi che spesso regrediscono col co- sleeping”
Cosa sta accadendo ai ragazzi più grandi?
“Sempre lo stesso studio condotto dalla SICUP rispetto a preadolescenti e adolescenti – prosegue la psicologa Federica Guercio – ha rilevato un aumento di: collera, aggressività verbale, disturbi psicosomatici come “mal di testa e mal di pancia”, tristezza, ansia, bassa autostima, difficoltà di concentrazione e attenzione durante le attività scolastiche on line. Rifiuto di fare i compiti anche in ragazzi che fino a quel momento non avevano presentato difficoltà scolastiche, disturbi da stress post traumatico.
Inoltre secondo il recente studio condotto da Save the Children che ha analizzato il vissuto emotivo e le riflessioni sulla pandemia di circa 1000 studenti tra i 14 e i 18 anni la prospettiva non è rosea. Per citarne solo alcuni stanchezza, incertezza e preoccupazione sono i principali stati d’animo che ragazze e ragazzi. Non va meglio il giudizio sulla DAD una esperienza che ha peggiorato la propria preparazione secondo il 35% degli intervistati, principalmente per la fatica a concentrarsi, e per alcuni per la mancanza di wi-fi o la presenza di pochi device in casa. L’impossibilità di vivere le relazioni sentimentali è stata rilevata come la maggiore privazione accanto però alla riscoperta dell’importanza delle relazioni dal vivo.
Rispetto alla percezione di ciò che sta accadendo gli adolescenti sono molto critici verso il mondo adulto: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola. E guardando al futuro, solo il 26% pensa che “tornerà tutto come prima” e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% ritiene che anche dopo il vaccino, “staremo insieme in modo diverso, più on line”. “Credo che ci stiano dando una lezione di vita – conclude la Guercio – su quanto la credibilità degli adulti sia a rischio. Se perdiamo quella avremo difficoltà con questa generazione e conseguenze sul piano sociale non ancora prevedibili, e non per forza tutte negative”.
Quindi che fare?
“E’ difficile fare previsioni sull’impatto effettivo – conclude la Marilungo – stiamo chiedendo molto ai nostri bambini e ragazzi privandoli della socializzazione e delle esperienze extra-didattiche. Sappiamo che hanno una grande capacità di resilienza ma devono essere guidati da adulti in grado di far comprendere loro l’eccezionalità della situazione garantendo una stabilità emotiva che non sempre i genitori hanno. E’ importante poter chiedere aiuto e avere accesso a momenti di condivisione e supporto gestiti da esperti, evitando la diffusione di troppe notizie che esprimono a volte solo punti di vista e considerazioni personali che rischiano di disorientare. Torniamo ad essere adulti, dobbiamo ricordarci qual è il nostro ruolo e se siamo in difficoltà possiamo chiedere aiuto”.
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