Generazione touch screen. Opportunità e rischi

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Male assoluto o opportunità di apprendimento, rischio di passività ed esposizione eccessiva o tecnologia che è anacronistico non utilizzare. Sull’uso dei dispositivi digitali il dibattito è aperto e la verità sta nel mezzo e non è mai una e adatta a tutti. Ecco una breve guida per capire come introdurre i sistemi “smart”, se si vuole fare, e come limitare i rischi.

Mentre stavamo chiusi nelle nostre case a causa del lockdown, mentre cercavamo di reinventare il nostro lavoro di fronte ad un monitor, anche il mondo dell’infanzia è stato travolto dalla necessità di sopperire ad alcune mancanze della vita “in presenza” con un surrogato virtuale. E allora ogni intenzione di allontanare le bambine e i bambini da tv, schermi, touch screen, e tecnologia è andato in frantumi.

COME INTRODURRE QUESTE NUOVE, PREZIOSE TECNOLOGIE CERTI DI NON ARRECARE DANNI?

Il dibattito intorno ai reali vantaggi e svantaggi derivanti dall’uso dei dispositivi touch da parte dei bambini e delle bambine e alle ricadute sul loro sviluppo risulta del tutto aperto e non è possibile assumere posizioni definite in merito. La ricerca non ci viene sempre d’aiuto, quando risente eccessivamente delle correnti ideologiche, apocalittiche e integrali, e soprattutto non può tenere sotto controllo tutte le possibili variabili in gioco per quel bambino/a (stile familiare/scelte educative/caregiver educativo e sociale).

Le tecnologie di fatto ci sono, sono già presenti negli ambienti in cui i bambini nascono, crescono e apprendono. Il compito, quindi della ricerca, e degli educatori in genere, è quello di conoscere gli stili di esplorazione, di relazione che il mondo tecnologico suscita in loro (e in noi) e di creare contesti di apprendimento equilibrati, in cui i piccoli possano crescere in modo armonico e integrando le esperienze, tra rischi e potenzialità.

Possiamo ancora parlare di “nativi digitali”? Probabilmente non più, perché questa definizione, in primis, non ci permette di cogliere il nostro ruolo di adulti responsivi, anzi ci de-responsabilizza nei confronti delle tecnologie e lascia al bambino “solo” e “da solo”, l’esperienza con un dispositivo digitale.

Il termine «Nativi digitali» inoltre, nasconde un’anomalia interpretativa di luogo comune, perché fa credere che il digitale faccia parte delle competenze innate di un neonato, mentre sappiamo che l’esperienza con un oggetto touch screen va inquadrata nel comportamento esplorativo, identico di fronte a un giocattolo «povero» (Serra, 2012).

I genitori che la vedono quindi come una “speciale abilità innata” dovranno ricredersi, perché si apprende solo con l’esperienza e il modello, anche ad utilizzare la tecnologia (Benedetto, 2013).

Insomma, usare un touch screen non è sinonimo di digitale, ma è solo una modalità per usare uno schermo. E’ un rapporto che ha certamente successo coi bambini, perché è diretto, molto permeabile, facile, immediatamente fruibile e senza intermediari e non richiede particolari competenze. Basta un tocco!  Si è inventata cioè, una tecnologia talmente facile, immediata e semplice (smart) da essere utilizzata anche dai bambini molto piccoli, così come da adulti senza particolari competenze alfabetiche digitali. Hanna Rosin (2013) parla di «dilemma della generazione touch screen», cogliendo il dubbio dei genitori che se, da un lato vogliono che i figli apprendano presto a navigare nel mare digitale per non restare indietro (a che cosa?), dall’altro temono che un’eccessiva e precoce esposizione al digitale possa avere “esiti negativi non ben chiari”.

USO CONSAPEVOLE E MAI DA SOLI

Le più recenti raccomandazioni dei pediatri americani e italiani, così come quelle del Centro per la salute del bambino di Trieste (CSB) e dell’Accademia delle Scienze francese, non demonizzano i dispositivi touchscreen. “Quando la televisione, lo smartphone e il tablet vengono usati in modo appropriato e condiviso con i genitori sono utili per il divertimento, lo svago e lo sviluppo di alcune competenze”.  Le evidenze dimostrano, tuttavia, che i benefici sono molto limitati al di sotto dei 2 anni, “età in cui le interazioni dirette dei più piccoli con i genitori e il mondo che li circonda sono fondamentali e indispensabili a garantire un sano sviluppo del bambino a livello cognitivo, emotivo e relazionale”.

IL SONDAGGIO

Sotto i 12 mesi già il 17% dei bambini usa da solo un dispositivo – L’unico studio italiano sull’appropriazione digitale dei bambini al di sotto dei 6 anni di età è stato pubblicato nel 2016 e integrato poi nel 2019, dal Centro per la Salute del Bambino di Trieste(CSB), con esiti molto interessanti. Si tratta di una prima indagine condotta in Italia e una delle poche a livello internazionale sulle conoscenze, attitudini e pratiche dei genitori italiani riguardante l’uso dei Dispositivi Digitali(DD) nei primi anni di vita dei loro figli col fine di capire come i bambini fino a 6 anni si relazionano con esse. Sono state coinvolte 1723 famiglie attraverso questionari indagine condotti dai pediatri e una parte svolti online.  Sono emerse due fasce distinte: i genitori che hanno compilato il questionario on-line sono risultati più informati e con titolo di studio più elevato dei secondi.  Intanto emerge un quadro dei dispositivi presenti nelle famiglie e preferiti dai bambini: sono il cellulare o lo smartphone dei genitori (35,5%) e il tablet (25,2%), utilizzato soprattutto dai 3 anni in poi. Questi due dispostivi hanno sostituito la televisione, che è preferita solo dal 18,6%, mentre i videogiochi (0,7%) e il computer (3,2%) restano ancora di uso molto limitato in questa fascia d’età. Il 17,2% dei genitori del primo gruppo ha ammesso di lasciare qualche volta o spesso il cellulare ai propri figli sotto i 12 mesi, il secondo gruppo addirittura il 30,7%. Il volume settimanale di tempo stimato trascorso online, a casa o altrove, aumenta con l’età del bambino e anche quando si supera l’ora, nessuna età è esclusa. E’ interessante notare, come il tempo trascorso online da bambini di 3- 4 anni sarebbe assimilabile a quello dei bambini di 5-7 anni. A favore emerge, che almeno un terzo dei genitori afferma di preferire che “i figli giochino con altro” e la lettura di libri è svolta almeno 4 volte a settimana da più della metà delle famiglie. Inoltre nei commenti liberi, molti genitori esprimono preoccupazione riguardo alle tecnologie come intermediarie delle relazioni e al pericolo di abuso e dipendenza dalle stesse. Per contro invece, risulta bassa la preoccupazione per la salute fisica (obesità, malattie cardiovascolari, disturbi osteo-articolari). Si apprende poi che circa un terzo dei genitori usa i Dispositivi Digitali(DD) per “tenere buoni i figli”.

LO SHUT UP TOYS

Quando lo smartphone diventa cioè “shut-up toy”(giocattolo che azzittisce) poiché offre il vantaggio, a favore degli adulti, di calmare, distrarre i bambini, in particolar modo in situazioni come viaggi, pranzi, in occasione di visite mediche, quando, cioè, si presenta l’esigenza di tenerli tranquilli o di distrarli per indurli a fare ciò che non vogliono, per esempio mangiare o addormentarsi.

Se si tiene conto del fatto che uno dei più importanti traguardi di sviluppo è l’acquisizione della capacità di autoregolazione, ovvero riuscire a monitorare e modulare i pensieri, le emozioni e il comportamento per rispondere ai propri obiettivi, diventa allora indispensabile che la ricerca approfondisca le conoscenze in merito agli effetti derivanti dall’uso sistematico di shut-up toy o anche digital pacifier per calmare i bambini soprattutto sotto 5 anni di età e alle ricadute sullo sviluppo di meccanismi interni di autoregolazione.  A tutto questo si deve aggiungere il fatto che il peggiore esempio in questo senso viene dato proprio da noi adulti, che per primi, spesso, non si sappiamo autoregolare e resistere alla tentazione di controllare continuamente il nostro smartphone.

Diverso è l’uso della tecnologia a vantaggio dei “pazienti” più piccoli, come rivela una recente sperimentazione clinica randomizzata che ha indagato l’effetto della “preparazione virtuale” di pazienti pediatrici sottoposti a radiografia toracica: l’ausilio di una spiegazione virtuale prima del trattamento ha migliorato l’esperienza tra i bambini riducendo l’ansia, l’angoscia e il tempo della procedura, aumentando, quindi, la soddisfazione di genitori e bambini.

QUALI OPPORTUNITA’ E QUALI RISCHI 

Come conferma anche il CSB (Centro per la salute dei bambini) sicuramente i DD offrono: opportunità di svago, introducono nuove modalità di lettura, gioco e apprendimento, stimolano la creatività e l’esplorazione, permettono destrezza digitali, sono un valido stimolo e supporto nei bambini BES con Bisogni Educativi Speciali, sempre se vissuti in modalità interattiva e in uno scambio con l’adulto di riferimento. Del resto, “il touch” ha portato nel mondo digitale la possibilità di fare esperienze di crescita, di stimolo e di apprendimento in modalità che richiamano per molti aspetti il metodo montessoriano, secondo il quale «le mani sono gli strumenti propri dell’intelligenza dell’uomo. Con le mani si può giocare con la sabbia e “tappare” su uno schermo. […]» (Benedetto, 2013).

Per contro, dobbiamo però sapere che i rischi dipendono dalla precocità con cui li inseriamo nella vita dei bambini e delle bambine e dai tempi e le modalità di utilizzo. Inoltre, vanno certamente considerati i rischi per la salute fisica dovuti all’ immobilità, con problemi come obesità, diabete di tipo 2, disturbi osteoarticolari, disturbi visivi, ma anche i rischi per lo sviluppo cognitivo come i Ritardi di Linguaggio, ridotto spazio mentale (noia), incapacità di sintesi, narrazione, problematiche di apprendimento e ancora disturbi del sonno, irritabilità e non ultimi i rischi dipendenti da onde elettromagnetiche. Insomma, è tutta aperta la sfida al cambiamento.

Come ben dice Maryanne Wolf, tra le più note neuroscienziate cognitiviste, “si tratta allora di non guardare con nostalgia al passato, ma di creare le condizioni per una nuova mente, quella dei nostri figli e dei figli dei nostri figli, il cui cervello impara a leggere proprio in quest’ambiente profondamente mutato, capace d’integrare la preziosa eredità della cultura analogica con l’innovazione digitale”.

A noi il compito di orientarla, consapevoli che ne va non solo l’intero edificio della cultura come l’abbiamo conosciuto finora, della scuola e dell’educazione, ma anche gli aspetti più profondi della stessa esperienza umana.

A questo proposito, vi suggeriamo un libro di Daniela Bassi, dal titolo NO APP, edito da Lapis, che è un vero e proprio manuale per trasformare il tuo smarthphone e tablet in uno strumento creativo. Ed è sorprendente scoprire che la conoscenza dei dispositivi digitali intanto, parte dall’uso integrato e performativo che ne possiamo fare.

E quante cose si possono fare!

 

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