Il lockdown impone una riflessione più radicale sul tema della povertà/fragilità educativa: l’esperienza del Comune di Imola.

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Sono ormai due mesi che, come da decreto del governo, i servizi educativi sono chiusi per i rischi legati al contagio e alla trasmissione del virus.

La sospensione dei servizi educativi e la situazione di confinamento forzato nelle abitazioni costituisce un fattore di rischio soprattutto per bambini che provengono da situazioni di maggiore fragilità e isolamento sociale, nonché per i nuclei in situazione di povertà educativa.

Il Comune di Imola, che gestisce nidi e scuole dell’infanzia, ed è uno dei partener dell’azione progettuale “Il filo di lana”, finanziato dall’impresa sociale Con I bambini per il contrasto alla povertà educativa infantile, in presenza di questa situazione, d’intesa con gli insegnanti, gli educatori e le pedagogiste, che avevano prontamente segnalato e situazioni di potenziale fragilità a carico dei bambini che fino al 22 febbraio avevano frequentato i nidi e le scuole dell’infanzia, ha avviato una percorso di consapevolezza e di formazione sulla povertà educativa infantile e sugli strumenti per favorire la resilienza dei minori e delle loro famiglie anche in questo periodo.

Lo scopo di questo intervento è quello di portare la riflessività sulla povertà educativa e le sue pratiche di contrasto, sviluppata all’interno del servizio sperimentale dedicato a ciò, all’interno dei servizi tradizionali, con una funzione prettamente preventiva e pro-attiva rispetto alla prossima fase di riapertura dei servizi..

È proprio grazie all’esperienza specifica maturata all’interno del progetto Il filo di lana, che si è potuto avviare questo ulteriore intervento, sensibilizzando maggiormente anche i nidi e le scuole dell’infanzia al tema della povertà educativa infantile, mettendo in luce anche le strategie più efficaci per il contrasto.

Questo intervento di sostegno alla comunità educante è stato suddiviso in quattro fasi.

La prima è caratterizzata dall’invio di materiali documentali che potessero fungere da stimolo per gli insegnanti e che potessero favorire la riflessione all’interno del gruppo operativo, sul significato di povertà educativa e sull’identificazione di bambini che si trovano in questa circostanza o che sono a rischio di ritrovarcisi con il peggioramento del contesto sociale. Sono stati selezionati report di Save The Children e Openpolis che descrivono il fenomeno e la sua incidenza a livello territoriale.

Successivamente è stato proposto un focus group con una persona terza, che lavorava all’interno de Il filo di lana, per indagare le rappresentazioni che ciascuno si era creato sulla povertà educativa, con lo scopo di definire il problema, le sue caratteristiche rispetto alla povertà economica o altre situazioni di fragilità. L’obiettivo di questa fase è stato il seguente: analizzare come declinare a livello pratico la definizione data da Save The Children: “La povertà educativa è la privazione, per i bambini e gli adolescenti, dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni.”

In questa fase si è cercato di creare un momento di confronto in merito al modello soggiacente e di lavoro del servizio sperimentare de “Il filo di lana”; una volta definite le situazioni di bambini in povertà educativa, si è favorita la riflessione tra professionisti del campo dell’educazioni per promuovere strategie nuove di contrasto all’isolamento dei nuclei famigliari.

 

Le informazioni ottenute durante i focus group sono poi state rielaborate e restituite agli insegnanti ed agli educatori.

 

La povertà educativa è spesso studiata a partire dagli adolescenti e sembra essere un fattore di rischio per l’abbandono precoce del sistema educativo da parte del minore.

La letteratura mostra come questo fenomeno si manifesti già nelle prime fasi di età del bambino e come i servizi educativi rivolti alla prima infanzia possono costituire un fattore di protezione e di incremento della resilienza; è quindi necessario che chi lavora con bambini in età prescolare abbia una visione chiara del fenomeno e di come agire per contrastarlo.

 

Si è cercato di dare enfasi ad una definizione ampia del concetto di povertà: non è povero da un punto di vista educativo chi ha pochi soldi (anche se la povertà materiale resta comunque un fattore di rischio), ma chi non ha gli strumenti per partecipare alla vita sociale.

Quest’ultimi si sviluppano anche e, sempre più spesso, soprattutto, all’interno dei contesti educativi e fanno riferimento sia a capacità cognitive che non cognitive.

Ciò ha portato, come corollario, alla modifica delle policy di contrasto, che non sono più aiuti di natura economica, ma hanno come obiettivo quello di costruire servizi community-based che lavorino a supporto della resilienza di questi nuclei.

Quest’ultima non si concentra più solo sui punti di forza del nucleo (genitore-figlio) o dell’insegnante, ma anche sulle caratteristiche positive del contesto per costruire e intensificare le reti sociali (ex.: con altri genitori, con altri nodi della comunità sociale e della comunità educante in maniera estesa).

Va sottolineato infine che la possibilità di sviluppare talenti e capacità, per il minore in quanto tale, indipendentemente dalla sua famiglia, passa comunque sempre attraverso la sua partecipazione a contesti sociali che, nel caso di bambini così piccoli, dipende dalla forte progettualità e consapevolezza degli adulti come attori sociali, oltre che professionali.

Daniele Chitti – Responsabile Servizio Infanzia del Comune di Imola

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