SEDUTO NEL VIVAIO

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Stefano è un ragazzo difficile. E’ arrivato al servizio sociale minorile per una lunga serie di reati. Ha agito in gruppo, contro i più deboli, ha fatto paura. Eppure ha una faccia da bambino, occhi scuri incorniciati da riccioli biondi, una erre moscia che mette tenerezza e la voglia di essere un duro, che fa un po’ sorridere. La scuola non faceva per lui e infatti alle scuole medie- lui le chiama ancora così- lo hanno bocciato più volte, finché non ha smesso di andare.

“Avevo di meglio da fare…”, ha detto ai genitori, che, per tenerlo tranquillo, hanno comprato l’ennesimo paio di Jordan appena consegnate da Amazon. Lui al look ci tiene molto. Passa infatti ore e ore davanti allo specchio per essere perfetto, quando esce di casa. Se qualcosa va storto, piuttosto non esce oppure chiede aiuto agli specialisti. Infatti, è sempre in ritardo.

Un mattino, aveva un colloquio con gli educatori alle undici; il centro dista poche centinaia di metri da casa, però scelgono per Stefano la tarda mattinata, perché lui ha tempi lunghi. Si sa. Alle dieci e cinquanta arriva il messaggio: “Sono un po’ in ritardo, perché mi sono appena svegliato. Mi preparo”. La sua preparazione però dura circa un’ora e mezza e la porta si apre infine alle dodici e trenta. Lui entra scusandosi. E’ più forte di lui. Spiega che non riusciva a legare i capelli in una coda adeguata e così è andato dal parrucchiere di fiducia. Con Stefano c’è poco da fare… E’ la persona in grado di perdere due treni di seguito e di affermarlo con candore. Eppure, con grande fatica, l’équipe di lavoro ha trovato un’attività di volontariato che sembra interessargli un minimo:  aiuto giardiniere nel vivaio cittadino.

Il primo appuntamento salta, perché non ha le scarpe antinfortunistica che doveva andare a prendere con il padre; il secondo salta ancora per una visita medica, proprio in quel giorno alla stessa ora! Eppure lui ha tutta la giornata libera… Si riprova. Stefano deve andare a lavorare in un vivaio, dove prendersi cura delle piante ed aiutare il personale nelle attività all’aperto. Al terzo tentativo, il ragazzo si presenta e, dopo le spiegazioni del suo tutor, inizia a zappare la terra con un piccolo attrezzo in un’aiuola. E’ arrivato con soli dieci minuti di ritardo, ma è li. E dice pure che il lavoro gli piace. Prende uno sgabello e smuove la terra con gesti ritmici e lenti. E’ seduto e guarda le piccole zolle che rigira.

Da lontano il responsabile scatta una foto e la invia agli educatori. In fondo, anche questo è un piccolo successo.

 

 

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