Io, Sara. Sara e basta!

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Mi chiamo Sara e vivo in un piccolo paese dell’entroterra ligure. Lavoro in un supermercato poco distante da casa, la mia vita procede tranquilla tra le scatolette di tonno e il bagnoschiuma, che passano sul nastro gommato della cassa. Vivo tra le parole “Ha la tessera?” e “Serve un sacchetto?”, che dico ogni giorno migliaia di volte.

Forse per rendere questa vita meno monotona e pensare di stare meglio, da qualche tempo sono stata presa da…un “vizio”, che mi condiziona sempre più. Sì, è più di un “vizio”: è una vera dipendenza che si chiama “hashish”, una condanna. E’ il primo pensiero che mi arriva al mattino e l’ultimo che ho prima di dormire. Per un po’ mi sembrava mi facesse stare bene. Certo, che questo ha un costo. E non poco. E’ per quello che ho iniziato a spacciare qualche pezzetto, per cercare di rientrare delle spese. Qualche grammo, qualche decina di grammi e ora qualche centinaio. Molti mi cercano, mi scrivono messaggi cifrati, usano Instagram, Signal e i vecchi SMS per cercare di sviare i controlli. E quelli ci sono, eccome se ci sono!

In un periodo della mia vita mi sono sentita braccata come un topo in trappola. Mi svegliavo la mattina e, mentre preparavo la prima canna, guardavo fuori dalla finestra, scostando la tenda, cercando di non essere vista. Il mio sguardo correva verso le auto in sosta sotto casa, per capire se ci fosse una targa anomala, sconosciuta nella mia zona, magari con a bordo dei soggetti “sospetti”. Poliziotti ovviamente. Uscivo di casa e correvo in motorino verso il lavoro. Ad ogni istante guardavo negli specchietti se qualcuno mi seguisse. Una volta addirittura ho gettato la sigaretta e, incredibilmente uno scooter ha inchiodato e ha raccolto il mozzicone. Mi stavano pedinando. Eppure, la voglia di fumare è arrivata a sovrastare la paura di essere presa. Anzi, forse ho sempre avuto la certezza che un giorno o l’altro mi avrebbero presa.

Poi, quel giorno è arrivato: stavo uscendo dal lavoro, sono salita in sella al mio scooter e sono andata verso casa, tra le luci della sera. Mi aspettava una cena e una bella fumata sotto le coperte. Ma, né una né l’altra sono arrivate. Appena aperta la porta di casa, ho sentito una presenza alle mie spalle. Ho capito subito. Erano loro. Questa volta ce l’avevano fatta. Abbiamo parlato pochissimo, perché era tutto chiaro. Ho detto subito dove fosse la sostanza e li ho pregati di non rompere niente, che ai miei genitori sarebbe dispiaciuto parecchio. Mi sono scusata. Hanno sequestrato tutto e sono finita davanti al giudice. Processo, messa alla prova, SERD e volontariato.

Oggi dico “meno male”. Si, meno male che mi hanno beccata, così ho smesso con quella vita fatta di ansia, di false amicizie, che mi cercavano solo per fumare, e poi il pericolo di indebitarsi con qualcuno più potente e pericoloso di me. Ho rischiato tantissimo! Ho rischiato la mia vita e non solo la mia!

Ho continuato a lavorare, ho fatto volontariato in una struttura per disabili, dove ho scoperto un mondo davvero diverso. Quei ragazzi mi hanno fatto assaporare cose apparentemente piccole, che però si sono rivelate davvero importanti: un sorriso, un abbraccio e una torta fatta insieme come gesti sinceri e spontanei, di grande valore. Ho riscoperto la vita!

E’ anche grazie a loro che oggi sono diversa. E sono contenta. Sono contenta perché adesso mi sento libera, mi posso guardare attorno solo per ammirare il paesaggio, salgo in motorino senza occhieggiare negli specchietti e vivo la mia vita, quella vita che mi era sembrata banale.

Oggi sono solo Sara. Sara e basta.

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