L’ascolto attivo e il potere delle storie: Un primo bilancio dei nostri incontri relazionali
di communityorganizing
Il 21 settembre siamo tornati a riunirci in presenza presso la Casa Internazionale delle Donne, per condividere con i partner di progetto i risultati del lavoro che abbiamo svolto finora come community organizers a Corviale, Tor Bella Monaca e Ardea.
Da maggio ad oggi, abbiamo condotto circa cinquanta incontri relazionali ciascuno, mappando i tre territori attraverso un criterio che va ben oltre i numeri e le statistiche: l’ascolto attivo. I cosiddetti one to one meetings, infatti, non sono interviste standardizzate, bensì colloqui aperti che richiedono flessibilità, curiosità, pazienza e un po’ di vulnerabilità, perché il loro scopo è quello di instaurare relazioni di fiducia.
Abbiamo conosciuto insegnanti, genitori e nonni, sacerdoti e religiose, volontari, imprenditori, politici, attivisti, educatori, artisti: un patrimonio di storie che rappresentano la materia prima per costruire le prossime azioni di Community Organizing.
Porteremo avanti questa attività per tutta la durata del progetto Periphery Organizing, proprio perché la ricerca costante di leader e il confronto sui temi che stanno più a cuore alle persone sono indispensabili alla crescita delle organizzazioni territoriali che intendiamo creare.
MARIA SARA – Corviale
Fare ordine tra la miriade di informazioni che ho raccolto in questi mesi è stato uno step fondamentale prima di riprendere il lavoro di ascolto e passare all’organizzazione dei primi incontri di gruppo. Ho trovato molto efficace restituire la mia esperienza riportando le storie e le parole esatte di alcune delle persone incontrate: questo sforzo di rielaborazione mi ha aiutato a non cadere nella banalità delle generalizzazioni e a tenere gli occhi fissi sui bisogni specifici di Corviale.
Le proposte di sinergie con gli altri partner di progetto sono partite proprio dalla volontà di integrare le risorse in campo – il modulo di educazione alla partecipazione a scuola, così come quelli di formazione imprenditoriale e riqualificazione urbana – con l’approccio del Community Organizing, per dare risposte concrete alle criticità che ho riscontrato, tra cui la difficoltà a coinvolgere i genitori nel processo educativo dei figli, il degrado di luoghi simbolo della cultura o la mancata valorizzazione di realtà artistiche e imprenditoriali del quartiere.
Mi sono divertita anche a rintracciare nelle riflessioni dei miei interlocutori riferimenti per lo più inconsapevoli ai concetti chiave del Community Organizing, come quello alla “Legge di Ferro” (Non fare per gli altri quello che possono fare per se stessi) o alla “sicurezza psicologica” (il clima di accoglienza ed empatia che ci impegniamo a garantire in tutte le occasioni di incontro), a dimostrazione del fatto che molte persone hanno già dentro di sé una predisposizione alla mentalità che caratterizza il nostro lavoro: a noi organizers spetta il compito di orientare questa coscienza verso un obiettivo comune.
DANILO – Tor Bella Monaca
Durante la mia presentazione, ho provato a trasmettere ai partner di progetto le emozioni emerse durante gli incontri, sia attraverso le frasi più significative – «Quando sono arrivata in questo quartiere, mi sembrava un incubo. Adesso guai a parlarne male» è una di quelle che mi sono rimaste più impresse -, sia raccontando alcune delle storie che ho ascoltato. Attraverso le storie, sono riuscito ad individuare le prime tematiche da approfondire, quali mancanza di opportunità di lavoro, la necessità di spazi di aggregazione giovanile e alcune problematiche inerenti la scuola.
La riunione di progetto è stata soprattutto l’occasione per iniziare a parlare delle iniziative da attuare in collaborazione con le associazioni partner – penso, in particolar modo, ad una possibile sinergia tra Community Organizing e Interazioni Urbane. Il momento di confronto successivo alla presentazione del mio report è stato molto utile per affrontare insieme a tutta la squadra le difficoltà che sto riscontrando ad intercettare e incontrare i genitori. Sono emerse delle riflessioni e dei suggerimenti che mi aiuteranno in questo percorso. Siamo solo all’inizio e molto c’è ancora da fare per delineare le esigenze del quartiere e dei suoi abitanti. Nei prossimi mesi, la sfida maggiore sarà quella di individuare dei leader all’interno del quartiere e portare avanti delle proposte da sottoporre a chi potrà darci risposte concrete.
GIOVANNI – Ardea
La riunione di progetto è stata un bel momento di scambio, che per me ha avuto una doppia utilità: io ho potuto ripercorrere gli ultimi mesi, capire quanto è stato fatto e quanto ancora c’è da fare, e individuare gli aspetti in cui posso migliorare; i partner di progetto hanno potuto comprendere meglio come opera il Community Organizing sui territori, perché è importante l’ascolto attivo e quali sono le criticità che stanno emergendo in questa fase del progetto. Ad esempio, avendo rilevato tra i vari problemi la mancanza di luoghi di aggregazione ad Ardea, per me è stato importante confrontarmi con Elena di Interazioni Urbane.
La città è cresciuta molto in fretta, causando problemi urbanistici evidenti e rendendo il territorio inospitale per le fasce più giovani della popolazione.
I ragazzi non hanno a disposizione un luogo per studiare, per fare network, per praticare uno sport e la città non è attrattiva per loro.
Il percorso che intraprenderemo insieme nei prossimi mesi sarà ancora più interessante perché proveremo a trasformare problemi come questo in azioni e proposte concrete. Sono certo che, con pazienza e tenacia, vedremo presto i primi frutti.
Un progetto di:
Co2 Crisis Opportunity Onlus, Associazione Community Organizing Onlus, Associazione Spazio x Roma, Interazione Urbane, CalcioSociale, Scuola Pop Tor San Lorenzo, Eutropian, Cooperativa Ulis
Photo by Brett Jordan on Unsplash
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