Che la scuola a distanza rimanga solo un antico ricordo

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Quali difficoltà sta vivendo quel bambino lontano dai suoi compagni di avventura da oltre tre mesi? Che cosa prova quell’adolescente costretto a stare tutto il giorno a casa con i propri genitori, con i quali non ha mai vissuto per più di 4 ore al dì, avendo la giornata oberata di impegni, tra sport, passeggiate, corsi di musica e incontri al parco con gli amici? Come vivono ragazzi e ragazze che hanno situazioni di forte disagio familiare, acuite probabilmente a causa di questa emergenza sanitaria? Che cosa sta accadendo nella mente dei giovani e dei giovanissimi in isolamento sociale? Quali effetti ha provocato il lockdown nella loro psiche?  

Questi sono alcuni degli interrogativi che ci siamo posti, mettendoci nei panni di chi, in questo periodo, si è visto costretto a frequentare la scuola a distanza. Così, all’euforia iniziale delle scuole chiuse percepite da bambini e adolescenti come una vacanza caduta dal cielo, si è presto sostituita una condizione tutt’altro che felice. Se, da un lato, la scuola ha rappresentato quell’elemento che ha fissato una linea di continuità nella vita pre e post pandemica di questi giovani, dall’altro, per molti è stata vissuta come un incubo. Non solo perché si è mostrata nel suo lato meno appetibile: quello fatto esclusivamente di nozioni che passano da schermo a schermo, in cui vengono a mancare i momenti di condivisione, le espressioni, di botta e risposta, le risate, gli sguardi, i sospiri, i piccoli gesti, gli scherzi, e tutte quelle altre azioni che risultano fondamentali per la crescita e la sanità mentale dei più piccoli (ma anche dei più grandi, dai genitori ai professori). La scuola svolge inoltre un ruolo sociale fondamentale perché crea legami stabili e permette un confronto che non è facilmente replicabile in piattaforma, è uno spazio in cui si sperimenta la democrazia e per quanto le scuole e moltissimi docenti abbiano dato il massimo, resta innegabile il fatto che di punto in bianco tutto è cambiato. A questi problemi, si aggiunge quello annoso e maledetto della povertà, che in questo scenario prende la forma del divario digitale: come si evince dal report di Save the Children tra i bambini tra gli 8 e gli 11 anni, quasi 1 su 10 non segue mai le lezioni a distanza o lo fa meno di una volta a settimana; e, ancora, circa 1 minore su 5 incontra maggiori difficoltà a fare i compiti a casa rispetto al passato.

A queste statistiche, anche noi di PASSepartout possiamo aggiungere i nostri risultati, dopo aver riscontrato ed analizzato diverse condizioni di difficoltà vissute dai più piccoli. Pur avendo riadattato le nostre attività raggiungendo gli obiettivi progettuali e cercando di essere quanto più possibile presenti, seppur a distanza, per i nostri piccoli beneficiari, e i diversi attori della nostra comunità educante, abbiamo anche raccolto alcune esperienze, grazie al lavoro di supporto e di ascolto mandato avanti delle nostre psicologhe, educatrici ed educatori che lavorano a stretto contatto tanto con i bambini, quanto con i genitori. Soprattutto grazie al doposcuola a distanza, portato avanti nell’ambito dell’azione “SOAF! Sostegno, Orientamento e Ascolto Familiare”, è emerso un quadro generico che dipinge una difficoltà psicologica enorme: molti bambini già di per sé timidi, hanno acuito la loro timidezza, divenendo sempre più sfuggenti dinnanzi allo schermo e mentalmente assenti. Molti adolescenti, invece, soprattutto appartenenti a famiglie più abbienti, non essendo più abituati a vivere con i genitori, hanno persino dimostrato una serie di episodi violenti in casa, minacciando i genitori con i quali non sono più abituati a convivere.  I genitori, invece, si dividono tra chi ha approfittato appieno dell’aiuto degli operatori e chi ha scelto di non far seguire i propri figli.

In questa serie di problemi, nessuno – dal ministero alle regioni, dalle scuole alle famiglie, dagli insegnanti agli studenti – era pronto, così come non lo è stata l’economia che gira attorno alla scuola (dai software alle piattaforme a distanza, al ritardo nella consegna di tablet e pc alle famiglie) ma tutti abbiamo cercato di arrangiarci, auto-organizzandoci. 

Guardando al futuro, è difficile prevedere quali saranno i risvolti psicologici, tanto più che non sappiamo cosa accadrà a settembre. Speriamo in un uso più ampio del digitale, ma solo se esso possa realmente arrivare a tutti attraverso politiche sociali di grande respiro. Al momento, l’unica soluzione che riusciamo a vedere in fondo a questo periodo buio è una: ritornare a vivere insieme, perché quando l’elemento relazionale è vitale, la scuola a distanza si auspica che rimanga solo un antico ricordo.

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