Cominciamo dal gioco

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Il gioco è uno strumento cardine per l’interazione tra bambino e adulto: è così che lo definiva Freud, padre della psicoanalisi. È attraverso il gioco che il bambino sperimenta il mondo in cui vive, ne apprende le regole e acquisisce competenze di natura affettiva e sociale che influiscono sul suo sviluppo cognitivo. La primissima forma di gioco intenzionale dei bambini implica il portare alla bocca qualsiasi cosa, e la prima forma di conoscenza attraverso la bocca i bambini la sperimentano con l’allattamento al seno, e dunque con il contatto con il corpo della mamma. Il nesso profondo tra la dimensione primigenia della nutrizione e quella che diventerà la sfera ludica è dunque fortissimo e passa attraverso la mediazione del corpo della madre – o di un adulto che fornisce il nutrimento. Già solo da questo emerge quanto per i bambini il gioco sia, sin dai primi istanti di vita, un’attività vitale, connessa alla possibilità stessa di sopravvivere e di crescere.

 

Nascendo nello spazio dello scambio che il bambino ha con la madre, il gioco è sin da subito fondato sulla relazione. Da questa relazione il bambino apprende l’intenzionalità, ossia la possibilità di avere un risultato agendo in modo intenzionale, e la reciprocità, ossia la possibilità di attendersi una risposta a una propria azione dall’altro. Il gioco aiuta a sperimentare in forma “protetta” esperienze dolorose, prima fra tutte l’allontanamento della madre: un gioco che si lancia e poi si riprende “mima” l’azione della mamma che si allontana ma poi torna e attiva nel bambino la capacità di mettere in campo delle “riparazioni” immaginarie. Attraverso queste azioni il bambino compie tappe fondamentali nel suo sviluppo cognitivo, iniziando a sperimentarsi come soggetto individuale, separato dalla madre. Queste primissime interazioni sono, poi, lo spazio in cui si creano le prime forme di gioco astratto: le nenie e le canzoncine, le filastrocche o le storie con cui una mamma incanta il bambino mentre lo nutre contribuiscono a costruire progressivamente un mondo fatto di suoni che assumono via via significato.

 

Quando questa forma di interazione vitale è carente, frammentata o del tutto assente, quando lo spazio e il tempo del gioco sono erosi o invasi da altro, il ventaglio di esperienze che è fondamentale che il bambino abbia nelle prime fasi della sua vita perde ampiezza e profondità, e le conseguenze sullo sviluppo fisico e cognitivo possono essere rilevanti e riguardare la sfera del linguaggio, dello sviluppo motorio, della socialità. L’erosione degli spazi e dei tempi del gioco con i bambini piccolissimi è un problema che può emergere trasversalmente rispetto ai contesti socio-economici, culturali o ambientali. Quando però si va a sommare ad altri possibili fattori di stress dovuti a condizioni di particolare disagio o marginalità, può generare difficoltà e ritardi che finiscono per accumularsi progressivamente sin dai primi mesi di vita, determinando poi, tra le altre cose, un più difficile inserimento scolastico.

 

È per questo che i nostri interventi di supporto a nuclei familiari con difficoltà economiche e a rischio di isolamento, come il progetto Paripasso, realizzato a Castel Volturno con il supporto dell’Impresa Sociale Con i Bambini, prevedono momenti di approfondimento dedicati proprio al tema del gioco. Grazie alla presenza all’interno delle nostre équipe di progetto di operatrici ed esperti specializzati nella prima infanzia, offriamo attività ludiche mamma-bambino o solo per i bambini specifiche per ciascuna fascia di età e arricchiamo i percorsi di supporto alla genitorialità con momenti di approfondimento sui benefici del gioco, su quali giochi siano più adatti alle varie fasce di età, su quali è possibile fare a casa senza dover necessariamente pensare all’acquisto di giocattoli, ma facendo ricorso a oggetti o ingredienti che tutti hanno in casa – pasta, farina e acqua, piccoli contenitori, ecc.

 

È vero che parlare di gioco in contesti di forte vulnerabilità non è facile. Quando ci troviamo di fronte a una mamma che prima di arrivare a Pianoterra per partecipare ad esempio a un incontro sullo svezzamento ha dovuto barcamenarsi tra CAF, ASL, uffici del comune, ospedale, trascinandosi da un ufficio all’altro per poter sbrigare le pratiche più disparate da cui spesso dipende la possibilità di mettere insieme quanto basta per nutrire il suo bambino o per garantirgli un tetto sulla testa, e che deve far fronte a tutto questo in una situazione di solitudine e isolamento, magari perché è straniera, fare breccia parlando di travasi e ghirlande di pasta, di filastrocche o libri cartonati è complicato. Eppure la capacità di attivazione di queste mamme è spesso straordinaria anche in questo e per vincere stanchezza, pudori o reticenze basta creare per loro e i loro bambini uno spazio e un tempo sottratto a tutto il resto, in cui perdersi assieme in un gioco o una nenia, e scoprirsi a ridere e divertirsi con altre mamme e altri bambini.

 

I risultati li tocchiamo con mano, ma soprattutto li toccano con mano le mamme coinvolte in queste attività: vedono i bambini reagire agli stimoli anche senza ricorrere alla mediazione degli onnipresenti dispositivi elettronici, imparano a osservare i bambini, a riconoscere competenze acquisite e tappe evolutive e a individuare precocemente possibili campanelli di allarme, comprendono il valore degli interventi educativi precoci. Tutti tasselli di una più forte autonomia e di una genitorialità più consapevole e positiva, che è il risultato nel lungo periodo a cui puntano tutti i nostri interventi.

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