Covid, paure, filastrocche: con Panthakù gli alunni del Principe di Piemonte realizzano un video capolavoro
di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini
Poetico, emozionante, graffiante: il lavoro dei teen attori, seguiti dai tutor di Casa Babylon, è una prova straordinaria di bravura e di competenza
E’ poetico. Emozionante. E lascia un graffio profondo sotto la pelle. Riuscendo a trasformare l’angoscia dell’attesa in una narrazione corale dal potere fortissimo.
Il video racconto realizzato dagli allievi dell’istituto Principe di Piemonte di Santa Maria Capua Vetere con la supervisione di Nicolantonio Napoli di Casa Babylon non ha infatti nulla da invidiare ai lavori realizzati dai gruppi professionali che si dedicano al teatro sperimentale. Splendidi i ragazzi, impeccabili nella dizione, nella recitazione, nell’espressione. Perfetta la regia, asciutta e senza sbavature, nonostante il rischio di inciampare nella retorica fosse dietro l’angolo. Straordinari i testi, frutto della sensibilità dei partecipanti al laboratorio, che hanno saputo intrecciare il tono del memoir con la cultura alta, vedi Dante a quella popolare, con incursioni nel dialetto e nei rimandi alle icone televisive.
In sottotraccia c’è naturalmente il Covid, mentre protagonista assoluta del video è la paura. Quella che ha accarezzato tutti, minori compresi. “Mi chiamo Giulia. E credo che questa quarantena mi abbia fatto così male da dover prendere 47 camomille al giorno”: si apre così il racconto per immagini dei teen attori. Le voci si rincorrono, mentre sullo schermo compare una frase che non ha bisogno di altri commenti: “Il compito del teatro e della cultura è proprio quello di infondere coraggio, di creare speranze e di diminuire il senso di sconfitta” (Judith Malina, Living Theathre).
Ed è proprio questo il senso di questo laboratorio del progetto con Ai.Bi. capofila “Panthakù. Educare dappertutto”, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile: aiutare i ragazzi non a crescere senza paure, ma a convivere con queste, perché fanno parte della vita, come testimonia la parte dedicata alle filastrocche, simbolo di una radice popolare che deve darci la forza identitaria e la consapevolezza che per guardare al futuro, senza confini, è fondamentale ricordare da dove si è partiti.
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