La psicologa Lucia Ciaramella di Ai.Bi. racconta il percorso di Panthakù con le famiglie durante il lockdown

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Siamo franchi. A chi non è capitato, nei giorni del lockdown, di vivere come su un’altalena, alternando momenti di quasi euforia dedicata alla programmazione di pranzi, cene, attività domestiche e on line a momenti di profondo sconforto, fino a veri e propri exploit in cui l’ira ha preso il sopravvento?

Lo sa bene Lucia Ciaramella, psicologa per Ai.Bi. del progetto di “Panthakù. Educare dappertutto”, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che ha visto coinvolte diverse famiglie degli alunni degli istituti Denza di Castellammare di Stabia e Principe di Piemonte di Santa Maria Capua Vetere.

E’ stata lei l’anima degli incontri on line tenuti con genitori e studenti, durante i quali uno degli argomenti più discussi è stato proprio quello del conflitto: “Si è litigato di più, anche per futili motivi, ma è anche normale – spiega – Tra preoccupazioni sanitarie, ansie per il futuro lavorativo, problemi economici, smart working, didattica a distanza, gestione della famiglia e della casa 24 ore su 24, era quasi inevitabile che accadesse, perché le nostre emotività sono state provate da una situazione irreale e alla quale eravamo e siamo del tutto impreparati. Il mio ruolo? Ho provato ad aiutare mamme e papà e i loro ragazzi a gestire al meglio un tempo compresso, naturalmente dopo averlo elaborato”.

La pandemia ha portato alla luce anche un’altra problematica: quella relativa alla gestione degli spazi personali: in alcune famiglie è stata bassa, nel senso che si è stentato a ritagliarsi una propria comfort zone, in altre invece ci si è riusciti a rifugiare in spazi di relax e di passione condivisi, come la lettura, la musica o lo sport. Trovandosi più uniti.

Se i maschietti hanno scelto di tenersi in contatto tramite le playstation, tra le femminucce, commenta l’esperta, la modalità interattiva più adoperata è stata la videochiamata. “Gli adolescenti hanno sofferto molto l’isolamento. Ma sono stati molto responsabili nella fase 1 – commenta – Ora il timore dei loro genitori è per i mesi che verranno: terranno le mascherine nei luoghi chiusi o all’aperto se ci saranno problemi di assembramento? Rispetteranno le distanze sociali? E i baci furtivi con i fidanzatini?”. Che si fa in questi casi?

Da genitore non è semplice calibrare le proprie ansie da contagio con la necessità di offrire uno spazio di libertà a figli in una fascia d’età molto particolare: “Io non darei consigli. Mi preoccuperei di disinnescare un meccanismo tipico di quell’età che è quello della sfida. Andiamo ad analizzare le paure dei ragazzi che vivono un momento di straordinario cambiamento, a partire da quello del loro corpo. E smontiamo la voglia di andare contro le regole, perché purtroppo il virus ci va a nozze e non ce lo possiamo consentire”.

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