La curiosità è desiderio di saper fare
di Fondazione Mondo Digitale
Tra i compiti della Fondazione Mondo Digitale, all’interno del partenariato di progetto, c’è anche quello di “formare i formatori” locali per rendere le Palestre dell’Innovazione, nate nelle periferie, sempre più autosufficienti, sostenibili e coinvolgenti per le comunità educanti.
Rosa Spatafora, studentessa del corso di laurea magistrale di Design & Engineering presso il Politecnico di Milano, ha accettato la sfida di diventare una delle animatrici della Palestra di Innovazione, nata nell’istituto comprensivo comprensivo Madre Teresa di Calcutta, polo milanese di OpenSpace. All’inizio del suo percorso come coach, Rosa è stata affiancata e guidata da Irene Caretti, formatrice della Fondazione Mondo Digitale.
Quello che ho notato da quando, qualche mese fa, sono arrivata all’Istituto Madre Teresa di Calcutta è che la caratteristica comune a tutti i ragazzi è la curiosità. Devo dire che la curiosità da quando studio design in effetti è la mia ossessione. Era stato il tema della mia prima lezione al primo anno di università e forse per questo motivo da allora cerco di farla mia e la cerco ovunque. “Se non siete curiosi, lasciate perdere (A. Castiglioni)”. Me lo ricordo ancora scritto a carattere cubitali sulla lavagna.
E ora la vedo lì davanti a me.
La curiosità nei loro occhi è vivida, lampante, impetuosa e fuoriesce da ogni frase, ogni richiesta o esclamazione.
– “Ma anche noi faremo tutto questo?”
– “Ma sarà davvero così facile, come la racconti?”
Forse c’è un po’ di scetticismo… ma la frase più bella è “Non vedo l’ora di provare”
Questo è stato quello che ho sentito dopo il primo giorno passato alla Calcutta.
E da allora tante prove, una dopo l’altra, negli incontri pomeridiani al laboratorio di OpenSpace.
In una lunga mail Rosa ci racconta la sua esperienza nella periferia di Milano. Dallo scorso settembre ha guidato le attività di ragazze e ragazzi nel laboratorio di fabbricazione digitale della scuola.
Le attività che abbiamo svolto insieme hanno riguardato diversi ambiti: dall’uso dei computer per modellare in 2D e 3D, all’uso delle videocamere, alla scoperta del plotter da taglio come strumento di innovazione tecnologica. La piattaforma di Tinkercad è diventata subito una “figata” per i ragazzi, che alla fine delle lezioni mi chiedevano sempre: “ma la prossima volta possiamo continuare, vero?”
I ragazzi hanno poi imparato in pochissimo tempo come disegnare prima in 2D, per creare segnalibri e cartoline, e poi in 3D, per riprodurre il mondo reale o immaginare nuove forme e scenari. Così, ad esempio, da un personaggio dei Lego “anonimo”, inizialmente costruito uguale per tutti, ognuno ha creato il proprio corrispettivo virtuale o un proprio idolo personale; oppure da un vascello in stile battaglia navale hanno creato sottomarini, un Titanic, una nave da combattimento o una barca a vela. Alla fine del percorso sono riusciti a riprodurre da soli alcuni oggetti studiandone le geometrie, come dei veri e propri designer!
Con stop motion gli studenti della Calcutta hanno sperimentato una delle tecniche più famose per la creazione di cartoni animati. Gli step hanno incluso sia la fase “tradizionale”, con la creazione dei personaggi “mettendo le mani in pasta”, ovvero usando la pasta modellabile per realizzare tutti i componenti e gli sfondi del loro sketch, sia la fase “tecnica” ovvero la creazione di tutti i fotogrammi per riprodurre una storia.
Abbiamo parlato insieme anche del futuro: c’è chi vuole studiare informatica, chi elettronica, qualcuno mi ha anche confidato di voler fare l’istituto di arti grafiche e poi chissà anche la facoltà di design, e lì mi è esploso il cuore di felicità, lo ammetto, ma tutti hanno in comune tanta voglia di fare.
Ciò che mi ha colpito in questi mesi di lavoro è stato l’entusiasmo nello svolgere queste attività, la voglia ogni volta di imparare qualcosa di nuovo, di mettersi in gioco e di lavorare insieme. Ho visto la collaborazione tra di loro e la condivisione dell’esperienza, perché cercavano sempre di aiutarsi a vicenda.
I primi giorni mi avevano anche detto “Ma tu sei siciliana, vero?” e già pensavo ai soliti stereotipi, ma dopo un minuto M. (un ragazzino di 12 anni) mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto: “Non ti preoccupare, tanto abbiamo tutti origini diverse, qui è solo un pregio!”
È difficile raccontare in poche righe la mia esperienza nei laboratori di Openspace, ma di una cosa sono convinta, sono i ragazzi che l’arricchiscono ogni giorno di più, e io per ricambiare faccio del mio meglio.
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