Il bullismo e il cyber bullismo, realtà complesse dal volto invisibile. Il progetto Navigazioni che opera in una scuola periferica di Milano, ci racconta una storia quotidiana di un contesto sociale delicato.

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Il bullismo e il cyber bullismo, si rendono inavvertibili all’educatore, tra le famiglie, tra gli amici.
Molto spesso dietro una normalità si consumano drammi che rendono difficile la condivisione di questa oppressione, di queste paure, e di tutta questa rabbia.

Ci si vergogna a raccontare, si ha paura di diventare bersaglio, essere ancora più perseguitati.
“Fa male essere diversi” si legge tra le vele di un’imbarcazione che si trova appesa in classe, nella parete, tanti velieri su cui i ragazzi hanno scritto i loro pensieri e le loro motivazioni riguardo cosa sia il rispetto e il bullismo.

Chiara Cossio, psicopedagogista, mediatore e coordinatore genitoriale e counsellor clinico, in una restituzione sentita e coinvolta, ci porta all’interno di una classe seconda media, “realtà sociale difficile e complessa della periferia di Milano”, racconta Chiara. Il cuore del suo lavoro è l’ascolto degli adolescenti e delle loro famiglie.

All’interno del gruppo classe si denota una certa difficoltà, con segnalazioni via via in peggioramento, verso quattro ragazzine, in particolare, con comportamento non adatto e inaspettato, seguito da “atti di cyberbullismo” e di divulgazione di materiale pedopornografico.

“Questo ci spiazza, come possiamo condannare queste bambine? E per cosa? Con quale pena? Dov’è da ricercare la carenza affettiva o sociale, i disagi di questi bambini?” La risposta è delicata in quanto si parla di minori, in quanto siamo difronte, tutti, ad un cambiamento unico della società e soprattutto della socialità. Internet e i dispositivi di comunicazione rendono quasi impossibile sia monitorare sia contrastare la diffusione globale di materiale audiovisivo e non solo, anche e soprattutto vietato ai minori.

La sfida è trovare il giusto canale per “informare” i nativi digital, i nostri figli, aprirgli gli occhi, accompagnarli alla lettura del mondo con una presa di responsabilità nei loro confronti. “Perché anche le vicende negative possono essere trasformate da ordinarie e tristi a straordinarie. Credo che lo spazio emotivo dei ragazzi sia un campo minato colmo di fiori difficile da affrontare e al contempo pieno di meraviglia” continua la psicopegagogista, Chiara Cossio. Ci accompagna e ci racconta dettagliatamente come il bullismo venga espresso e rappresentato durante gli incontri, non solo con il dibattito e la condivisione mediata da adulti di riferimento appositamente dedicati, ma soprattutto con la rappresentazione emotiva e la messinscena. L’educazione emozionale, andrebbe inserita nelle scuole, per intervenire, ascoltare tutte le sensibilità così variegate e fragili dei nostri ragazzi e dei loro vissuti.
“Ci sono tre sculture”, racconta la referente, “che vogliamo personificare, in gruppi e in piedi, nello spazio ci muoviamo mimando e focalizzandoci sulle caratteristiche di ogni scultura: c’è la scultura della vittima, in cui subiamo, non riusciamo a vedere la verità delle cose, il corpo chiuso, incassa. Poi c’è la scultura del bullo, pieno di rabbia, cieco, sfoga violenza mentre silenziosamente lui stesso soffre, e poi l’ultima, i ragazzi in piedi l’uno vicino all’altro impersonificano la scultura del “chi vede ma non fa nulla” (è uno stato passivo, di indifferenza, privato dall’empatia, è una scultura che si astiene senza porgere una mano)”.
Attualmente le ragazzine sono seguite dagli educatori al quale è stato necessario aggiungere la sorveglianza delle forze dell’ordine, in via cautelativa. Il lavoro svolto dagli educatori presenti nel progetto “Navighiamo contro il bullismo” è intenso, si salpa tra le vele di questa navigazione contro l’oppressione, la svalutazione e la violenza psicologica, la violazione dell’individualità della privacy.

“Con Navigazioni abbiamo la possibilità di mettere in atto delle vere e proprie contaminazioni tra chi è autore di reato e chi sta per deviare”. Il disagio emerge e fa pensare, ci donano espressioni potenti ma a volte molto semplici, così come i ragazzi hanno la capacità di fare. Guardando il cartellone preparato dai loro stessi, leggiamo: “non stare a guardare, parlane”, “diventare bullo abbassa la tua dignità”, “non facciamoci male a vicenda, basta con il bullismo!”, “uniti per essere felici”.

Infondo i ragazzi hanno già dentro le soluzioni, quelle reali, aiutiamoli a crederci, valorizzarle e metterle in atto.

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