Coltivare “pensatori” con la Philosophy for Children

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“La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile”. Aristotele

La filosofia, secondo Aristotele nasce dallo stupore, dalla curiosità, dal meravigliarsi a tal punto di ciò che ci circonda fino a chiedersi “perché?”. Quindi la filosofia è un atteggiamento di curiosità che tutti possono adottare. Già, proprio tutti. Perché se è vero che far filosofia equivale a porsi domande, a formulare dei “perché”, allora proprio i bambini, per loro natura, sono i primi filosofi.

All’interno di spazi laboratoriali, in Liguria si sta lavorando proprio a questo. “Lo sviluppo di un pensiero comunitario è importante perché capace di stimolare competenze emotive, il problem solving collaborativo e un forte senso civico  – Ci racconta Stefano Aliquò del Consorzio Tassano Servizi Territoriali – In particolare, abbiamo attivato presso l’IC Santa Margherita Ligure un laboratorio di Philosophy for children (P4C) per una classe della secondaria e sul Comune di Sestri Levante per i bambini della primaria, e l’attività procede affrontando davvero tanti argomenti e sviluppando pensiero, permettendoci di affrontare anche argomenti che creano imbarazzo, magari ambigui, in modo divertente e senza filtri. I bambini imparano così ad andare oltre e parlare liberamente”. 

Promossa negli anni settanta da Matthew Lipman, filosofo di formazione deweyana, la “Philosophy for children” è oggi una delle più significative esperienze pedagogiche contemporanee e un progetto educativo centrato sulla pratica del filosofare attraverso il confronto, oltre ad una metodologia che ha l’obiettivo di fornire un arricchimento culturale e concettuale. Nello stesso tempo questo approccio favorisce l’emergere delle dinamiche di gruppo e, pertanto, orienta in senso positivo lo sviluppo socio-affettivo. Farlo con i bambini significa aiutarli a sviluppare senso critico e una capacità di pensiero comunitario.

Aiutati da un facilitatore che non guida il dialogo ma lo accompagna con interventi mirati, i bambini sono in grado di mettere in circolo domande, ipotesi, idee, emozioni e punti di vista formando una comunità di ricerca con regole condivise, in cui ognuno si arricchisce reciprocamente. Così, partendo da un testo di stimolo, un video o un’immagine, le sinapsi prendono il via e i bambini cominciano a pensare, ragionare e argomentare le proprie tesi e ragioni, con un bel confronto con gli altri compagni. Aiutati dal facilitatore creano così un forte senso di comunità e di reciprocità nei confronti degli altri.

E tra i tanti aneddoti che possiamo raccontare di questa attività è successo che, discutendo un giorno su un testo, esce fuori la parola “patata”! Il tubero però imbarazza alcuni preadolescenti, si guardano, ridacchiano, alcuni spalancano gli occhi proprio perché il termine appare ambiguo. Ma un “pensatore” va ben oltre e non deve avere blocchi che impediscano il dibattito e la riflessione. Così, con l’aiuto del facilitatore, ci si è lavorato e il termine patata da parola ambigua è invece diventata la parola chiave su cui ragionare, accantonando l’imbarazzo. Di fatto il filosofeggiare deve spingere i bambini a esprimersi liberamente: non esiste giusto o sbagliato, l’importante è ragionare per imparare a sostenere la propria argomentazione.

“Filosofeggiare e porsi domande diventa così un gioco, non ci si ferma mai, perché alla fine della sessione si fa sintesi del ragionamento condensandolo in una domanda che diventa un nuovo stimolo che permette di riflettere ancora a casa, oppure diventa punto di partenza per il prossimo incontro! Non si arriva mai ad una soluzione definitiva, è un continuo riflettere, una sorta di moto perpetuo! E noi adulti ben sappiamo come di fatto sia così! Tutti sono uguali – conclude Stefano – e anche i bambini che nei contesti scolastici faticano, qui diventano importanti membri della comunità di pensiero. Spesso anche i migliori!”.

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