Creatività e cultura per contrastare la povertà educativa minorile

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Provate per un solo momento a pensare al termine “cultura giovanile”. Vi verranno in mente una serie di connessioni logiche, come la volontà di trasgressione sociale tipica dell’età adolescenziale, gli strettissimi rapporti di amicizia che si instaurano proprio in quegli anni particolari, i primi amori e le infinite discussioni tra figli e genitori. Forse a queste raffigurazioni vorreste aggiungerne altre, quelle che più di una volta è capitato di leggere sui giornali o di ascoltare alla televisione: il fatto che i giovani, oggi, siano un po’ troppo “difficili”, “schizzinosi”, “svogliati” e “viziati”. Che non abbiano voglia di rimboccarsi le maniche e che non conoscano l’etica del sacrificio. Da qualche anno a questa parte, se si pensa ai giovani, è più semplice immaginare l’assenza di una “cultura” ben definita piuttosto che una cultura vera e propria. Ed è la prima volta dagli anni ’50 a questa parte che ciò avviene, ovvero da quando la società ha riconosciuto a ragazzi e ragazze una specifica caratterizzazione culturale.

La generazione dell’immediato dopoguerra e poi quella beat, i grandi movimenti studenteschi, la nascita del punk e delle sottoculture giovanili: quali sono stati i punti di contatto e le similarità tra tutte queste tendenze? Esse hanno rappresentato i medesimi significati profondi e le stesse funzioni, rispondendo al bisogno di esprimersi e di “farsi sentire” di un’età che non è più quella confortante dell’infanzia, ma neppure quella responsabilizzante del mondo adulto. Le volontà narcisistiche e l’aggressività, come pure gli affetti e i moti solidaristici tra pari: un modello di cultura giovanile funzionale è quello che permette ai giovani di sperimentare e soprattutto di sperimentarsi, dando libero sfogo alla propria creatività per imparare a conoscersi come esseri umani in previsione dei ruoli che si ricopriranno nell’età adulta.

Ma cosa differenzia questa “condizione di attesa” dei giovani d’oggi rispetto a quelli delle generazioni passate? Quali sono le caratteristiche specifiche della cultura giovanile contemporanea? Moltissimi studiosi si sono spesi nel tentativo di dare una risposta a queste domande, ma la verità è che una risposta univoca non esiste. Trattandosi essenzialmente di percorsi individuali, possiamo al più tratteggiare delle tendenze. Di certo, mentre in passato l’adolescenza era una fase strettamente temporanea tesa al raggiungimento di uno status sociale da adulto più o meno permanente – solitamente, l’acquisizione dello status sociale e/o professionale del genitore – oggi tale percorso di crescita non è altrettanto scontato né prevedibile. Le possibilità e i percorsi di vita sono nominalmente infiniti, e ai giovani occorrono strumenti interpretativi non solo della realtà sociale ma della propria realtà interiore, per “scoprirsi” appieno e trovare una propria collocazione nel mondo adulto.

Durante la fase adolescenziale è più che mai importante che a ragazzi e ragazze sia consentito di sperimentare le più svariate forme espressive, dando libero sfogo alla creatività e alla potenza immaginativa non ancora imbrigliate dalle rigidità che caratterizzano invece la vita adulta. È con questo in mente che #Liberailfuturo, un progetto selezionato dall’impresa sociale Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, propone i suoi interventi, le attività e i laboratori, con la volontà di ridare slancio e riscoprire l’importanza della cultura giovanile.

Fonti:
– Miscioscia Diego (1999) Miti affettivi e cultura giovanile, Franco Angeli

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