La Comunità educante ai tempi del Coronavirus | Abstract degli interventi dell’incontro/workshop del 23 luglio 2020
di Arciragazzi Roma
Non si è ancora spenta l’eco positiva del workshop “La Comunità educante ai tempi del Coronavirus: analisi, riflessioni, idee e proposte per la creazione di una Comunità Educante Smart”; tante infatti sono state le richieste di collaborazione provenienti dal Mondo Istituzionale, dalle Associazioni del Terzo Settore, dal Mondo della Scuola.
Come, a caldo, subito dopo il workshop, abbiamo annunciato la nascita di una Comunità Educante Smart – un network online per unire ragazzi, famiglie, scuole e istituzioni, per combattere il disagio e la povertà educativa – vogliamo qui dare spazio ai contenuti e ai singoli interventi delle presenze che hanno partecipato al 1° workshop condotto da Stefano Bernardini – responsabile comunicazione dell’agenzia Creare e Comunicare – in collaborazione con Sergio Bonetti – Ancos Confartigianato Roma.
L’incontro/workshop è stato organizzato nell’ambito del progetto #liberailfuturo per trasformare la situazione di crisi causata dall’emergenza sanitaria Covid-19‚ in un’opportunità‚ che consenta di immaginare‚ costruire e realizzare un format innovativo e funzionale per una Comunità Educante Online che vada ben oltre la contingenza della situazione epidemica.
A fare gli onori di casa Ugo Sinibaldi per Arciragazzi Comitato di Roma – capofila del progetto #liberailfuturo – che ha aperto il workshop con queste parole “Il progetto “Libera il Futuro”, che nasce dall’idea di contrastare il problema della povertà educativa, è quasi a metà percorso: sono previste molte azioni, a partire dalle attività con le scuole, i Centri di Aggregazione, le attività sportive che si stanno portando avanti. A ciò si aggiungono attività extrascolastiche di completamento del percorso nelle scuole (incontri con le famiglie, coordinamento e incontri vari). Ma un altro elemento importante del progetto è senza dubbio la Comunità Educante, essenziale per il raggiungimento dell’inclusione dei giovani. Il concetto stesso d’inclusione consente di proiettarsi sul benessere della persona, concentrandosi anche sulle capacità socio-relazionali dei ragazzi e non solo sui temi dell’istruzione e della formazione. È necessario ripensare quindi i luoghi reali e virtuali che consentano di rendere concreto il progetto di inclusione dei ragazzi.”
Dopo il saluto di Ugo Sinibaldi Sergio Bonetti – Ancos Confartigianato Roma è intervenuto illustrando i motivi per cui si è voluto realizzare il workshop: “Il workshop – ha detto – nasce perché quando abbiamo lavorato per costituire questa comunità educante, abbiamo scoperto che le difficoltà ad organizzare un soggetto di questa natura sono molto alte. In questo quadro complesso si è inserito l’elemento della pandemia, una crisi che ci ha fatto riflettere sull’importanza di realizzare un format per una comunità educante che potesse operare per tutta la durata del progetto e oltre. E’ nata così la necessità di fare un workshop allargato, attraverso cui capire che tipo di format utilizzare per coinvolgere in modo più efficace i territori nel contrasto al fenomeno della povertà educativa, creando comunità educative che siano in grado di “autosostenersi” e di dare il loro contributo nel tempo.”
Gli interventi poi sono proseguiti con:
Emiliano Monteverde – Assessore alle Politiche sociali del Municipio Roma I: “La comunità educante è composta dai protagonisti del territorio, che devono riconoscersi e interloquire in modo paritario. La comunità educante è tale se è anche “educazione di tutti i protagonisti”, comprese le istituzioni del territorio. Si tratta di un elemento essenziale che deve trascendere i confini classici della comunità educante; è importante lavorare anche su tutta la rete del territorio dove le Istituzioni devono dare continuità all’azione della comunità educante. In questa emergenza sanitaria ci siamo inoltre resi conto che bisogna “democratizzare” l’utilizzo delle tecnologie che devono diventare un diritto di cittadinanza”.
Gina Chirizzi – Consigliera del Municipio Roma XV: “Nelle estreme periferie il problema educativo si è acutizzato con il Covid-19, poiché non tutte le famiglie hanno possibilità e mezzi. I Municipi spesso si sono dovuti occupare anche dei materiali didattici per garantire l’attività istruttiva. E’ per questo che il progetto che state lanciando va promosso e integrato non solo con la scolarizzazione, ma anche con i servizi collaterali che i Municipi possono e devono offrire. Questo tema infatti passa anche per la situazione economica delle famiglie, perché il loro impoverimento porta anche a un problema molto più esasperato sul fronte educativo e sociale. L’apporto di una Comunità Educante “smart”, necessariamente coniugato con il lavoro dei Municipi, è essenziale”.
Riflessioni
Così con Sergio Bonetti siamo andati a definire bene il focus del workshop; ci convinceva l’idea di procedere nel percorso di costruzione di un format articolato, sostenibile dal punto di vista della tecnologia, che abbia una specifica organizzazione e che possa comprendere un sistema di relazioni tra i soggetti che operano sul territorio così da consentire di prendere decisioni in modo “smart”, integrando conoscenze e finalità che possano dare una forte spinta, in questa fase “germinale”, a tutte le iniziative che porremo in campo, con l’obiettivo di far crescere una diversa futura comunità educante. Una comunità educante dove le forme tradizionali di soggetto attivo, come le parrocchie, le Associazioni, le attività formative “non formali” svolte nei luoghi di aggregazione, riescano a costruire una rete nella rete, facendosi carico dei giovani e delle loro fragilità culturali e sociali; includendo e consentendo ai ragazzi di “ridisegnare” il loro futuro. Un ragazzo che vive isolato e che non ha stimoli culturali in famiglia, deve diventare un soggetto attivo di quella che sarà una società del futuro.
Anna Pelliccioni – Docente MIUR e rappresentante Ceis “Don Mario Picchi”: “Lavorando tra istituzioni – formali e non formali – ho potuto guardare la comunità educante da tanti punti di vista. Con il Covid – dice ancora Anna Pelliccioni – i ragazzi sono stati “allontanati dalla scuola” e tutti gli insegnanti hanno sottolineato questa difficoltà, nonostante gli sforzi degli istituti. La difficoltà dei ragazzi nel fare lezioni online è stato un problema enorme, è mancata la parte relazionale, della presenza fisica, del lavorare insieme all’interno di un gruppo; inoltre la disparità di mezzi a disposizione dei ragazzi è stato un minus ben evidente. Infine la formazione degli insegnanti sulla didattica online, nonostante gli sforzi, è ancora carente, e le tecnologie non sono conosciute in modo uniforme dalle insegnanti. L’uso delle piattaforme, pertanto, è stato discontinuo. E’ per questo che la povertà educativa si combatte anche con la formazione degli insegnanti”.
Riflessioni
Ma disparità di mezzi vuol dire povertà educativa? E’ la povertà educativa si combatte con la formazione degli insegnanti? Si tratta di uno dei problemi, forse tra i più importanti. L’accesso alle tecnologie in funzione educativa deve essere un diritto – dice Sergio Bonetti -. Anche la formazione degli insegnanti e degli educatori è uno degli anelli più importanti della catena: come facciamo a costruire una Comunità Educante se abbiamo insegnanti che costituiscono “soggetti ostativi”. E’ per questo che penso che la povertà educativa si combatta proprio con la formazione degli insegnanti, anche dentro la Comunità Educante.
Camillo Cantelli – Presidente Arciragazzi Nazionale, membro dell’Osservatorio Nazionale sulla famiglia: “La pandemia ha creato una crisi e un’emergenza che ha obbligato tutti noi a rimodulare i progetti e a ripensare a come usare internet e social network. La comunità è il luogo delle relazioni che si sono immaginate solo in modo fisico, quindi, inserendo soluzioni digitali, che però non erano previste, oggi siamo obbligati a ripensare i progetti e a capire quanto siano importanti le relazioni – online / offline – nella costruzione di una comunità. La rete è quindi un mezzo e una soluzione che può essere utile e che avvicina le relazioni: è sicuramente una exit strategy. Lo strumento della Didattica a Distanza, e quello delle riunioni online, ha creato due situazioni: da un lato gli invisibili sono sempre più invisibili, dall’altra parte ci ha fatto entrare nelle case dei ragazzi venendo a conoscenza delle loro condizioni familiari, anche del clima familiare; questo potrebbe essere utile per poter avvicinare questi ragazzi e fare un sostegno concreto alla genitorialità. La rete di cui si parlava e che si è andata a costruire in questo periodo ha concesso un confronto più semplice. La rete si è quindi dilatata, sono stati dati consigli e gli insegnanti di varie zone d’Italia, dei vari progetti, si sono aiutati reciprocamente per cercare di colmare quelle evidenti lacune digitali. E allora, ecco che si potrebbe utilizzare la conoscenza dei ragazzi, rispetto alla tecnologia, per aiutare gli adulti nell’utilizzo dei mezzi digitali, ribaltando il paradigma educativo nella costruzione di una comunità educante: non ci vuole un villaggio per educare un bambino, ci vuole un bambino per educare il villaggio. Costruire una comunità educante parte dal presupposto che tutti i soggetti che compongono una comunità devono avere la consapevolezza di essere in qualche modo educatori: oggi bisogna lavorare sulla consapevolezza che il non formale e il formale hanno potere educativo; e chi pensa di fare l’educatore tout-court” deve capitolare consapevolmente e rinunciare a un pò del proprio potere”.
Sandra Chistolini – Docente ordinario di Pedagogia generale, Università degli Studi Roma Tre e responsabile del monitoraggio del progetto #Liberailfuturo: “Ferma restando la crisi globale dell’istruzione, l’emergenza sanitaria Covid-19 ha creato un cambiamento che ha fatto sì che da casa si potesse tenere viva la relazione educativa, senza deroghe. In alcuni casi gli insegnanti si sono attivati; altri, invece, non essendo stati preparati all’emergenza, si sono come “ibernati”; c’è stato quindi bisogno di inventare un modo di fare scuola attraente, per far sì che i ragazzi non abbandonassero la relazione educativa. D’altronde, c’è un campo molto variegato rispetto al comportamento del corpo docente, come si evince dai dati. Il “lockdown” dunque è stato un insegnamento importante dal punto di vista delle reazioni innescate: processi di aiuto, di comunità virtuale; la comunità educante non si è perduta ma si è evoluta, coinvolgendo anche i genitori”.
Intervento/Video Christopher Tienken – Docente di pedagogia, Seton Hall University South Orange, New Jersey – USA: “I bambini neri e latini soffrono di povertà educativa più dei bambini bianchi e questo dipende anche molto dalla nostra storia, connotata da molte discriminazioni. Negli USA hanno chiuso le scuole e, tuttavia, i bambini hanno usato la Didattica a Distanza, con programmi efficaci e assistenza di ogni tipo alla scuola, caratterizzando l’attività sul principio DARE QUALCOSA DA FARE E NON SOLO DA IMPARARE…”
Riflessioni
“Dare qualcosa da fare e non solo da imparare”: succede questo nella scuola moderna? Le due cose vanno sempre di pari passo, bisogna fare e pensare, insieme. La progettualità è nelle mani, ma anche nella mente. Learning by doing: il “by doing” va tenuto presente, ma non bisogna abbandonare il “learning”. Si tratta dei due poli della crescita della persona.
Maria Italia Insetti – Docente, Istituto Comprensivo “Largo Volumnia” di Roma: “Il progetto è stato un elemento fortificante per il gruppo classe e, anche dopo, all’indomani della pandemia, poiché aveva gettato le basi di quelli che erano gli strumenti della comunità educante, sia tra studenti che tra i docenti, sono riusciti a mantenere vivo il forte legame instaurato tra ragazzi, insegnanti e operatori. La visione del prof. Tienken che si focalizza sul Learning by doing è pienamente condivisibile. Si parla molto di comunità educante, ma bisogna sottolineare l’aiuto dei nonni soprattutto nella capacità di trasmettere quei racconti di resilienza che i ragazzi hanno acquisito in maniera trasversale. Anche le persone più deboli, hanno avuto il coraggio di diventare protagonisti, confrontarsi, esporsi, parlare e apprendere”.
Paolo Stella – Psicologo-psicoterapeuta, educatore sanitario opera presso il Centro di Aggregazione Giovanile Muncraft gestito da Arciragazzi Roma nel Municipio Roma III: “I ragazzi devono essere parte integrante del progetto, perché la povertà educativa è dovuta proprio all’isolamento degli individui. La sfida della società di oggi è quella di passare a un livello dimensionale più alto, capire la ricchezza e le sfumature dell’individuo, stimolandolo e rendendolo partecipe e consapevole di ciò che gli viene proposto; lasciando spazio alle esperienze, alla libera espressione fisica e intellettuale. E’ solo così che potranno comprendersi, identificarsi e trovare la loro strada. I ragazzi devono essere stimolati, così come la comunità educante”.
Adriano Rossi – Coordinatore dello Spazio Giovani MaTeMù del CIES Onlus (progetto finanziato da Con i Bambini) nel Municipio Roma I: “Va sottolineata l’importanza della sostituzione dell’elemento della fisicità, dei corpi, in particolare nella relazione con i ragazzi definiti “fragili”. Rispetto alla dispersione e alla perdita di contatto, spesso non è stata la mancanza di strumenti, ma la mancanza del corpo e del linguaggio “non verbale” a creare problemi di inclusione. Significa che la parte fisica è insostituibile laddove non si ha un’adeguata formazione”.
Saverio Menicacci Responsabile Organizzativo Confartigianato Roma: “Ancos è stata molto partecipe nella Comunità Educante che, quando si parla di scambio, diventa elemento essenziale: tante infatti le attività e iniziative svolte, in linea con gli obiettivi e le esigenza della comunità. L’aspetto indispensabile è proprio quello di fare rete, soprattutto in luoghi molto vasti come nel caso della città di Roma; è per questo che l’idea di una Comunità Educante online è un nuovo punto di partenza che – in questa nuova prospettiva – deve coinvolgere i giovani e farli sentire parte integrante della comunità; solo così li si porta via dalle realtà negative. Bisogna infatti evitare assolutamente che si concretizzi tra i giovani la parola “isolamento”.
Anna Maria Palmieri – Psicologa-psicoterapeuta, Fondazione don Luigi Di Liegro: “La scuola da sola non ce la fa”; quindi, l’obiettivo di #liberailfuturo, di far incontrare le diverse forze della comunità educante in modo nuovo e diverso, è davvero importante; come altrettanto importante è l’assunto di associare alla formazione l’informazione e riconoscere che tutti possono svolgere un ruolo di formazione e informazione. Un aspetto che hanno posto in evidenza i docenti è il discorso legato all’uguaglianza e all’equità: questo workshop e i prossimi incontri dovranno quindi ragionare su metodologie e strumenti da adottare, rendendo protagonisti i giovani, prendendoli sul serio, coinvolgendoli nei progetti e valorizzandone le competenze”.
Antonella Melito – Presidente dell’Aula Consiliare del Municipio Roma VIII: “I Municipi hanno dovuto inventare strumenti importanti per fronteggiare le problematiche che si sono proposte. Il Covid-19 ha messo in evidenza le problematiche delle famiglie più povere. Povertà educativa non coincide direttamente con quella materiale, per questo il Municipio VIII ha messo in campo la piattaforma “Municipio solidale” attraverso la quale si è notato che molte famiglie non hanno avuto facile accesso per mancanza di strumenti, quindi è stata attuata una raccolta fondi che ha consentito di donare strumenti digitali alle famiglie. Si è poi creata una rete solidale per fornire ai bambini piattaforme online (scuola di territorio) traslando la scuola in spazi digitali, facendo intrattenimento, raccontando storie e creando una formazione divertente e alternativa. Bisogna infine parlare del ruolo che la scuola deve assumere a partire da settembre; i problemi sono stati messi in luce dal Covid, ma bisogna dare alla scuola un ruolo di crescita anche economica del Paese, bisogna dare alla scuola un ruolo differente, non strumenti di emergenza. Bisogna educare anche le famiglie al ruolo che ha la scuola nella società”.
Intervento/Video di Adolfo Leon Atehortua Cruz – Docente di pedagogia, Universidad Pedagógica Nacional de Colombia: “Il Prof. Cruz con il suo intervento in video ha voluto offrire una panoramica sulla situazione in Colombia pre e post Covid: la pandemia ha infatti messo in evidenza le problematiche legate all’istruzione e all’educazione preesistenti all’emergenza sanitaria. La comunità accademica oggi, deve affrontare la sfida di riflettere su ciò che è successo e che succederà. In questo caso, ciò che è stato appreso è stato ampio, anche se difficile. Questa riflessione va fatta in tutto il mondo, in maniera collettiva. Ecco perché accogliamo la missione per una comunità educativa intelligente, ma anche attiva. Avere il coraggio di pensare è l’inizio di una vera trasformazione”.
Intervento/Video di Alexander Ruiz Silva – Docente di pedagogia, Universidad Pedagógica Nacional de Colombia: “Il Prof. Silva con il suo intervento in video ha voluto offrire una panoramica sulla situazione in Colombia pre e post Covid: va sottolineata l’esistenza di alcuni uffici di supporto alle famiglie durante il periodo della pandemia. Tuttavia le problematiche legate all’educazione e all’istruzione si legano inoltre a difficoltà collaterali come quelle all’acceso ad una sana nutrizione. Inoltre il virus ha colpito senza fare distinzione di classe sociale. Nell’accesso alle terapie invece la distinzioni tra classi sociali è stato evidente; e le differenze sono proprio la causa di uno stato d’iniquità globale che va risolto”.
Conclusioni:
Il Workshop La Comunità educante ai tempi del Coronavirus: analisi, riflessioni, idee e proposte per la creazione di una Comunità Educante Smart ha sicuramente – come abbiamo visto negli “abstract” degli interventi – portato risultati sul piano dei contenuti e, soprattutto, nella sperimentazione “riuscita” del format metodologico e tecnologico che ha coinvolto soggetti e competenze diverse che, opportunamente “ricucite”, possono definire un quadro concettuale necessario al raggiungimento degli obiettivi del progetto fornendo, al tempo stesso, lo sviluppo di un ragionamento complesso e di una definizione anche teorica delle tematiche legate alla Povertà educativa.
Il Workshop permette già ora di offrire a Con i Bambini uno strumento per operare a distanza con il digitale, seguendo proprio le indicazione del Presidente Carlo Borgomeo.
Una comune riflessione, elaborata sulla base dei contributi emersi nel workshop, consente di identificare importanti punti d’interesse, che saranno il principio di ripartenza per continuare a creare il format della Comuità Educante Smart, che sono così sintetizzabili:
- Programmazione di un’agenda d’incontri tematici che si svilupperanno nel tempo
- Coinvolgimento dei partecipanti al workshop per porre a frutto le relazioni tessute nell’incontro, con l’obiettivo di porre in rete esperienze già esistenti e interventi già effettuati intesi come elementi di una comunità educante;
- creazione, rafforzamento e ampliamento della partecipazione di Istituzioni, in particolare dei Municipi che hanno stretto contatto con il territorio;
- espansione del quadro delle agenzie e dei soggetti da coinvolgere, rendendo gli incontri affascinanti agli occhi del pubblico più giovane, attraverso presenze di “influencers” che esprimano valori positivi
- valorizzazione delle iniziative sportive e culturali poste in essere dal progetto; grazie allo sport e alle attività culturali, infatti, attraverso la collaborazione del team, i giovani possono apprendere l’importanza della cooperazione per il raggiungimento di un obiettivo comune.
- definizione di un quadro organizzativo delle attività, coinvolgendo i soggetti esterni al progetto per renderli protagonisti e creare le basi per la sostenibilità e praticabilità del progetto.
Alla domanda “si può fare questa Comunità Educante online?” risponde Sergio Bonetti: “Il workshop stesso è stata una simulazione reale di una comunità educante smart, perché abbiamo avuto apporti concettuali molto densi; si è messa insieme in modo costruttivo la rete tra soggetti che possono costituire la comunità educante (scuola, realtà imprenditoriali, istituzioni locali, CAG, università). Perciò la Comunità Educante così pensata si può e si deve fare”.
LA LOTTA ALLA POVERTA’ EDUCATIVA – Contrastare la povertà educativa, quindi, diventa un’azione fondamentale per lo sviluppo del Paese. Solo garantendo a tutti i bambini e ragazzi l’accesso a un’educazione di qualità, è possibile generare un cambiamento reale. Per fare questo è necessario avviare un percorso comune tra le agenzie educative del territorio, in primis la scuola e la famiglia, ma anche le istituzioni e il mondo del Terzo settore. In generale, è un processo che coinvolge tutti coloro che fanno parte della comunità educante, compresi gli stessi ragazzi, che da destinatari di servizi, diventano protagonisti del proprio futuro. Con povertà educativa s’intende “non solo dunque lo stato di povertà economica in cui si trovano i minori, ma anche la mancanza di opportunità, di relazioni e di socialità. Questa è determinata non solo dal reddito della famiglia, ma anche dall’offerta di servizi che il territorio e la scuola mettono a disposizione dei più piccoli. La risposta è costruire una comunità educante che offra a bambini e ragazzi processi di partecipazione e di inclusione. Per creare una comunità educante diffusa i contesti scolastici e istituzionali hanno un ruolo fondamentale nella realizzazione di azioni specifiche per promuovere la partecipazione sociale e un percorso di emancipazione pensato per i più piccoli.
Ricordiamo infine che il progetto #liberailfuturo mette al centro dei suoi interventi la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e le linee guida dettate dalla Commissione Internazionale dell’Unesco sull’Educazione per il XXI Secolo.
L’idea progettuale presentata da Arciragazzi Comitato di Roma (Capofila del Progetto), da CeIS Centro Italiano di Solidarietà, dall’ANCos Confartigianato Persone e da altre numerose compagini, nell’ambito del Bando Adolescenza del Fondo Povertà Educativa, è realizzata con la finalità di contrastare le cause di povertà educativa minorile attraverso approcci multifunzionali.
Il progetto prevede infatti interventi coordinati di prevenzione secondaria per adolescenti, loro insegnanti e famiglie, da attuare nel ciclo della scuola Secondaria di 1° grado e nella prima fascia della scuola Secondaria di 2° grado. L’intento permane quello di limitare il tasso di dispersione e di ridurre quell’area di disagio adolescenziale che si evidenzia soprattutto in perdita della motivazione alla continuazione degli studi, problemi di socializzazione e difficoltà relazionali fuori e dentro la famiglia.
Gli interventi, mirati a ridurre il tasso di dispersione scolastica e abbandono degli studi, nonché i problemi relazionali e di socializzazione spesso acuiti nella fase adolescenziale, saranno realizzati in numerosi istituti secondari di 1° e 2° grado della Capitale, e includeranno giovani tra gli 11 ed i 17 anni, le loro famiglie e i loro insegnanti. Oltre alle principali agenzie educative scolastiche, il progetto ha l’obiettivo di strutturare e rafforzare il ruolo formativo di tutti i soggetti che compongono l’universo relazionale dei ragazzi, muovendo dalla consapevolezza che l’educazione delle nuove generazioni non passa unicamente per le istituzioni, bensì dal più ampio contesto territoriale. È così che si vuole creare una comunità educante, attraverso la collaborazione e il coinvolgimento delle scuole primarie e secondarie, e di tutti quei soggetti pubblici e privati che hanno la comune visione di una necessaria responsabilità diffusa nell’educazione giovanile. In cantiere la creazione di tre centri di aggregazione permanenti, che consentiranno a ragazzi e ragazze di ritrovarsi dopo la scuola per condividere attività e laboratori sportivi, musicali, artistici e culturali, favorendo la partecipazione e l’integrazione delle fasce in cui il disagio giovanile è più diffuso e garantendo inoltre una crescita sia individuale che di gruppo.
In particolare grazie allo sport, attraverso la collaborazione con la propria squadra, i giovani apprendono l’importanza della cooperazione nel raggiungimento di obiettivi condivisi: per questo motivo fra le varie attività ci sarà posto anche per un torneo cittadino di calcetto a 5, focalizzato sulle regole del fairplay.
A conclusione del triennio, sarà organizzato un “Festival dei Giovani” con la partecipazione attiva degli adolescenti. A monitorare l’andamento degli interventi, e a strutturare le operazioni modellandole sulle reali necessità degli istituti che partecipano al progetto, il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università Roma Tre. Una lotta dura contro la povertà educativa, consapevoli che la dispersione scolastica blocca sul nascere talenti e aspirazioni, pregiudicando il presente e ipotecando il futuro delle nuove generazioni.
Clicc qui e scarica il pdf completo abstract_evento_23.07.2020
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