Che cos’è Nisida? Intervista al Direttore dell’Istituto penale minorile Gianluca Guida

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Nisida, una delle piccole isole dell’arcipelago delle flegree, all’estrema propaggine della collina di Posillipo, è un luogo strepitosamente bello che ospita l’Istituto Penale Minorile (IPM), nostro partner di progetto.

A Nisida arrivano ragazzi e ragazze che hanno commesso reati e per i quali viene predisposto un progetto di recupero educativo e sociale. Una scommessa difficile ma non impossibile.

Da qualche settimana LeNu è presente a Nisida per promuovere e condividere con i suoi ospiti, insieme all’equipe dell’IPM, un percorso di riflessione sul tema della genitorialità e dei modelli genitoriali ma anche sui legami familiari in generale, nell’ottica della prevenzione del mal-trattamento infantile.

Un’occasione anche per fare qualche domanda al dottor Gianluca Guida, dal 1996 Direttore dell’Istituto penale.

Partiamo da cos’è Nisida.

«Nisida è un carcere per ragazzi, ma non solo. Da molti anni sull’isola (intesa come Istituto penale, ndr), la cui competenza è in capo al Ministero della Giustizia, oltre il cosiddetto carcere sono stati attivati una serie di ulteriori servizi: un centro studi sulla devianza e la criminalità minorile che dal 2003 cerca di sensibilizzare e favorire lo scambio con la comunità rispetto a questi temi; un Centro Polifunzionale, servizio del Ministero della Giustizia, rivolto ai ragazzi dell’area penale esterna, quelli per i quali il giudice ha prescritto percorsi e attività da poter svolgere in collaborazione con il territorio e rispetto al quale il nostro IPM fa da collante».

Da sempre si dice che gli istituti di pena sono lo specchio della società. Chi sono oggi i ragazzi che entrano a Nisida?

«In questi venticinque anni di lavoro come direttore, mi sono reso conto che i profili di personalità dei ragazzi cambiano ad una velocità così sostenuta che a volte è difficile rispondere in modo giusto e nei tempi adeguati a tutte le loro istanze. Di anno in anno ci confrontiamo con giovani sempre diversi, ma nel complesso ho osservato che sono molto arrabbiati e disillusi sia verso le istituzioni sia verso lo stesso sistema criminale da cui non si aspettano nulla in termini di possibilità di carriera, diversamente dai ragazzi di qualche tempo fa»

[Foto ceramica Nciarmato Nisidia (ceramiche del laboratorio Nciarmato a Nisida realizzate con il  supporto di Nesis Cooperativa Sociale onlus – fonte pagina social Nciarmato a Nisida)]
Collegandoci proprio al rapporto dei ragazzi con il mondo degli adulti, nell’ambito del progetto Legami Nutrienti, di cui l’Istituto Penale è partner, si sta avviando un percorso di riflessione sul tema della genitorialità e dei modelli genitoriali e più in generale dei legami familiari. Qual è l’intento principale di questo percorso? 

«È un tema che cerchiamo di affrontare già da alcuni anni perché lo riteniamo cruciale per due aspetti che sono facce di una stessa medaglia. Da un lato abbiamo i ragazzi provenienti da contesti di forte marginalità sociale che già a 16 anni anelano a diventare genitori, proiettando su questa esperienza aspettative disattese dai propri genitori senza, tuttavia, avere alcuna consapevolezza delle responsabilità connesse ad ruolo così importante. Dall’altro lato, abbiamo genitori, anche nonni, molto fragili alle spalle dei nostri ragazzi che li hanno idealizzati costruendo dentro se stessi un’immagine non rispondente alla realtà in quanto, molto spesso, questi padri sono distanti o perché reclusi o perché hanno ricomposto nuove famiglie. Di fatto non possono nemmeno scontrarsi con queste figure, come è necessario che accada nel periodo adolescenziale».

[Foto mare fuori (fonte – pagina social serie tv)]
Negli ultimi tempi la serie TV “Mare fuori” ispirata alla vita dell’istituto penale, riscuote grandi consensi. Al di là della finzione, cosa ne pensano gli ospiti di Nisida? Per loro è anche un’occasione di guardarsi dall’esterno?

«I ragazzi hanno visto la fiction e hanno seguito con più attenzione la seconda stagione. In generale non si sentono rappresentati dalla serie; io, invece, come operatore, pur considerando la evidente necessità della narrazione televisiva e della finzione, ho trovato che delle aree tematiche e alcuni profili dei ragazzi siano stati toccati».

Nella sua lunga esperienza come direttore avrà incrociate tante storie. Ce ne racconta una particolarmente significativa in termini di buon esito del percorso riparativo?

«Proprio in questi giorni grazie ai social ho ritrovato un ragazzo che fu nostro ospite molti anni fa, oggi adulto e padre di tre figli. Abbiamo ricordato insieme di quando partecipò al laboratorio di teatro volendo mettere in scena un libro dal titolo “La scelta” che raccontava, appunto, la scelta di due fratelli che presero due strade diverse: uno la buona e l’altro la cattiva. Fu molto difficile trovare chi volesse interpretare la parte del fratello buono e alla fine lo fece questo ragazzo. Mi ha fatto molto piacere constatare a distanza di anni che sia il ragazzo che interpretò la parte del fratello cattivo sia il ragazzo che interpretò la parte del buono, ritrovato sui social, sono riusciti entrambi, pur partendo all’epoca da posizioni diverse, a trovare la propria strada costruendosi un percorso di vita sereno»

 

[Copertina: immagine di Enzo Abramo]

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